Transito di San Giuseppe (di Agostino Gagliardi – cappella delle reliquie nella chiesa camilliana della ‘Maddalena’) – San Giuseppe # Patris Corde – santo invocato per la “buona morte” – SCARICA QUI IL PDF
SAN GIUSEPPE: PATRONO DELLA ‘BUONA MORTE’
La Lettera apostolica ‘Patris Corde’ (“Con cuore di Padre”) che Papa Francesco ha recentemente offerto alla Chiesa in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale offre l’occasione di volgere lo sguardo su colui che i Vangeli ci presentano come il padre di Gesù, colui cioè che lo ha custodito, amato, educato, protetto, avviandolo, insieme alla madre Maria, a compiere l’opera di misericordia di Dio Padre.
San Giuseppe è l’uomo “servo” indispensabile alla storia della salvezza, il quale, senza mai apparire ed essere protagonista, è diventato colui che ha iscritto il Figlio di Dio e di Maria nell’anagrafe dell’umanità: è lui che va con Maria a Betlemme, nella casa del pane e lì, insieme alla sua famiglia, iscrive Gesù nell’anagrafe della storia.
La Lettera apostolica “Patris Corde” ci offre di San Giuseppe una lettura e una descrizione che lo rende attraente. San Giuseppe è uomo, sposo, padre, lavoratore, credente nella modalità più serena e più ricca ma anche più responsabile. È uomo che ama con fedeltà, sposo che accoglie un mistero che è la ricchezza di Maria sua sposa, padre che esercita la paternità ubbidendo alla voce immateriale dell’Angelo, lavoratore che ha il compito di far vivere la famiglia educando il figlio alla laboriosità, il credente che “fece come l’Angelo gli aveva ordinato” (Mt 1,24) diventando così collaboratore generoso e paziente dell’opera di salvezza.
C’è un altro aspetto della figura e della testimonianza di San Giuseppe che può tornare utile alla cultura contemporanea ed è il suo “silenzio” con cui dà risposta al volere soprannaturale di Dio. Certamente il suo compito non facile avrebbe potuto aprire le strade della lamentela, della solitudine, di un certo rimpianto umano: non è così, egli offre risposte al centro delle quali regna l’obbedienza, l’amore al sacrificio e la responsabilità di non svicolare di fronte alle fatiche. L’azione umana e paterna di San Giuseppe conosce i “limiti” imposti dalla vocazione del Figlio Gesù e contemporaneamente mette insieme l’esercizio di una presenza che si fa, unita a Maria, amabile rimprovero e rinnovata ubbidienza alle parole del Figlio: “Non sapevate che mi devo occupare delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49).
Il ‘popolo di Dio’ con il suo intuitivo e profondo sensus fidelium ha sempre invocato San Giuseppe anche e soprattutto come celeste patrono della ‘buona morte’. Le immagini del pio transito – morte – di san Giuseppe, circondato dalla premura della sposa Maria e del figlio Gesù hanno sempre fatto – da tempo immemorabile – mostra devota di sé, nelle nostre chiese e nelle nostre case.
Il catechismo della chiesa cattolica al n. 1014 ci ricorda che «la Chiesa ci incoraggia a prepararci all’ora della nostra morte (‘Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore’: antiche litanie dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi nell’ora della nostra morte (Ave Maria) e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte.
“In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani”? (cfr. De imitatione Christi, 1, 23, 5-8)
“Laudato sì, mì Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullo homo vivente può skappare. Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda nol farà male” (San Francesco d’Assisi, Cantico delle creature: Dal codice 338 della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi)».
Venti secoli di storia dimostrano che Giuseppe, dopo aver sottratto Gesù al ferro omicida dei sicari di Erode, è sentito profondamente dal popolo cristiano come Patrono della buona morte.
Egli ha protetto i moribondi, specialmente se suoi devoti, in modo chiaro ed efficace, e possono ripetere la testimonianza resa da santa Teresa d’Avila sulle suore devote del Santo: «Ho osservato che nel momento di rendere l’ultimo respiro esse godevano ineffabile pace e tranquillità; la loro morte era simile al dolce riposo dell’orazione. Nulla indicava che il loro interno fosse agitato da tentazioni. Quei lumi divini liberarono il mio cuore dal timore della morte. Morire mi pare adesso la cosa più facile per un’anima fedele».
La Chiesa non ha ufficialmente solennizzato il titolo di Patrono della buona morte come quello di Protettore della Chiesa e Patrono dei lavoratori, ma i Papi non hanno mai trascurato di raccomandarlo a tutti i cristiani. Già Benedetto XV (†1922) scrisse: «Siccome san Giuseppe è il singolare protettore dei moribondi perché si sono trovati presenti alla sua morte Gesù e Maria, si fomentino principalmente quelle pie associazioni che furono fondate allo scopo di pregare per i moribondi […] affinché egli aiuti gli agonizzanti con tutto il suffragio e il fervore della sua autorità».
Buona morte significa morire in grazia di Dio. Morire è la realtà più certa del mondo: pertanto, morire in grazia di Dio significa avere un aiuto specialissimo di Dio; un aiuto in forma esterna, che riguarda il tempo e, in forma interna, che concerne l’anima, entrambe convergenti verso un unico e medesimo scopo: la salvezza e la felicità eterne del cristiano. È quindi la perseveranza finale, la grazia delle grazie, il complesso di tutte le grazie, la certezza del Paradiso.
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