Dopo la preghiera e la celebrazione eucaristica mattutina, i partecipanti al raduno dei superiori maggiori dell’Ordine accolgono Hipólito Pérez – religioso fratello marista, di origine spagnola da molto tempo impegnato nell’animazione giovanile soprattutto nell’ambito della sua provincia religiosa in Centro America. Il tema che affronta è: Formazione iniziale e permanente e promozione vocazionale. Vita Consacrata e giovani.
L’obiettivo è quello di fornire uno sguardo realistico sul mondo dei giovani nella nostra attualità. Il primo e fondamentale obiettivo della pastorale vocazionale è quello di proporre – per contatto e/o per imitazione – l’opzione del discepolato di Gesù, attraverso un’esperienza cristiana di comunità fraternità: solo dopo un’esperienza prolungata della sequela di Gesù in comunità, si propone al giovane di riflettere su quale sia la modalità più adeguata alla sua vita per vivere questa sequela.
Un dato è certo: l’incontro diretto con i giovani genera in noi una sensazione di sconcerto. I giovani sono nati e stanno crescendo in un contesto (globalizzazione neo-liberale) sociale, valoriale, culturale, di apprendimento, di comunicazione molto diverso da quello che caratterizza le nostre strutture intellettuali, spirituali e relazionali.
Da questo deriva che i principi, la concezione dell’essere umano, i processi, le decisioni e le motivazioni che i giovani vivono nel contesto moderno e post-moderno devono essere maggiormente comprese da parte nostra, non tanto per condividerle, ma per creare delle nuove modalità di incontro, di dialogo per poter poi calare in queste dinamiche delle esperienze vitali significative, per accompagnarli dei processi di costruzione dell’identità, per vivere autenticamente la comunità come referente significativo, per interiorizzare più profondamente le convinzioni, per personalizzare i processi formativi di crescita. Da qui si ricava l’imprescindibilità della significatività della nostra testimonianza. Questi giovani (Millennials Generation: digitali, connessi e globalizzati) vanno accolti con un atteggiamento positivo: loro saranno i cristiani e/o i religiosi del XXI secolo.
È chiaro che l’esperienza di comunità religiosa fraterna che possiamo offrire loro, esige la presenza di comunità religiose – di singoli religiosi – ‘sane’, in cui la sete di verità e di autenticità che i giovani portano con sé, possa essere verificata ed implementata.
In questo contesto antropo-socio-culturale del mondo giovanile che sta vivendo una ‘situazione umana’ totalmente nuova, quale cultura vocazionale vivere e quali chiavi pedagogiche adottare?
È probabile che stiamo assistendo alla nascita di una nuova forma di comprensione dell’essere umano e di un nuovo paradigma fondato su tre pilastri: informazione continua, offerta consumistica portata agli estremi, cultura dell’immagine filtrata dai media. Alla continua accelerazione dei cambi dell’umanità e del pianeta con l’intensificazione dei ritmi di vita, i giovani e i nostri giovani religiosi in formazione sono inseriti in questa dimensione in uno stato di permanente accelerazione. La crisi delle religioni è una crisi di linguaggio: la tentazione di ridurre il ‘mistero’ a ciò che è evidente. Ai giovani va riproposta la stessa dimensione del ‘mistero’ ma con parole vigorose, nutrienti.
La cultura vocazionale da sviluppare è la proposta di una nuova visione antropologica dell’uomo, di pace, di ambiente, di solidarietà, di condivisione, di uso sistematico di energie per la crescita della comunità. È evidente che la cultura vocazionale si inserisce in modo integrato con tutte le altre diverse pastorali ecclesiali.
La pastorale specifica delle vocazioni (con l’obiettivo di seguire Gesù) si inserisce e si incontra, come suo spazio vitale, nella pastorale giovanile (con l’obiettivo di conoscere Gesù); la pastorale giovanile si completa e si edifica quando si apre alla dimensione vocazionale.
Quali opzioni strategiche adottare: preghiera interiore; accompagnamento familiare; sinergia pastorale; proposte chiare; collaborazione religiosi e laici; formazione degli agenti pastorali; contatti con i giovani; collocare i giovani come artefici principali del processo; accompagnamento personale; sensibilità intelligente nell’uso dei media per realizzare contatti ed incontri. Sono strumenti utili per aiutare i giovani ‘a narrarsi’ e ‘a narrare’ la loro esistenza e la loro stessa esperienza di Dio, di relazione, di attese e di paure …
Atteggiamenti chiave di fondo da coltivare: interiorità e spiritualità come ambiti di introspezione e di crescita nella conoscenza di sé; comunione tra religiosi e laici; solidarietà e donazione (incontro con la sofferenza dell’uomo).
