Da Missione Salute (rivista camilliana della Provincia Italiana) Gennaio- Febbraio 2016
di Padre Leocir Pessini
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno nel mondo più di 800 mila persone si tolgono la vita: ciò significa che si verifica un suicidio ogni 40 secondi e ogni 3 secondi un tentativo di suicidio. Numeri allarmanti che lasciano un vivo senso di sgomento.
In Italia, che è fra i Paesi in cui i suicidi sono meno frequenti, secondo i dati dell’Istat relativi al 2010, le morti per il suicidio sono state 1857, mentre i tentativi di suicidio sono stati 2041 (il Brasile è all’ottavo posto per numero assoluto di suicidi: nel 2012 sono state registrate 11821 morti, di cui 9148 uomini e 22632 donne, circa 30 al giorno). Il suicidio (togliersi deliberatamente la vita) è un tragica autodistruzione che una persona impone a se stessa. Le conseguenze sulle famiglie, sugli amici e sulle comunità sono terribili e la sofferenza perdura per molto tempo dopo la morte.
Per la gravita del fatto l’aumento esponenziale di casi, nel maggio del 2013 l’Organizzazioneͣ Mondiale della Salute (O.M.S.), nella sua 66° Assemble Generale ha adottato per la rpima volta nella storia il piano di azione di salute mentale. La prevenzione del suicidio è parte integrante di questo piano che si propone – entro il 2020 – di ridurre di almeno il 10 per cento il tasso di suicidio nel mondo.
L’obiettivo di questa iniziativa dell’O.M.S. è «dare priorità alla prevenzione del suicidio nell’agenda globale della salute pubblica, nelle politiche sociali e far prendere coscienza che il suicidio è una questione di salute pubblica».
Non esiste una sola spiegazione sul perché le persone si suicidano. Fattori sociali, psicologici, culturali o d’altro tipo possono intervenire per indurre una persona a un comportamento suicida. Nel caso, poi dei suicidi causati da turbe mentali, pochi sono indotti a chiedere aiuto. Da queste importanti informazioni dovute all’ O.M.S., possiamo ricavare alcuni messaggi-chiave. Il suicidio è la seconda causa di morte nelle persone dai 15 ai 29 anni. Ci sono i inoltre segnali dai quali si può dedurre che per ogni adulto che si suicida, vi sono più di 20 altri tentativi di suicidio.
Si può prevenire?
I suicidi si possono prevenire. Ma per poter dare risposte efficaci, occorre adottare una strategia di prevenzione multisettoriale. Questa strategia deve tendere a potenziare la vigilanza, così come le politiche di salute mentale e, in particolare, i presidi contro l’alcolismo.
Ha dato buoni risultati la restrizione della possibilità di accedere ai mezzi più di frequente utilizzati per suicidarsi: come veleni, armi da fuoco e alcuni medicinali. I servizi riguardanti la salute pubblica devono includere la prevenzione del suicidio come componente centrale. Fra le cause che inducono al suicidio sono da considerarsi i disturbi mentali e il consumo di alcol, oltre ovviamente ad altri fattori di rischio. La chiave per ridurre il numero di suicidi sta in una più attenzione alle persone più fragili e bisognose d’aiuto. Le comunità hanno una funzione cruciale nella prevenzione del suicidio. Possono sostenere le persone più fragili, accompagnandole, lottando contro l’indignata disapprovazione sociale che colpisce chi è più debole e ha perso i propri punti di riferimento.
Le condanne preventive vanno in ogni caso evitate a tutti i livelli, soprattutto quelle che si riferiscono alla malattia mentale e al comportamento suicida. Il processo di riprovazione fa sì che le persone provino vergogna, si sentano escluse e discriminate. Occorre far prendere coscienza a tutta la società che il suicidio è una questione di salute mentale, prevenibile nella maggior parte dei casi; occorre altresì identificare i fattori di rischio più gravi e proteggere in maniera sensibile le persone più esposte.
Forme di aiuto
Nei nostri ambienti esiste un’eredità storico-culurale e religiosa da superare, che tende a colpevolizzare chi si suicida o attenta alla propria vita. Si può parlare di atto responsabile, dal punto di vista etico-morale, soltanto quando una persona agisce in forma pienamente cosciente e libera. Nella maggior parte dei casi queste due condizioni (piena coscienza e libertà) sono profondamente compromesse e conseguentemente anche la responsabilizzazione della persona è impossibile.
La solidarietà è una forma importante d’aiuto: senza dubbio, va messo in atto un maggior avvicinamento empatico alla persona e ai familiari che subiscono con profondo dolore la perdita del loro caro, pur senza approvarne il gesto.
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