Dopo la preghiera e la celebrazione eucaristica mattutina, i partecipanti al raduno dei superiori maggiori dell’Ordine si recano al Camillianum accolti dallo staff accademico dell’istituto: è stata un’opportunità per conoscere non solo gli ambienti accademici ma anche per approfondire le sfide e i progetti del nostro istituto di formazione in teologia pastorale sanitaria. Mons. Enrico Dal Covolo, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, a cui il Camillianum è incorporato, ha espresso tutta la sua stima e l’apprezzamento per l’attività finora svolta, per gli spunti carismatici ‘camilliani’ che sono stati offerti a tutta la Chiesa, rilanciando un rinnovato impegno anche per i prossimi tempi.
Nel pomeriggio sr. Alessandra Smerilli (religiosa Figlia di Maria Ausiliatrice) ha proposto una riflessione a partire dalle linee orientative della CIVCSVA (Dicastero dei Religiosi): le attuali problematiche e criticità nella gestione dei beni di un istituto/provincia religiosa. Oggi è il tempo in cui il denaro e i nostri beni devono essere al ‘servizio’ della vita e della missione: anche l’ambito economico dovrebbe diventare un ambito in cui esercitare la dimensione ‘profetica’ a cui anche la vita consacrata è chiamata. I carismi stessi sono stati fin dalle origini delle vie di sviluppo: quado un carisma irrompe nella storia inizia un processo di cambiamento che investe tutti i campi dell’umano: i carismi sono stati e sono ancora oggi i luoghi delle grandi ‘innovazioni’ umane, perché i carismi leggono la realtà con ‘occhi diversi’. Come consacrati siamo chiamati a diventare profezia a partire dalla nostra vita animata dalla charis, dalla logica del dono, della gratuità; siamo chiamati a creare fraternità, comunione, solidarietà con i più poveri e bisognosi.
È quanto mai necessario creare nuove connessioni tra i carismi e l’economia a partire da nuove sfide emergenti: diminuzione delle vocazioni, aumento dell’età media, presenza sempre maggiore di laici, processi decisionali lunghi, maggiori adempimenti nelle opere, visione riduttiva della gratuità, la crisi economica. Stiamo vivendo un momento in cui ci viene chiesta una rinnovata ‘sostenibilità’ non solo economica, ma anche relazionale (segno di comunione) e spirituale.
La grande sfida che abbiamo davanti a noi è di mostrare a livello sia di pensiero che di comportamenti, che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica (cfr. Caritas in Veritate, 36). La ‘gratuità’ NON è il ‘gratis’, non è filantropia, non è ‘fare cose’: è questione di anima, di atteggiamento che ci porta ad agire per vocazione e basta!
L’attenzione alla dimensione evangelica dell’economia non deve essere trascurata nella dinamica formativa, in modo particolare nella preparazione di coloro che avranno responsabilità di governo e che dovranno gestire le strutture economiche in ordine ai principi di gratuità, fraternità e giustizia, ponendo le basi di un’economia di condivisione e di comunione.
Trasparenza e vigilanza: la testimonianza evangelica esige che le opere siano gestite in piena trasparenza, nel rispetto delle leggi canoniche e civili, e poste a servizio delle tante forme di povertà. Senza trasparenza e senza regole non ci può essere fiducia. Infatti le situazioni di incertezza di regole e di crisi della fiducia cresce la domanda di trasparenza del funzionamento delle istituzioni. La vigilanza è anzitutto un atteggiamento, cioè un’accorta attenzione (preventiva) rispetto alle dinamiche economiche della comunità: è un servizio alla comunione e alla trasparenza in vista di una corretta utilizzazione dei beni nel rispetto delle sue finalità e nella valorizzazione della responsabilità degli amministratori; è una forma di tutela di chi assume ruoli di amministrazione; è un dovere di controllo proprio dei superiori, soprattutto per ciò che attiene agli atti di straordinaria amministrazione.
“Ripensare l’economia richiede competenze e capacità specifiche, ma è una dinamica che riguarda la vita di tutti e di ciascuno. Non è un compito delegabile a qualcuno, ma investe la responsabilità piena di ogni persona. Anche qui siamo di fronte ad una sfida educativa, che non può lasciare fuori i consacrati. Una sfida che certo in primo luogo tocca gli economi e coloro che sono coinvolti in prima persona nelle scelte dell’istituto. A costoro è richiesta la capacità di essere astuti come i serpenti e semplici come le colombe (cfr Mt 10,16). E l’astuzia cristiana permette di distinguere fra un lupo e una pecora, perché tanti sono i lupi travestiti da pecore, soprattutto quando ci sono i soldi in gioco! Non bisogna poi tacere che gli stessi istituti di vita consacrata non sono esenti da alcuni rischi indicati nell’Enciclica Laudato si’: «Il principio della massimizzazione del profitto, che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione dell’economia» (n. 195). Quanti consacrati continuano ancora oggi a pensare che le leggi dell’economia sono indipendenti da ogni considerazione etica? Quante volte la valutazione sulla trasformazione di un’opera o la vendita di un immobile è vista solo sulla base di un’analisi dei costi-benefici e valore di mercato? Dio ci liberi dallo spirito di funzionalismo e dal cadere nella trappola dell’avarizia! Inoltre, dobbiamo educarci ad una austerità responsabile. Non basta aver fatto la professione religiosa per essere poveri. Non basta trincerarmi dietro l’affermazione che non possiedo nulla perché sono religioso, religiosa, se il mio istituto mi permette di gestire o godere di tutti i beni che desidero, e di controllare le Fondazioni civili erette per sostenere le opere proprie, evitando così i controlli della Chiesa. L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa.
Bisogna cominciare dalla piccole scelte quotidiane. Ognuno è chiamato a fare la sua parte, ad usare i beni per fare scelte solidali, ad avere cura del creato, a misurarsi con la povertà delle famiglie che sicuramente gli vivono accanto. Si tratta di acquisire un habitus, uno stile nel segno della giustizia e della condivisione, facendo la fatica – perché spesso sarebbe più comodo il contrario – di compiere scelte di onestà, sapendo che è semplicemente quanto dovevamo fare (cfr Lc 17,10)”.
Messaggio del santo padre Francesco ai partecipanti al secondo simposio internazionale sul tema: ”Nella fedeltà al carisma ripensare l’economia degli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica”, 25-27 novembre 2016.
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