I titoli di giornali si alternano nel dire quando finirà l’epidemia. Esperti in televisione non risparmiano opinioni che descrivono orizzonti sempre sensati, ma ahimè spesso diversi. Una, due, tre settimane, mesi o forse con l’estate o forse l’autunno. La domanda che tutti noi ci facciamo è: ma esattamente quando?! Di solito quando si arriva a questa fase si parte con diagrammi, istogrammi, curve che cercano di proiettare nel tempo. Rischiamo di passare i giorni alla ricerca di una risposta che (forse) non c’è, ma soprattutto che nasconde una grande domanda che si può fare solo “facendo silenzio”: come mi sento? Cosa fare allora? Lo stare nella domanda senza cercare una risposta diretta aiuta ad accogliere l’incertezza e a trasformarla in una opportunità preziosa.
Non rincorriamo le informazioni, accogliamo l’incertezza. Lasciamo che l’incertezza diventi amica del nostro quotidiano vivendo l’oggi (con tutta la sua complessità), piuttosto che aspettando un domani che non ha confini. Giuseppe, protagonista del vangelo di oggi, si “desta dal sonno”, perché accoglie l’incertezza che diventa fede. Francisco Goya nel 1799 rappresentava con una incisione dal titolo “il sonno della ragione genera mostri” che oggi potrebbe essere tradotta in “la mancata consapevolezza di noi stessi” genera paura, ansia, sgomento, incertezza. Coraggio
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