L’apporto che l’Ordine religioso dei Ministri degli Infermi – Camilliani – ha dato e continua a dare all’umanizzazione della cura, si può sintetizzare nel coraggio di continuare a formulare due domande e nel tentativo di rispondervi con concretezza e coerenza, senza cedere alla tentazione di facili stereotipi: quale uomo curare affinché possa ri-nascere? che cosa fare per coloro che non hanno forza e risorse proprie per ri-nascere?
PASSATO DA RICORDARE CON GRATITUDINE
Papa Francesco nella Lettera Apostolica a tutti i Consacrati in occasione dell’Anno della Vita Consacrata, ci ha ricordato che “il primo obiettivo è guardare il passato con gratitudine. Ogni nostro Istituto viene da una ricca storia carismatica. Alle sue origini è presente l’azione di Dio che, nel suo Spirito, chiama alcune persone alla sequela ravvicinata di Cristo, a tradurre il Vangelo in una particolare forma di vita, a leggere con gli occhi della fede i segni dei tempi, a rispondere con creatività alle necessità della Chiesa”.
Per noi Camilliani si tratta di un autentico umanesimo e controriforma – della carità – dal basso. Se il concilio di Trento sistema le cose ordinandole e sistematizzandole a livello “alto”, san Camillo (1550-1614) e gli altri le organizzano “dal basso”, ossia rispondono in modo concreto alla domanda “quale uomo”?
La società rinascimentale ignorava tutta una lunga sequela di uomini e donne (la maggior parte!), li riteneva “invisibili” – non strettamente necessari allo sviluppo dell’Humanum – e come tali li ignorava. Conseguenza drammatica della cultura umanistica che, come si sa, esaltava “l’uomo” come essere eccellente e centro dell’universo. Ma a quale uomo mirava? L’uomo ideale, l’uomo eccezionale: l’uomo geniale, l’artista creativo, il principe forte ed astuto, l’invitto capitano di ventura, lo scopritore di nuovi mondi. Una élite aristocratica, anticipatrice del superuomo.
In questo mondo culturale il poveraccio senza prestigio e senza potere, e per di più malato o malandato, non trovava alcuna considerazione. Camillo, come si vedrà, scopre questo uomo, anzi ne va in cerca, scopre che costui è un uomo a pari dignità di ogni altro uomo. Dopo la conversione vorrà servire Dio proprio in questo uomo e dedicandosi a tutto l’uomo nella consapevolezza, anticipatrice della modernità (medicina olistica, diritti del malato, …), che l’uomo malato entra in ospedale con tutto se stesso: il povero porta i suoi quattro stracci ma anche il suo spirito libero e immortale.
IL CORAGGIO DELLA NON-RASSEGNAZIONE. Camillo, anzitutto, ci appare un uomo niente affatto rassegnato alla situazione dell’assistenza che a molti, ai più, sembrava ormai irreversibile. Pur nella consapevolezza dei propri limiti – e lui stesso in seguito li sottolineerà sovente – appare un uomo determinato a far qualcosa, a rompere con il sistema, ad andare controcorrente, un uomo deciso a tutto pur di riportare l’assistenza dei suoi infermi agli imperativi della carità evangelica. È il coraggio della novità non facile a manifestare e ad attuare quando di fronte c’è la gente che conta e che, con tutta probabilità, come di fatto poi avvenne, non condividerà le iniziative e si opporrà con la forza dell’istituzione. È il coraggio della non-rassegnazione al degrado e all’ingiustizia che nell’ospedale colpiva inevitabilmente i più deboli (nella consapevolezza che i diritti dei deboli non sono diritti deboli), i malati, e che si traduce in lui nel coraggio di rischiare lo spazio della propria tranquillità e, forse, della propria onorabilità.
IL MALATO È UNA PERSONA INDIVISIBILE NELLA SUA REALTÀ UMANA E VA RAGGIUNTO NELLA GLOBALITÀ DEI SUOI BISOGNI CHE SONO INTERDIPENDENTI. Questa visione antropologica che sta alla base della moderna medicina psicosomatica (olistica), trova già in Camillo un interprete attento e sensibile. Le indicazioni e le norme che egli dà al suo gruppo esprimono sempre questa costante: il corpo e l’anima sono inscindibili nel malato, e le sue necessità corporali e spirituali devono essere sempre attese in una visione unitaria della persona. Per questo vuole nella sua Compagnia sacerdoti e laici e li impegna tutti nella cura globale del malato. Di fronte ai malati esige da se stesso e dai suoi una totale disponibilità, «acciò – come prescrive nella regola – possiamo servirli con ogni charità così dell’anima, come del corpo», realizzando nella quotidianità «l’opre di misericordia, corporali et spirituali». Sulla fine del XVI secolo, con tutte le difficoltà frapposte dalle concezioni culturali e dalla carenza delle strutture e dei servizi, Camillo e i suoi compagni operavano già su questa linea. Le intuizioni della carità avevano anticipato di secoli le acquisizioni della scienza e della organizzazione sanitaria.
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