Di p. Felice Ruffini, in Camillianum – Libri di storia e spiritualità camilliana – Vari, N33 ns, 2011, pp. 443-459
Da qualche anno per gli auguri del S. Natale, utilizziamo l’immagine di San Camillo ai piedi della B.V. Maria con il Bambino Gesù tra le braccia, che riportiamo nel testo. È un olio su rame del noto Pittore Carlo Maratta (1625-1713), un ovale di cm 28×21, che ornava l’artistica vetrina che custodisce da secoli più oggetti utilizzati dal nostro santo, cari ad ogni Camilliano quali significative “Reliquie”, collocata nel primo vano del “Cubiculum Sti Camilli”, lo spazio destinato ad “Infermeria” nell’antica casa della curia generalizia camilliana in Roma, che vide il “Santo Transito” del padre Fondatore la sera del 14 luglio 1614.
Qualche buon amico ci ha chiesto quale attinenza ci fosse tra il tema raffigurato e il santo Natale, dato che notoriamente illustri ed esperti storiografici dell’Ordine hanno classificato questo dipinto col titolo «Mater Misericordiae – Camillo affida a Lei se stesso e il suo Ordine». Un interrogativo imbarazzante perché di come p. Camillo vivesse il santo Natale non risulta alcun accenno in tutta la letteratura a Lui dedicata, e neanche nl vasto patrimonio delle testimonianze resi ai Processi Canonici.
Eppure c’è questo piccolo prezioso ovale che, purtroppo, in una notte degli anni ’70 del secolo scorso fu trafugato da ignoti…. “amanti dell’arte”, – lasciandoci per nostra fortuna una buona riproduzione fotografica fatta precedentemente -, che richiama in modo inequivocabile il momento della “Capanna di Betlemme”. Una rapida carrellata delle Opere di questo Autore, che abbiamo effettuato di proposito, rivela che questo tema è ricorrente nella sua produzione artistica.
Pennellate che parlano
Per una dovuta informazione di quanti non conoscono la storia camilliana, diciamo che siamo nella casa annessa alla Chiesa di S. Maria Maddalena in Roma, dai primi del dicembre 1586 sede della Curia Generalizia dell’ordine Religioso fondata da San Camillo.
Lo “spazio infermeria” fu quasi subito circoscritto e trasformato in “luogo di sacra memoria”, ed anche se nei secoli è stato sottoposto a necessari lavori di ristrutturazione, si coglie ancora la forte emozione di quanti gli furono accanto fino all’ultimo momento. Ed è questo “primo” comunitario sentire del Padre Fondatore che ci interessa esplorare, e di come in questo “spazio” si esternò per consegnarlo alla storia.
Lo storico camilliano p. Cosma Lenzo, nella sua opera “Annales” edita nel 1641, ce ne dà una dettagliata descrizione, che riportiamo integralmente in “Appendice”, proponendo qui un eloquente passaggio: «Inoltre, all’inizio dell’incurvatura dell’abside, che viene appunto a trovarsi immediatamente sopra l’altare, è dipinta la Santissima Trinità; e là puoi vedere inginocchiata la Beatissima Vergine che, davanti al Figlio, apre le mani nel gesto di offrire il padre Camillo e il nostro Ordine».
La scena è prettamente da “Capanna di Betlemme”…. ed anche se non espressamente voluto, è un “messaggio” consegnato alla storia scoprendo che fu «La mano esperta di un nostro sacerdote religioso professo, di nome Francesco Meloni, napoletano, (che) ornò mirabilmente quell’oratorio, diviso in vari settori, con dipinti “a olio”, come si dice, espressi con nobile creatività».
Cosi rimase il “Cubiculum” fino al 1732 quando fu ristrutturata, anzi ricostruita, tutta la Casa Generalizia.
Stando alle date degli eventi descritti, il dipinto del Maratta è stato eseguito prima della ristrutturazione del “Cubiculum”, ed è lecito quindi dedurre che il tema riprodotto si sia ispirato alla raffigurazione del camilliano p. Meloni. Non si conosce il committente, ma possiamo ritenere che esso fu richiesto da qualche religioso della curia generalizia o da qualche devoto.
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