Riflessione sulle parrocchie soprattutto se Camilliane di p. Rosario Messina
Non possiamo vivere felici da soli, anche i malati hanno diritto a fare festa. L’avvenimento della Pasqua Domenicale deve aprirci gli occhi, le orecchie e il cuore, per trasferire questa gioia e questa festa là dove si soffre e si piange; la vera messa per il credente infatti inizia quando si conclude l’assemblea liturgica con il mandato del sacerdote celebrante: “Andate e testimoniate Cristo con la vostra vita! ”Per questo, durante la celebrazione Eucaristica, ogni credente deve assimilare quanto Gesù ci ripete: “Io sono il capo, voi le membra… io sono la vite voi i tralci…Uno solo è il Padre e tutti voi siete fratelli… da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri…un solo corpo, una sola fede, un solo battesimo, un solo amore che unisce tutti…Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare, ero nudo e mi hai vestito, ero malato e sei venuto a trovarmi…tutte le volte che avete fatto queste cose al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me.”
Non si può quindi carezzare il capo che è Gesù in Chiesa, lasciando poi il corpo, che è il nostro prossimo, nell’abbandono e nell’indifferenza fuori chiesa. Il dolore e la sofferenza devono costituire un motivo in più per essere premurosi e attenti verso quanti soffrono per età, malattia o solitudine. L’esercizio costante delle opere di misericordia corporali e spirituali non sono state inventate da Papa Francesco in occasione dell’Anno Giubilare, ma costituiscono il cuore del Vangelo e l’unica materia su cui saremo giudicati tutti alla sera della vita, come ci rivela il Vangelo di Matteo al Cap. 25.
Pertanto nella grande famiglia che è la Parrocchia, il Parroco e gli Agenti Pastorali debbono concorrere a far conoscere ai fedeli malattie, sofferenze, drammi, dolori e lutti che si vivono in tante case, perché i fedeli siano in grado, durante la settimana, di visitare, consolare, condividere, sostenere il peso di tante croci che, nella solitudine, diventano ancora più insopportabili.
Proprio il 3 settembre 2016 Papa Francesco rivolgeva, in Piazza San Pietro, ai volontari provenienti da tutto il mondo queste impegnative parole:” Non si può distogliere lo sguardo e voltarsi dall’altra parte per non vedere le tante forme di povertà che chiedono misericordia. E questo voltarsi dall’altra parte per non vedere: la fame, le malattie, le persone sfruttate…Questo è un peccato grave! Anche, è un peccato moderno, è un peccato di oggi! Noi cristiani non possiamo permetterci questo. Non sarebbe degno della Chiesa né di un cristiano “passare oltre “e supporre di avere la coscienza a posto solo perché abbiamo pregato o perché sono andato a Messa la domenica! No…Voi siete artigiani della misericordia: con le vostre mani, con i vostri occhi, con il vostro ascolto, con la vostra vicinanza, con le vostre carezze…Artigiani…Voi esprimete il desiderio tra i più belli nel cuore dell’uomo, quello di fare sentire amata una persona che soffre. Nelle diverse condizioni del bisogno e delle necessità di tante persone, la vostra presenza è la mano tesa di Cristo che raggiunge tutti. Voi siete la mano tesa di Cristo: avete pensato questo?”
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