Al centro del messaggio di Gesù sta il messaggio di Dio come Abba, Padre. Vorrei ricordare la bellissima parabola di Gesù del figliol prodigo, che piuttosto dovrebbe essere chiamata parabola del padre misericordioso (cf. Lc15,11-32). È commovente: il padre aspetta il figlio e gli va incontro, ci abbraccia e restituisce al suo figlio prodigo tutti i suoi diritti di figlio. Dio particolarmente ci è venuto incontro con la missione del suo unico Figlio, che si è abbassato ed è divenuto uomo fino alla morte sulla croce (cf Fil 2,5 – 11). Il crocifisso è l’immagine concreta della misericordia di Dio. Si può ricordare anche la parabola del buon samaritano, che è diventata proverbiale anche al di fuori del campo cristiano ed ecclesiale (cf. Lc 10,25-37). Questa parabola dimostra un’inversione e una conversione della prospettiva, un vero cambiamento del paradigma. Alla domanda: “Chi è il mio prossimo?”, Gesù non risponde con una deduzione da alti principi, ma immagina la situazione di un uomo che soffre e che non può più essere d’aiuto a se stesso, un uomo che io trovo e incontro in mezzo alla strada.
Quest’uomo sofferente è l’interpretazione della volontà concreta di Dio per me. Interpretando in modo concreto la volontà di Dio, sarebbe sbagliato intendere il messaggio della parabola nel senso di un umanesimo universale. La parabola illustra il comportamento di Gesù che, da parte sua, è manifestazione del comportamento di Dio e che poté dire di sé: “Io sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29).
Alla fine Gesù ha sacrificato la sua vita “per riscattare molti”, cioè per ognuno di noi e per tutti noi (cf. Mc 10,45: 1Tm 2,4). Questa morte vicaria di Cristo, che commemoriamo e che si rende presente ogni volta nella celebrazione eucaristica, non ha solo il significato di solidarietà con noi, non è solo una realtà morale. Infatti, non esiste solo il bisogno sociale e morale. Più profondo è il bisogno metafisico: il destino della morte, che pone nella sua profondità la domanda sul significato della nostra vita. Tramite il peccato abbiamo guadagnato la morte (cf Gen 2,17; Rm 5,12). Dala morte non possiamo liberarci da noi stessi. Noi siamo preda della morte, la morte è il nostro destino. Solo Dio, che è il Signore della vita e della morte, può venire in nostro aiuto e liberarci. In Gesù Dio stesso per la sua misericordia è venuto al nostro posto. In quanto era Dio, la morte non prevalsa su di lui. Cosi, per mezzo della sua morte ha distrutto la morte e la vita ha vinto. Gesù cristo ha sacrificato la sua vita affinché noi possiamo vivere.
La giustificazione del peccatore – il grande tema di Lutero e della riforma, oggi spesso poco inteso – significa questo: normalmente il colpevole deve essere condannato a morte, però noi, grazie alla misericordia di Dio, siamo condannati alla vita. Siamo assolti, liberati dalla morte e chiamati alla libertà cristiana. (cf Gal 5,1). Così il messaggio della misericordia tocca il centro della teologia e della soteriologia e, possiamo anche dire, tocca il centro della nostra esistenza umana e cristiana. In nessuna situazione umana, neppure nella situazione della nostra morte, possiamo cadere più in profondità quanto nelle mani di Dio misericordioso. La Lettera agli Efesini riassume tutto ciò nelle parole: “Dio è pieno di misericordia” (Ef 2,4).
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