Maternità spirituale
Un altro aspetto, che indubbiamente, non possiamo tralasciare in Maria Aristea è la sua “maternità spirituale”. Come il p. Verrinot, anche il Pp. Bini intravide nell’anima di Aristea alcune doti eccezionali, come per esempio una spiccata capacità di discernimento. Con l’aggregazione ufficiale all’Ordine di San Camillo, inizio a seguire e soprattutto a sostenere quelle anime che il Signore aveva chiamato ad una speciale consacrazione. Maria Aristea non avevo goduto del dono di una maternità umana, fisica, ma del resto il Signore centuplicò e fecondò la sua maternità con il dono di tanti figli e figlie spirituali. Sono proprio questi figli nello spirito che ci hanno lasciato una ponderosa documentazione sulla vita e le virtù della Serva di Dio, documentazione che ha reso possibile l’apertura del processo di beatificazione. La vocazione ad essere madre spirituale per i sacerdoti è troppo poco conosciuta, scarsamente compresa e perciò poco vissuta, nonostante la sua vitale e fondamentale importanza. Questa vocazione è spesso nascosta, invisibile all’occhio umano, ma volta a trasmettere vita spirituale. Si è più portati ad accettare la paternità spirituale, ovvero quella esercitata da tante anime sacerdotali che accompagnano con amore e zelo il popolo santo di Dio.
Bini da una parte e Maria Aristea dall’altra divennero in poco tempo padre e madre spirituali di tante anime, religiose e anche laiche. In Maria Aristea si è rinnovato quanto nella storia della Chiesa, seguendo l’esempio della Madre di Dio, si è manifestato sempre in quelle donne che hanno accompagnato e a sostenuto, con la preghiera e il sacrificio, il cammino degli apostoli e dei sacerdoti nella loro attività missionaria. Nella ministero della Serva di Dio, tra i figli spirituali avevano un posto privilegiato i sacerdoti e i seminaristi e quanti si rivolgono a lei chiedendo sostegno per la loro vita e il loro ministero sacerdotale, nelle prove o disperazioni del cammino. La vita di Aristea volle essere una “testimonianza della fecondità apostolica della vita contemplativa, ad imitazione di Maria Santissima, che nel mistero della Chiesa si presenta in modo eminente e singolare come vergine e madre” (cfr LG 63). Nell’udienza generale del 24 novembre 2010, papa Benedetto XVI, analizzando la figura di santa Caterina da Siena, sottolineava che «anche oggi la Chiesa riceve grande beneficio dall’esercizio della maternità spirituale di tante donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime il pensiero di Dio, rafforzando la fede della gente e orientano la vita cristiana verso vette sempre più elevate».
Due punti ci sembrano interessanti: rafforzare la fede, e orientare la vita cristiana. Essi colgono pienamente la vocazione di Aristea. Gli esempi commoventi di sante madri per i sacerdoti come santa Monica, madre di Sant’Agostino, e moltissime altre ancoraci incoraggino a credere in modo più vivo alla potenza della non visibile ma realissima maternità spirituale, a credere che preghiere e sacrifici nascosti, fatti per amore e spirito soprannaturale, producono effetti potenti e sperimentabili per i sacerdoti. I frutti prodotti dalla preghiere e dall’amore materno di Aristea. A onor del vero urge dire che qualcuno, isolato caso, fu contrario a questa pedagogia argomentando che non era conveniente che una donna si occupasse di giovani seminaristi. Dio, però, che sempre scrive dritto sulle nostre righe storte, fece si che la sua divenisse quasi un’autorità spirituale, un’autorità che le permetteva di offrire alle persone accompagnate degli elementi utili per un autentico cammino di fede. Maria Aristea aiutava a mettere in opera, sotto l’azione dello Spirito Santo, quelle facoltà spirituali e umane favorendo così nel cuore dei più un’adesione a quel Gesù che già ci conosce e ci attende.
Esempio di carità
La Chiesa diventa più santa lungo le strade fangose del mondo, per questo la povertà è un “segno dei tempi” ed è una sfida per la credibilità della fede cristiana, essa manifesta, anche oggi, che Dio “è” opzione per i poveri. L’incarnazione del Verbo è il mistero più grande: anche oggi Dio si incarna negli oppressi, nei curvati, nei miseri, in coloro che sentono la fatica della vita; Dio compie questa incarnazione nella vita dei suoi santi. La vicenda terrena e il carisma di Maria Aristea si allineano a quelli dei grandi santi della Chiesa, si avvicinano alle grandi personalità, a quegli eroi della carità quotidiana come Camillo de Lellis, Madre Teresa, Vincenzo de Paoli e altri. L’unione che viveva con Dio, si espletava in un’accoglienza verso tutti, poveri, infermi e bisognosi. Ultimi di ogni fascia sociale.
La Serva di Dio non regolò mai il suo atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. Era nata povera, e aveva conosciuto quanto male facesse l’indifferenza degli uomini. Aveva ben compreso che Dio ama i poveri, e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. Quando andava a visitarli, o essi venivano a trovarla, cercava di capirli per compatire con loro, e di mettersi nella disposizione interiore di chi sapeva farsi tutto a tutti (1Cor 9, 22). Divenne sensibile alle sofferenze e alle miserie del prossimo. La Serva di Dio più volte si recava, infatti, alla settimana al Sanatorio Umberto I, nei pressi dell’ospedale San Giovanni, dov’erano ricoverati molti ricoverati di tubercolosi, tra cui molti bambini. Visitava diversi ammalati nelle loro stesse case, consolandoli spiritualmente e aiutandoli materialmente qualora le possibilità glielo consentivano. Divenne così, in poco, tempo un punto di riferimento per persone di ogni estrazione sociale e di ogni età, che si rivolgevano a lei per un consiglio, per una parola buona, per alcune preghiere e soprattutto per conforto. Anche il Presidente della Repubblica Italiana, Antonio Segni, con la sua famiglia, invitava spesso Maria Aristea al Quirinale. Il camilliano Padre Giacomo Meschini, che ebbe con la Serva di Dio, un legame intenso e profondo, affermò che l’amore verso il prossimo fu, da parte di Maria Aristea, totale e incondizionato. Ogni uomo era per la Serva di Dio il prossimo, familiari, persone amiche o meno, inferme o sane, buone o cattive, credenti o increduli. La sua carità, è stato detto «era animata da motivi soprannaturali […], in quanto non faceva distinzione di persone», poiché tutto ciò che compiva era corroborato da una fede e da una convinzione profonda che le faceva vedere nei tratti del prossimo il volto del suo Gesù. Aveva appuntato in una pagina del suo quadernetto spirituale: «Io fui veramente per bontà di Dio come il canale di tanto e tanto bene».
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