di p. Luciano Sandrin in Missione Salute
La resilienza è la forza di resistere di fronte a situazioni di profonda sofferenza, la capacità di affrontarle e trasformarle in esperienze che aiutano a crescere. Ne ho già parlato in questa rivista qualche anno fa. Riprendo brevemente questo tema perché è appena uscito un mio libro dal titolo: Resilienza: la forza di camminare controvento.
Come divenire resilienti? È questa la domanda che genitori, insegnanti, educatori e professionisti che lavorano in ambito sociale e sanitario si pongono dopo che ne hanno sentito parlare e ne capiscono l’importanza. La promozione della resilienza non può essere limitata all’offerta di tecniche e strumenti. Si sviluppa in relazione a contesti specifici e situazioni particolari, attraverso le relazioni, e dentro al cammino di vita delle persone. Ci sono azioni che facilitano lo sviluppo di capacità che possono aiutare il processo di resilienza, prima che il problema si faccia sentire e ci sono strategie che lo possono favorire nel momento in cui viene vissuta una particolare situazione traumatica.
Per essere resilienti abbiamo bisogno di relazioni, ma soprattutto di relazioni affettive “calde” che ci aiutino a vivere e crescere bene. Lo ha dimostrato, in modo molto chiaro, Harry Harlow un bel po’ di anni fa. Egli separò alla nascita delle piccole scimmie dalle loro madri e le allevò in una gabbia in cui erano poste una “madre fatta solo di filo metallico”, che poteva dispensare latte attraverso un biberon posto sul petto, e una “madre fatta di tessuto soffice”, che offriva un contatto confortevole. Le scimmiette preferivano rimanere in contatto con la madre fatta di tessuto e si spostavano di tanto in tanto verso l’altra madre, giusto il tempo necessario per succhiare il latte. Nelle situazioni stressanti le scimmiette si rifugiavano di corsa dalla madre di tessuto soffice, per trarne calore e conforto.
Noi non siamo scimmiette. Ma l’esperienza ci dice che anche i nostri bambini cercano calore e tenerezza. E questo vale anche per noi che siamo grandi.
Resilienti si nasce o si diventa? A questa domanda si deve rispondere: “resilienti si nasce e si diventa”. Corredo genetico e ambiente relazionale giocano insieme le loro carte e si influenzano reciprocamente nel formare persone resilienti.
Le relazioni affettivamente calde sono molto importanti. C’è chi parla di resilienza relazionale come un ponte empatico che aiuta a superare avversità, i momenti difficili e i traumi. Tutti noi possiamo trovare modi di rinforzare la nostra capacità di costruire connessioni salutari con gli altri, in famiglia e in comunità, e sviluppare la resilienza relazionale. Particolarmente importante è il tipo di “attaccamento affettivo” che istauriamo fin da bambini con le figure significative del nostro ambiente, in particolare la madre, e che riviviamo con le persone che incontriamo nel corso della vita.
Le esperienze relazionali infantili lasciano il segno nella mente delle persone (in positivo o in negativo), nel loro modo di rapportarsi con coloro che incontrano nel cammino della vita e nel come vengono vissute le varie esperienze di amore, di amicizia, di separazione e di dolore. È sempre possibile un cambiamento positivo attraverso l’incontro con nuove persone, con nuovi sguardi e facendo esperienza di relazioni importanti.
È quello che è successo a Tim Guènard. Egli afferma con franchezza: «Non ho paura di dire che ho vissuto una vita a dir poco bizzarra. Abbandonato da mia madre e picchiato da mio padre, in seguito a tali avvenimenti ho passato tre anni in ospedale, dove sono diventato un bambino “contorto”». Era ritenuto un bambino irrecuperabile, cresciuto con tre grandi sogni: diventare il capo di una banda, scappare da una casa di correzione e vendicarsi ammazzando suo padre. Nel suo libro Più forte dell’odio racconta come ebbe la fortuna di incontrare un prete, padre Thomas Philippe, che gli cambiò la vita, fissandolo con uno sguardo diverso e dicendogli un semplice ma importante «ho fiducia in te». E Tim Guènard è passato, anche nei riguardi di suo padre, dall’odio all’amore. Ha vissuto nuovi attaccamenti che gli hanno dato affetto e fiducia, per costruirsi una nuova vita e una sua famiglia.
La buona riuscita nell’affrontare situazioni particolarmente difficili dipende dalle nostre forze, ma anche dal saper tendere il braccio per chiedere aiuto e trovare qualcuno (e Qualcuno) che prenda la nostra mano.
Quando la nostra fragilità è abitata dalla forza di Dio, possiamo ancora una volta “re-salire” (è il verbo da cui deriva la parola resilienza), alzare lo sguardo e “rimbalzare” da terra, rimettersi in piedi e tornare a camminare, anche controvento. E scoprirci più forti di prima e trasformati.
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