QUI la traduzione dell’articolo in spagnolo di p. Luciano Ramponi
La frase in copertina “Vai avanti, pusillanime, che quest’opera è mia, non tua“. Cappella della Comunità di Sampran di recente inaugurazione.
di p. Gianfranco Lunardon
Quando l’aereo ha cominciare a rullare sulla pista nel cuore della notte di Bangkok, prima di sollevarsi da terra e prendere la rotta che mi avrebbe riportato a Roma, sono stato preso da una sensazione di struggimento, che è un misto di rimpianto per quanto stava finendo, di emozione per le scoperte fatte e soprattutto per gli incontri fraterni che ho vissuto, di turbamento per le provocazioni che ho raccolto osservando come i camilliani curano i malati, i poveri, in molti casi, gli scarti che letteralmente raccolgono ai lati delle luccicanti strade di Bangkok e dintorni o di Ho Chi Minh City (Saigon).
Il mio non è stato un viaggio qualsiasi, turistico per intenderci. Il viaggio in Thailandia e in Vietnam, compiuto grazie alla calda accoglienza, pazienza e disponibilità dei confratelli camilliani, lo definirei come un cammino privilegiato in un mondo che sta cambiando a velocità vertiginosa; un mondo in cui il benessere (residenze principesche, boutique degne delle migliori vie dello shopping parigino, newyorkese o londinese), il consumismo (lussuose berline tedesche o auto sportive italiane), con le illusorie attrazioni (orde di turisti in cerca di avventure forti), non riesce comunque a nascondere il dolore e la sofferenza dell’uomo, di larghe frange di umanità.
L’emarginazione a cui viene condannato chi non sa o non può seguire l’evolversi del progresso: uomini e donne colpiti nella loro carne dalla lebbra che porta con sé uno stigma sociale pesantissimo, come ci ricordano gli evangelici incontri di Gesù con queste persone; giovani uomini e donne infetti da HIV e ridotti a pelle raggrinzita che ricopre delle ossa scarne; bambini portatori di handicap o sieropositivi respinti dalle loro stesse famiglie o rimasti orfani di genitori morti della stessa malattia; bambini in terapia oncologica che altrimenti durante il trattamento chemioterapico sarebbero obbligati a sostare con i genitori lungo qualche marciapiede in attesa “forse” del ciclo terapico successivo; anziani sostenuti nel dramma della loro vecchiaia, solitudine o demenza.
Ma per fortuna il mio è stato anche un viaggio nella speranza. Perché proprio di questo dono di Dio si fanno portatori i religiosi camilliani, coraggiosi e determinati, i volontari, i collaboratori laici, i giovani religiosi camilliani in formazioni capaci di “vedere e non passare oltre” questa umanità ferita, per riaffermare non teoricamente ma realisticamente, quotidianamente la dignità inalienabile di quell’uomo e di quella donna o di quel bambino!
Certo sappiamo che non è tutto oro quello che luccica; sappiamo anche che la paglia ha lo stesso colore del metallo prezioso ma non lo stesso valore! Io in questo viaggio ho avuto la grazia di scorgere qualche “pagliuzza d’oro” che conserverò molto cara nella memoria per alimentare il senso di gratitudine verso i tanti confratelli che hanno saputo porre le basi spirituali e carismatiche per una tale fioritura; per alimentare con la stima e la riconoscenza l’impegno nel presente delle nuove generazioni camilliane e la speranza nel futuro!
UOMINI LIBERI
(thai (ไทย), aggettivo che significa “libero“)
Piccoli compagni di viaggio,
in silenzio e senza conoscerci
ci siamo presi la mano.
Dietro a voi avete lasciato
le vostre capanne fatte di sole e di canti;
io ho lasciato dietro a me le paure.
La cesta sul capo alle vostre madri,
la malaria negli occhi ai vostri padri,
i loro corpi sulla terra
restino a lungo
nei vostri occhi e nel vostro cuore.
Al freddo e al vento
poco importa
se ancora tenendoci per mano
arriveremo in fondo al cammino.
La paura se ne andrà
e, nei vostri grandi occhi neri,
vivrà ancora un sogno:
essere uomini liberi.
Fr. Gianni Dalla Rizza
(camilliano in Thailandia)
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