La televisione, internet, i giornali, la radio e persino da qualche giorno i balconi e le file socialmente distanziate sono abitati da persone che danno opinioni su ciò che sta accadendo. Opinionisti (di ogni forma e studio) raccontano in mille modi quello che è vero e giusto (secondo loro) partendo da letture verosimili che vanno dall’epidemiologia all’intervento del diavolo. La caratteristica fondamentale di questi interventi è la certezza dell’affermazione ed un orientamento che sembra nasca più dall’autostima che dalla conoscenza della virologia.
Opinionisti o nella versione 2.0 influencer. Il termine influencer ha una storia molto interessante. Usato sin dal 1600 assunse un connotato simile a quello attuale, solo dopo la terribile influenza spagnola che fece negli anni 20 più di 50 milioni di persone in tutto il mondo. La spagnola arrivò nel mezzo della prima guerra mondiale e per evitare che le truppe fossero abbattute nel morale prima che dal fucile del nemico, i governanti dell’una e dell’altra parte mistificarono le notizie.
Cosi nasce il “mestiere” dell’influencer a servizio di una propaganda che aveva il solo obiettivo di manipolare le informazioni per vincere una guerra.
Susan Sontag, scrittrice ed attivista nord americana, nel 1974 ha scritto un libro molto interessante “Malattia come metafora ” su come sia da evitare ogni tipo di tentativo di “rilettura orientata” della malattia. La malattia è malattia (parlava in particolare del cancro) non si devono manipolare significati ed interpretazioni. Complicato? forse ma ancora una volta il vangelo di oggi ci aiuta a capire meglio: di fronte alla vita occorre avere l’umiltà di porsi delle domande e non di esaltarsi nelle risposte. Coraggio!
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