C’è ancora del vino nuovo nella Vita Consacrata (VC) attuale? Come adattare gli otri delle nostre istituzioni, per accogliere e far maturare il vino nuovo?
Cos’è il vino nuovo? Il vino nuovo è Gesù, il vino nuovo è il Vangelo.
Però questo vino nuovo in questi oltre venti secoli è stato versato in otri, in forme sempre diverse. Questi otri sono e strutture culturali e giuridiche nelle quali si inserisce questo vino, che è Gesù. Nella chiesa ci sono tanto otri, e la VC è uno di questi otri, con le loro diversità storiche e culturali e le espressioni proprie del carisma di un fondatore, di una fondatrice.
Nell’udienza con papa Francesco abbiamo parlato del numero molto alto degli abbandoni della VC: circa tre-quattro mila uscite all’anno su circa 800.000 Consacrate e Consacrati appartenenti a più di tre mila Ordini e Congregazioni. Perché avviene questo? In molti casi dicono: esco perché non sono più felice! Questo fa molto pensare.
Allora papa Francesco ci ha detto: bisogna riprendere tre cose.
- Prima di tutto bisogna fare un discernimento serio, cioè non accettare i candidati perché non ci sono più religiosi, perché abbiamo bisogno di risolvere problemi di opere. Il discernimento deve verificare i valori interni della vocazione, riconoscere questi segni, creare le condizioni perché questi segni appaiano.
- C’è qualcosa che non funziona nella formazione. Bisogna capire. Non dare più nulla per scontato, ma verificare che la formazione risponda a questo momento.
- È necessario tener conto del mistero della persona. La persona ha in sé un mistero tutto suo e di lui con Dio, che noi attingiamo solo in parte. Occorre essere attenti a scoprire un po’ questo mistero della persona.
Chi è stato formatore, sa che questo non è facile. Occorre saper ascoltare, che molte volte vuol dire amare, perché quando amiamo nella verità, le persone si aprono di più, si trovano più a loro agio, chiedono più aiuto. Anche il contributo delle terapie psicologiche aiuta, ma la vita secondo il Vangelo fa molto di più, può portare ad un vero cambiamento.
Ecco dunque i tre “otri” della VC.
Ripristinare davvero la vita comunitaria, la comunità, cioè ricreare la gioia di essere con i fratelli, con le sorelle. Noi non ci troviamo più “a casa” nei nostri conventi, dentro le nostre fraternità; siamo soli diventiamo persone che non si capiscono più: perché devo restare qui?
La prima “uscita” che il papa chiede è proprio l’uscita dal centro di noi stessi per andare verso gli altri, perché Dio possa entrare nella periferia che siamo noi. Se Lui non entra, noi non troviamo nessuna ragione di uscire verso la periferia, perché non troviamo Dio. L’individualismo è una piaga fortissima che deve essere sconfitta, ma la sconfiggiamo quando cominciamo da noi stessi. Bisogna attuare un cambiamento profondo di mentalità. Non basta più che tu fai, da buon santo individuale, molti atti d’amore. Devi morire a te stesso: dobbiamo morire, essere niente davanti all’altro, perché si accenda quella luce della presenza di Gesù Risorto in mezzo a noi.
Allora abbiamo in mano questa possibilità per la vita comunitaria, basata su uno stile di vita, non solo su atti singoli, ma uno stile: far entrare l’altro con amore, sia uomo o donna, o sia di una cultura diversa. Come realizzare in questo momento per esempio, la interculturalità, la internazionalità e la interconfessionalità? Non riusciamo più! Ci sono Congregazioni che non si aprono a questo perché pensano che i carismi siano “nazionali”, cioè della cultura a cui apparteneva il Fondatore. Ma questo non è vero! Gesù è, sì, giudeo, ma è di tutti! Il carisma non ha nazionalità, il carisma è luce: allora bisogna incontrarsi, con tutte le ricchezze delle culture, per ritrovare questo rapporto essenziale.
Il secondo “otre” che dobbiamo considerare è la formazione. La formazione non può essere solo quella iniziale: questo rappresenta un periodo privilegiato ed intenso della formazione continua. Non parliamo più nemmeno di formazione permanente, ma di formazione continua. Dal momento che sei generato nel seno di tua madre fino al momento in cui esali l’ultimo respiro, sei in formazione. Essendo in formazione, tu dvi essere disposto ad ascoltare Dio che ti parla, a cambiare.
A questo proposito ci è stata suggerita una parola latina molto bella: acquistare la docibilitas, in cui tu sei sempre un po’ davanti ad un mistero che non è totalmente dominato da te, perché le cose vanno avanti, cambiano e anche tu formatore devi seguire Gesù. Questo cambia moltissimo nel modo di formare sé e gli altri: la formazione è continua. È la comunità che forma. Se la comunità non testimonia, deforma.
Bisogna cambiare il nostro sguardo. Io divento povero, perché non ho più uno schema fisso, con le mie sicurezze: ho qualcosa, ma non ho tutto, devo non aver tutto per poter lasciare che sia dio che porta avanti le cose. Le nostre troppo sicurezze ci fanno male. Prima sembrava che la stabilitas fosse un grande bene, ora si deve preferire la docibilitas, restare in movimento, aperti a cambiare.
C’è poi un terzo “otre” da considerare. Questo è il più importante: noi dobbiamo cambiare il nostro sistema di potere, sia il potere dell’autorità che il potere dei soldi.
Quello dei soldi è il peggiore, perché prendono il posto di Dio e dominano la VC. Come Ordine, rischio di credere più alla sicurezza del conto in banca, che alla Provvidenza di Dio. Abbiamo rovesciato il Vangelo, il denaro ci porta fuori; il denaro che non è messo in comunione ci fa uscire dalla sequela di Cristo. Bisogna cambiare, è difficile, ma bisogna farlo. Perché se non c’è comunione, si possono fare tanti sbagli che portano conseguenze anche gravi nella vita degli Istituti religiosi.
di João Braz Card. De Aviz – Prefetto CIVCSVA
Tratto da: Ravvivare il senso della vita fraterna nelle nostre comunità, in Sequela Christi, CIVCSVA, 2014/02
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