13 ottobre 2014
«NON ABBIATE PAURA DELLA FRAGILITÀ» (PAPA FRANCESCO)
Siamo giunti ormai alla terza edizione della celebrazione della Giornata Mondiale delle vittime dei disastri che la Camillian Task Force sta promuovendo nei confronti della Grande Famiglia Camilliana come dono sempre vivo di San Camillo. E’ con grande entusiasmo che vi stiamo incoraggiando a celebrare questo evento nello spirito del nostro impegno per rivitalizzare l’Ordine. Perché abbiamo bisogno di celebrare questo evento?
Recenti statistiche mostrano che in dodici anni (2000-2012), le catastrofi hanno influito pesantemente nella vita delle persone. Esse hanno causato la morte di 1,2 milioni di persone; colpito 2,9 miliardi di uomini e donne, e danneggiato infrastrutture vitali, proprietà private e strutture di pubblico sostentamento, per un controvalore di circa 1.700 miliardi dollari (USD).
La maggior parte di questi disastri sono di natura atmosferica (uragani) e geofisica (terremoti) (cf UNISDR). Nel 2012, 357 disastri naturali sono stati registrati ed hanno causato la morte di 9.655 persone e ne hanno coinvolto complessivamente 124,5 milioni.
In un decennio, si è registrata una media annua di 107.000 morti e 268 milioni di persone colpite in tutto il mondo (cf UCL). Secondo il Climate Risk Index (1993-2012), i primi dieci paesi che sono stati maggiormente flagellati – negli ultimi venti anni – a causa di eventi meteorologici estremi sono Honduras, Myanmar, Haiti, Nicaragua, Bangladesh, Vietnam, Filippine, Repubblica Dominicana, Mongolia e Thailandia (cf. German Watch). In quattro di questi paesi – Haiti, Vietnam, Filippine, Thailandia – e in altre località limitrofe, i religiosi camilliani stanno realizzando progetti missionari di intervento. Questi paesi attualmente sono identificati come luoghi a particolare rischio globale.
La gravità della sofferenza umana causata da questi eventi è enorme, e sono molti gli aspetti della vita delle persone che sono devastati: la salute, la sicurezza, l’alloggio, l’accesso ai beni essenziali della vita, le attività sociali e religiose, etc.
La maggioranza delle persone è convinta che tali eventi catastrofici siano naturali e quindi nessuno sforzo umano possa impedire il loro impatto. Questa tesi è un mito. Non esiste una cosa come una calamità naturale. Non tutti i fenomeni naturali (terremoti, tifoni, tsunami, eruzioni vulcaniche, inondazioni, frane, etc.) sono chiamati disastri. “Un disastro è definito come la conseguenza di eventi innescati da tali pericoli naturali come terremoti, eruzioni vulcaniche, frane, tsunami, inondazioni, siccità, ecc, che superano la capacità di risposta locale – compromette gravemente il funzionamento di una comunità (o società in generale) causando distruzioni umane, materiali, perdite economiche o ambientali, che superano la capacità della comunità colpita di far fronte con le proprie risorse” (cfr UNIDSR, 2007). Diventano disastri quando una o più combinazioni di questi eventi e la vulnerabilità della comunità locale sopraffanno la loro capacità di gestire un evento disastroso utilizzando le proprie risorse. Se le persone sono già strutturalmente vulnerabili, sono ancora più esposti al grave impatto dei disastri. La vulnerabilità è spesso causata da delle scelte umane.
La terza celebrazione della Giornata Mondiale delle Vittime del disastri – il 13 ottobre 2014 – si concentrerà sull’esortazione di Papa Francesco, usata durante l’Angelus del 9 febbraio 2014 per introdurre la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato: “Non abbiate paura della fragilità“
La vita è fragile e particolarmente esposta al suo dissolvimento. Tuttavia, crediamo che la fragilità umana (naturale o determinata da altri) non sia un ostacolo per la crescita e lo sviluppo della persone, anzi, può essere l’occasione opportuna per scoprire la grandezza della vita umana e la gratitudine di Dio, percepita nello straordinario impegno di solidarietà degli uomini. Per dodici anni, i Camilliani hanno cercato di dare una risposta ai disastri in diverse aree del mondo con sforzi straordinari di generosità, passione e competenza di centinaia di nostri confratelli e membri della Grande Famiglia Camilliana, volontari che “si sono sporcate le mani” nel servire le persone colpite da catastrofi naturali o disastri causati dall’uomo. Da queste esperienze, abbiamo intuito come le vittime sopravvissute ai disastri, hanno saputo trasformare la loro fragilità in forza e in capacità di essere resilienti. Trovano speranza in mezzo alle macerie, alle rovine e ai morti, con l’aiuto delle persone che “hanno messo più cuore nelle loro mani”.
Papa Francesco durante l’Angelus sopracitato, pregando per le vittime dei disastri, ci ha ricordato che, “la natura ci sfida ad essere prudenti e solleciti nel proteggere la creazione, per prevenire, per quanto possibile, le conseguenze più temibili“. Le mani di cui abbiamo bisogno non sono solo le mani che distribuiscono il cibo, l’acqua, le medicine o un rifugio, ma, anche le mani che sanno come proteggere e combattere qualunque calamità che provochi distruzione e morte.
In questa celebrazione della Giornata Mondiale delle Vittime dei Disastri, vi incoraggio a prestare attenzione ai tre elementi essenziali della nostra missione come proposto dalla Camillian Task Force: 1) animazione e sensibilizzazione, 2) celebrazione e formazione, e 3) promozione e lotta per la giustizia.
In particolare, stiamo invitando tutti a riflettere sulle parole di Papa Francesco: “Non abbiate paura della fragilità.”
Non avere paura potrebbe significare:
● per le comunità colpite dal disastro – recuperare i “doni” e la capacità di resilienza in mezzo alle catastrofi;
● per la presenza camilliana – essere sfidata dal nostro desiderio di speranza e di salvezza (la pienezza della vita) che va alle radici della stessa vocazione cristiana e camilliana;
● per le istituzioni Camilliani – uscire nelle “periferie” (oltre le mura delle nostre opere) e lavorare con le comunità emarginate della periferia “uniti nella giustizia e nella solidarietà“;
● per la Camillian Task Force – continuare a cercare nuove risposte ai “segni dei tempi” iniziando con l’ascolto attento di quelle persone e/o comunità che sono “senza voce” e non accontentandosi solo di dare delle cose (elargizione di beneficienza);
● per le comunità locali – trasformare il disastro in un’opportunità di crescita.
Se San Camillo fosse ancora vivo, egli stesso non si impegnerebbe in progetti analoghi per abbracciare tutte queste sfide insieme con le vittime di disastri?
Alziamoci per stare con loro. Permettiamo che le loro voci siano ascoltate!
P. Leocir Pessini, MI
Superiore Generale
P. Aristelo Miranda, MI
Consultore per il Ministero
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