San Camillo: profilo biografico e novità antropologica apportata. Il coraggio di osare!

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Vetrata Provincia Brasiliana

Per iniziare a presentarvi Camillo de’ Lellis vorrei consegnarvi tre – tra le tante – “inquadrature”, tre istantanee – da tenere continuamente ben in mente nello sviluppo del discorso – che alcuni suoi contemporanei ci hanno consegnato e che ce lo descrivono in tutto il suo grande e sincero pathos per Dio e per l’uomo.

  1. Gli annunciarono che un illustre prelato lo aspettava con impazienza. Lui stava imboccando un malato. Replicò, senza nemmeno voltarsi: “Dite a sua Eccellenza che ora sono occupato con Gesù Cristo. Non appena avrò finito, ripresenterò”.
  2. E allorché papa Clemente VIII, agli inizi del suo pontificato, venne a far visita all’ospedale di Santo Spirito, lui si inginocchiò a baciargli il piede con il suo corpo gigantesco nel solito abito da lavoro che contemplava anche due piccioli orinali alla cintura.
  3. Le sagre della carità: «Fermatevi! Dove andate?! A Milano c’è la peste!». Così alcuni contadini della campagna pavese, nell’inverno del 1594 tentavano di fermare un gruppo di uomini che cavalcavano verso il Ducato di Milano. Saputo dello scoppio del contagio, p. Camillo aveva raccolto mezza dozzina dei suoi compagni, a Genova, ed era partito a spron battuto per portare soccorso. «È proprio per questo che ci andiamo!», rispose dunque senza rallentare la corsa.

Questi sono fatti di cronaca con un luogo ed una data. Ma anche episodi emblematici: è la vicenda di un uomo che trascina con il suo esempio altri uomini, di un uomo-santo che lancia nel mondo e nel tempo la sua “Compagnia” a sollevare ogni tipo di sofferenza, a curare ogni forma di malattia, a raggiungere ogni specie di emarginazione. Questo era lo stile di San Camillo de Lellis fondatore dei Ministri degli Infermi – Camilliani.

Nell’esistenza di Camillo tutto muove dal principio della sacralità della persona del malato. Più laicamente, ma riducendone forse la portata semantica del termine noi diremmo “centralità” della uomo come persona: infatti mentre il “centro” è sempre molto soggettivo ed arbitrario nella sua determinazione; il “sacro” mantiene una sua intrinseca oggettività, perché rimanda ad un “Altro” su cui è difficile allungare le nostre “mani”, proiettando il nostro soggettivismo.

Una sacralità che implica la liberazione del malato da “mani mercenarie” a cui era affidato nel contesto sanitario della Roma del cinquecento.