MISSIONARIE E MISSIONARI ITALIANI IN AFRICA ORIENTALE
Ci siamo incontrati a Nairobi dal 15 al 19 maggio 2017. Eravamo una settantina. L’incontro era aperto alle missionarie e ai missionari italiani che operano nell’Africa orientale, ma oltre ai keniani è venuto solo qualcuno dalla Tanzania e dallo Zambia. I rappresentanti della Conferenza Episcopale Italiana, Don Michele Autuoro e del Centro Unitario per la cooperazione Missionaria, Don Felice Tenero, che hanno organizzato l’incontro, hanno asserito che i missionari italiani che lavorano in Africa orientale sono molti di più di quelli convenuti all’incontro, ma purtroppo l’elenco/indirizzario a loro disposizione è incompleto e ha bisogno di essere aggiornato.
Gettando uno sguardo a volo d’uccello sull’assemblea riunita presso la Casa delle Suore Dimesse di Karen (Nairobi) balzavano all’occhio tante teste brizzolate e tanti (la maggior parte) veli di suore. Però non sono mancati i giovani, rappresentati soprattutto dai missionari Fidei donum, cioè sacerdoti e laici inviati in Africa direttamente dalle diocesi italiane. Sono stati proprio questi, i Fidei donum, che hanno caratterizzato l’Incontro.
La ricchezza del volontariato
C’erano sacerdoti che provenivano dalle zone interne della Tanzania e giovani preti italiani che giungevano – per fare un esempio – dalla diocesi di Padova e di Milano e lavorano in Kenya in zone lontane dalla capitale. C’erano diverse volontarie che prestano il loro servizio missionario in uno dei tre paesi nominati sopra. Mi ha colpito l’esperienza di Patrizia Manzone (diocesi di Alba) che ha preso parte all’Incontro con la sua famiglia al completo: marito africano e due bimbi ancora piccoli. Lavora da 9 anni nella diocesi keniana di Marsabit come insegnante di religione e incaricata della pastorale giovanile.
Che cosa ci siamo detti e che cosa abbiamo ascoltato nei cinque giorni in cui siamo stati ospiti delle Suore Dimesse (di origine padovana) a Nairobi? Innanzitutto direi che l’Incontro è stato una grande occasione di scambio a livello umano. Non capita di frequente di incontrarsi con così tanti “colleghi” in una sola volta, colleghi che svolgono sì lo stesso lavoro, ma in ambienti e luoghi assai differenti. Io, per esempio, ho la “fortuna” di operare in città (nella periferia di Nairobi), ma certi missionari tanzaniani mi parlavano della difficoltà – durante la stagione delle piogge – di raggiungere la città alla quale fanno riferimento.
Tre sfide
Tre sono state le tematiche principali presentate da teologi e giornalisti. Tali tematiche sono poi state oggetto di discussione tra noi nei lavori di gruppo: la sfida dell’inculturazione, la sfida della globalizzazione ed infine la sfida per una conversione pastorale e missionaria.
Il tema dell’inculturazione è stato presentato dal teologo tanzaniano Dr. Laurenti Magesa, il quale ha affermato che non sono solo i missionari italiani che devono continuamente approfondire questo tema, ma anche i sacerdoti locali che faticano a trovare cammini di incontro fra culture tradizionalmente africane e le richieste del mondo moderno nella radicalità del messaggio evangelico. Talvolta capita di incontrare qualche prete africano che nelle sue celebrazioni liturgiche è più “romano” dei missionari italiani. Spetta ora ai cristiani africani, assieme al loro clero, ricercare le forme più consone per delineare ed esprimere il messaggio del vangelo portato nei secoli scorsi dagli occidentali.
Don Giuliano Albanese, parlando sotto il profilo economico-finanziario, ha spiegato le conseguenze negative che la globalizzazione ha portato in Africa: svendita delle terre e beni minerali, mercato delle armi, strapotenza delle banche, distruzione dell’ambiente. Che fare in un mondo così aggressivo? In che modo possono i missionari aiutare la gente comune così smarrita e impotente di fronte a tali processi distruttivi che impoveriscono sempre di più coloro che già sono poveri? Suggerimento: educare la gente al buon uso del denaro con una corretta gestione dell’economia familiare, creando cooperative di micro credito e cammini formativi basati sullo spirito di solidarietà del vangelo.
Monsignor Giuseppe Satriano, vescovo di Rossano-Cariati, già missionario Fidei donum in Kenya, ci ha messo in contatto con la Chiesa italiana e con Papa Francesco commentando l’Evangelii gaudium. Più che arrivare in Africa con i soldi e piani di costruzione – ha asserito – è bene stare tra la gente e impregnarsi dell’odore delle pecore.
Passare dal timone ai remi
E’ giunto il tempo che noi missionari passiamo dal timone della barca ai remi. Certo, viene spontanea la domanda: che ne sarà di quanto abbiamo realizzato? Come rendere autonome e sostenibili le strutture esistenti? Come educare i locali a condurre ed amministrare tali opere? Che tipo di formazione dare ai preti e religiosi locali?
Per quanto riguarda i Camilliani, dopo la partenza di Fratel Albano l’anno scorso e di Padre Avi nel mese di maggio, i missionari presenti nell’Africa orientale sono ridotti a tre: due in Kenya e uno in Tanzania. E’ già cominciato il tempo della missione alla rovescia e cioè ora sono gli Africani, che noi abbiamo aiutato a crescere, che attraversano l’oceano e vengono ad aiutare il vecchio mondo occidentale che ha bisogno di una nuova evangelizzazione. Cicli e ricicli: nulla di nuovo sotto il sole!
Paolo Guarise
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