Gruppi di mutuo aiuto: per aiutare a mostrare la forza dei sentimenti e trovare una spalla su cui piangere!
Dopo aver completato la prima parte della formazione all’accompagnamento a persone in difficoltà, i candidati indicati dalle loro Parrocchie (CBPSF) sono chiamati a scegliere e a sostenere per 8 mesi 20 nuclei familiari, identificati secondo due criteri di vulnerabilità: entrata giornaliera inferiore alla soglia di povertà (2 dollari americano) e presenza di orfani da Ebola nel nucleo familiare. Ognuno dei CBPSF seguirà 20 famiglie per un totale di 400 nuclei familiari: Camillian Task Force (CTF) se ne fa carico con un sostegno economico (conditional cash transfer e altri sussidi) ed umano (accompagnamento individuale e a gruppo).
Con il mese di maggio ha avuto inizio l’esperienza dei gruppi di mutuo aiuto. In giornate diverse – per favorire la partecipazione del team CTF – in ogni parrocchia si radunano le 20 famiglie scelte per condividere le storie della loro vita, segnate da povertà e dal dramma di Ebola. Compito del CBPSF è di accompagnare il gruppo verso il sostegno reciproco, apprendendo la difficile arte della direzione di gruppo. In sintesi, mentre il CBPSF ha l’opportunità di mettere alla prova le sue abilità di leader, al gruppo è data l’opportunità di rompere il muro di silenzio che accompagna il dramma di vite segnate da tanti morti, improvvise e rapide, spesso senza la possibilità di un commiato. Ne escono storie raccapriccianti, testimonianze di lutti ancora freschi e di rabbia a stento trattenuta. È una opportunità per condividere un dolore che da soli è difficile da contenere, creando spazio per la solidarietà e per nuove prospettive.
A differenza di quanto si è portati a pensare, il dramma di una morte inaspettata, tragica e veloce, lascia tracce marcate anche in chi è abituato a lottare per sopravvivere: il dolore dell’anima non è un lusso di pochi! L’ascolto delle testimonianze rivela infatti la profondità di questo dolore. Le lacrime, spesso trattenute per rispetto e pudore, fluiscono ora spontanee, permettendo finalmente uno spazio di sfogo. La solidarietà che è propria di questo popolo abituato a considerarsi come famiglia allargata ha modo di esprimersi nella partecipazione emotiva fatta di gridolini, di sospiri, di sottolineature enfatiche. Nessuno riesce più a trattenersi ed il fatto appena descritto cessa di essere esperienza individuale e diventa dramma collettivo. Tale che, non di raro, si deve smettere di descrivere gli eventi poiché hanno la forza di richiamare alla mente, e di farli rivivere, quelli che ognuno ha vissuto nella propria esperienza. Madri rivedono i propri figli morti; figli hanno modo di ricordare la madre; agli sposi è richiamato alla mente il partner. Una tragedia su cui spesso si è fatto silenzio, ora riemerge! E con essa, la possibilità di piangere, di mostrare la forza dei sentimenti, di trovare una spalla su cui piangere!
È imperativo non lasciare inascoltato questo grido che troppo spesso – nel post guerra civile per esempio – è stato solo intuito senza un reale intervento di sostegno. L’insistenza che ormai tutte le agenzie mettono sugli interventi psico-sociali deve cessare di essere una moda o una nuova strategia di intervento ma trovare una pratica realizzazione nella vicinanza a chi troppo ha vissuto da solo il proprio lutto. È una sfida anche per CTF, poiché si tratta di un lavoro silenzioso, difficile da quantificare, lontano dai riflettori. Solo quando si riesce a sostenere il volto di un sedicenne cui l’Ebola ha portato via 23 familiari, si può capire il dramma umano che una calamità si lascia alle spalle. Oltre i numeri, l’epidemia prende il volto ed il nome di fratelli e sorelle, verso i quali ci spinge il dovere di aiutarli nell’arduo cammino di speranza!
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