Da parte nostra, come consacrati, siamo chiamati a diventare comunità religiose che offrono esperienze significative di vita, di vita fraterna (condivisione, formazione, narrazione, celebrazione, verifica, perdono), dove approfondire l’esperienza di conoscenza e di sequela di Gesù stesso, dove sviluppare le dinamiche di crescita nell’autonomia personale; dove vivere esperienze di servizio e di crescita nella solidarietà … comunità religiose di consacrati che siano capaci di sollecitare l’inquietudine profonda dei giovani che le frequentano.
Nel pomeriggio, p. Laurent Zoungrana, vicario generale dell’Ordine e consultore incaricato per la formazione, ci ha introdotti al tema diversificato su due cespiti:
- La situazione attuale della dimensione formativa, guardando verso il futuro dell’Ordine.
- Il discernimento vocazionale e la formazione alla interculturalità.
Sono stati evidenziati alcuni elementi per riferimento alla dimensione della formazione iniziale e della formazione permanente dei consacrati.
È fondamentale il ruolo di vicinanza e di prossimità che i superiori devono avere nei confronti delle persone consacrate loro affidate. È un ambito da non delegare ad altri quella dell’animazione vocazionale e della formazione. È necessario implicare se stessi in modo che formatori, animatori vocazionali e formandi non si sentano soli e abbandonati. Per questo il testo Per vino nuovo otri nuovi elaborato dalla Congregazione dei religiosi parla di “accompagnare con un dialogo sincero e costruttivo”.
Papa Benedetto XVI il 6 giugno 2005, parlando di educazione in generale e non quella specificamente religiosa, diceva: “Sappiamo bene che per un’autentica opera educativa non basta una teoria giusta o una dottrina da comunicare. C’è bisogno di qualcosa di molto più grande e umano, di quella vicinanza, quotidianamente vissuta, che è propria dell’amore e che trova il suo spazio più propizio anzitutto nella comunità familiare, ma poi anche in una parrocchia, o movimento o associazione ecclesiale, in cui si incontrino persone che si prendono cura dei fratelli, in particolare dei bambini e dei giovani, ma anche degli adulti, degli anziani, dei malati, delle stesse famiglie, perché, in Cristo, vogliono loro bene. Il grande Patrono degli educatori, San Giovanni Bosco, ricordava ai suoi figli spirituali che l’educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone”.
Legata alla formazione o educazione nella vita consacrata è la dimensione della fraternità. Le difficoltà impongono che si promuova una vita fraterna in cui gli elementi umanizzanti ed evangelici trovino equilibrio affinché ciascuno si senta corresponsabile e al tempo stesso sia riconosciuto indispensabile per la costruzione della fraternità. Di fatto, è la fraternità il luogo di eminente formazione continua. Promozione, animazione e costruzione della fraternità come luogo di eminente formazione continua (e iniziale), compete ai superiori di comunità e particolarmente anche ai Superiori Maggiori. Siamo quindi chiamati a curare le comunità perché si viva la fraternità affinché la fraternità stessa diventi luogo di trasmissione dei valori educativi e di formazione.
Come si sottolineava nel 1990 nel documento della Congregazione dei religiosi circa le direttive sulla formazione negli istituti religiosi, “la comunità di vita ha un compito privilegiato nella formazione, quali che siano le tappe e questa in gran parte dipende dalla qualità della comunità. Tale qualità risulta dal suo clima generale e dallo stile di vita dei suoi membri, in conformità con il carattere proprio e lo spirito dell’istituto (n. 26). Una comunità è formatrice nella misura in cui permette a ciascuno dei suoi membri di crescere nella fedeltà al Signore secondo il carisma dell’istituto. Per questo, i membri devono aver chiarito insieme le ragioni d’essere e gli obiettivi fondamentali di tale comunità. I loro rapporti interpersonali saranno improntati a semplicità e a confidenza, essendo basati principalmente sulla fede e sulla carità. A tale scopo, la comunità si costruisce ogni giorno sotto l’azione dello Spirito Santo, lasciandosi giudicare e convertire dalla parola di Dio, purificare dalla penitenza, costruire dall’Eucaristia, vivificare dalla celebrazione dell’anno liturgico. Essa accresce la sua comunione con il vicendevole aiuto generoso e con lo scambio continuo dei beni materiali e spirituali, in spirito di povertà e grazie all’amicizia e al dialogo. Vive profondamente lo spirito del fondatore e la regola dell’istituto. I superiori considereranno come missione loro propria il cercare di edificare tale comunità fraterna su Cristo. Allora, cosciente della propria responsabilità in seno alla comunità, ciascuno è stimolato a crescere, non solo per se stesso, ma per il bene di tutti (n. 27)”.
