Virus è una strana parola latina. Usata per la prima volta nel 1892 da uno scienziato russo per definire una malattia (virus) che colpiva la pianta del tabacco, ha una caratteristica speciale è singolare e non ha plurale. La parola virus nasce piena di solitudine ed individualismo colpisce la singola persona, la singola pianta, il singolo animale.
Il virus ancora oggi nell’immaginario tocca la mia persona, la mia famiglia, la mia città, la mia nazione e ormai il mio mondo. Vivo il virus come nemico individuale e non collettivo. Salto la fila per andare in farmacia, finisco tutto il latte al supermercato, indosso la maschera, … perché io mi devo difendere dal virus che potrebbe colpire me.
Ma oggi il Corona Virus tocca tutti ed è diventata plurale. Non conosciamo ad oggi una cura totalmente risolutiva al COVID 19, ma sappiamo come figli di Camillo, che l’antidoto alla malattia “è vivere (anche) in una pluralità che si fa “mille mani e mille cuori” . La malattia “perde la sua componente di dolore” se diventa luogo di riscoperta dell’Altro, del noi, della solidarietà che ha il coraggio di superare l’Io singolare verso un io plurale che ha cura profonda del Noi guarendo la paura.
Chiusi in casa, in comunità, nella nostra stanza, vivendo intensamente come “pietra d’angolo scartata dai costruttori” (cioè senza possibilità di essere parte diretta della costruzione) possiamo trasformare questa esperienza in una scoperta emozionante e alchemica del “vaccino” che cambia la vita perchè ne cambia lo sguardo: l’Amore di Dio. Coraggio!
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