Davanti alla scarsità o all’abbondanza delle vocazioni, abbiamo bisogno di formatori capaci di fare un buon discernimento ed offrire al nostro Ordine e alla Chiesa religiosi felici di essere camilliani e capaci di tramandare i valori carismatici che san Camillo ci ha tramandato. In questo senso, occorre dire con il Progetto Camilliano che la “La formazione dei formatori rappresenta una priorità assoluta rispetto alla quale l’Ordine è chiamato ad investire con continuità. La loro specifica preparazione, non solo accademica (psico-pedagogica), ma anche esperienziale e ministeriale (pastorale e spirituale) è la garanzia migliore per il futuro stesso dell’Ordine. Mentre per la promozione vocazionale è giusto coinvolgere i religiosi più giovani, per il settore formativo vanno cooptati religiosi che abbiano almeno sei anni (due trienni) di vita religiosa comunitaria vissuta nell’attuazione concreta del carisma” (Progetto Camilliano n. 2.4). Anche se notiamo in questi ultimi anni uno sforzo per la formazione dei formatori nel nostro Ordine, occorre dire che questo non è sufficiente e che bisogna prendere sul serio questo settore, se vogliamo una formazione responsabile dei nostri candidati.
Nel “Progetto Camilliano”, la ristrutturazione dell’Ordine vorrebbe che assemblassimo le nostre forze a livello formativo per essere più efficaci: “L’ambito importante e delicato della formazione iniziale è forse l’aspetto che evidenzia in modo inequivocabile la necessità dell’unificazione degli sforzi e della collaborazione interprovinciale e/o interscambio con altri Istituti, sia per una più efficace ottimizzazione delle risorse sia per una più completa formazione dei candidati” (n. 2.4). Questa necessità dell’unificazione degli sforzi e collaborazione fa fatica a concretizzarsi nella formazione e richiede la nostra attenzione. Forse ci vuole un cambio di mentalità, un superamento del provincialismo, che ci aiuti a capire che non possiamo continuare a correre da soli. La mondializzazione o la globalizzazione è un dato di fatto che non si può ignorare, e che ci spinge ad unire le nostre forze per dare una formazione di qualità, capace di essere incisiva nella cultura odierna. In più, il futuro del nostro Ordine, ha bisogno di formatori capaci di formare all’internazionalità e all’interculturalità.
Tutto questo manifesta la necessità e l’urgenza della preparazione dei formatori a poter rispondere al meglio per ciò che concerne la formazione dei candidati alla multiculturalità o interculturalità che hanno preso possesso delle nostre comunità religiose e, in particolare, delle nostre case di formazione. In questo, i Superiori Maggiori hanno un ruolo e una responsabilità nella formazione dei formatori, poiché oggi non basta solo la buona volontà. La buona volontà ha bisogno di buoni strumenti di accompagnamento per una adeguata . Uno degli strumenti che può aiutare il formatore a compiere la sua missione è il Regolamento di Formazione che sarà l’argomento principale dell’incontro internazionale dei formatori dell’Ordine che sarà celebrato a Roma dal 13 al 19 ottobre 2017.
La verifica del nostro meeting conclude il Raduno dei Superiori Maggio dell’Ordine – 2017.
Venerdì 30 giugno e sabato 1 luglio i partecipanti si recheranno in pellegrinaggio ai luoghi della Memoria e della Conversione di San Camillo (Manfredonia-Chiesa san Domenico, Valle dell’Inferno, San Giovani Rotondo) accompagnati ed accolti dai confratelli della comunità camilliana di Macchia di Monte sant’Angelo.
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