IL CARISMA DI SAN CAMILLO: UN DONO PREZIOSO IN FRAGILI MANI
Introduzione alla tre-giorni di spiritualità
Comunità S. Maria Maddalena, Aula Capitolare, 18-20 marzo 2014
Un fraterno saluto a tutti voi che siete giunti numerosi a questo appuntamento di riflessione e preghiera.
E’ un piacere e un privilegio essere riuniti in questa sala – sala capitolare, ora trasformata in Museo – che è stata la sede della prima comunità camilliana; in questo piano si trovavano le camere dei religiosi; qui sotto dove c’è attualmente la sacristia c’era il refettorio della comunità, mentre alle mie spalle c’era l’infermeria – ora chiamata cubicolo – dove S. Camillo ha passato da infermo gli ultimi 3 mesi della sua vita, per poi morire il 14 luglio 1614.
L’ambiente in cui una persona vive è importante in quanto dispone – o indispone – a vivere in un certo modo, cioè aiuta a preparare la disposizione interiore di un individuo, creando un humus adatto, positivo e creativo. Ebbene, che cosa di più di questo luogo e di queste reliquie (per noi Camilliani più che oggetti o cimeli, queste cose appartenenti a Camillo rappresentano proprio delle reliquie, letteralmente: cose lasciate, rimaste dall’uso che ne ha fatto S. Camillo) dicevamo: che cosa di più di queste reliquie può richiamare il ricordo di S. Camillo, il nostro Santo Fondatore e sollecitarne l’imitazione?
In questo senso custodiamo qui gelosamente il Crocifisso che gli ha parlato e per lui ha staccato le braccia come per abbracciarlo; conserviamo il cuore stesso di Camillo che ha pulsato vigorosamente per oltre 60 anni sprigionando energia di amore per i malati; conserviamo il suo abito – consunto e coperto di macchie causate dai “trofei” che portava alla cintola – conserviamo le bende inzuppate del sangue della sua piaga (una piaga che ha spurgato per oltre quarant’anni, senza mai chiudersi!!) e potremmo andare avanti così per ogni oggetto che vediamo in questi tre locali che formano il Museo. Muovendoci tra queste preziose reliquie ci sembra di vedere Camillo, anche fisicamente, che dopo 400 anni passa tra noi, abbozza un sorriso, ci batte la mano sulla spalla come un vecchio amico che ci conosce e ci incoraggia. Mi pare di sentirlo sussurrare all’orecchio di ciascuno di noi: avanti, figlio mio, il Signor ti ha chiamato a lavorare nella sua vigna, che è anche la mia vigna, una vigna che ho coltivato per tanti anni e che ho consegnato a te, perché tu ne continui il lavoro.
Per poter dire di vivere appieno l’Anno Giubilare che stiamo celebrando sono convinto che sia indispensabile recuperare in profondità il nostro rapporto personale con Dio, la nostra vocazione – la nostra chiamata – e poi il nostro rapporto di figliolanza con il Fondatore. Quello che ritengo importante e che auguro a ciascuno di noi in questi tre giorni di spiritualità qui a Roma, presso la Casa-madre, è di riscoprire – per poi respirare a pieni polmoni – la spiritualità camilliana, facendola nostra. Sono passati 400 anni dalla morte di S. Camillo, ma la sua intuizione, vale a dire il suo carisma, il dono che egli ha ricevuto da Dio è più che mai valido e necessario per il mondo di oggi. Esso si presenta a noi come una sfida, per essere rivissuto e applicato nel contesto attuale di questa nostra società e questa nostra Chiesa, che non si diversificano poi così tanto da quelle dei tempi di Camillo (la società del Rinascimento, la Chiesa della Controriforma).
L’uomo sofferente, le sacche di povertà – materiale e spirituale – il binomio salute-malattia rimangono sostanzialmente lo stesso campo di lavoro dei tempi di Camillo, visto che la “materia prima” con la quale dobbiamo confrontarci è la stessa: è la persona umana con le sue vicissitudini, con le sue sorprese. I pilastri, ovverosia i canoni etici su cui dobbiamo costruire la società dell’amore e della misericordia sono sempre gli stessi, perché non cambiano con il trascorrere dei secoli. Con tutta probabilità questi pilastri hanno bisogno di un restauro che non sia solo esteriore o decorativo, ma profondo e restitutivo Quattrocento anni non sono pochi ed è naturale che un monumento possa essere intaccato dalle ingiurie del tempo e della storia. Quando parlo delle ingiurie del tempo e della storia, mi riferisco principalmente all’incuria di cui è artefice ciascuno di noi attraverso la sua indifferenza, individualismo e pigrizia di fronte alle urgenze delle malattie e delle povertà.
Ringrazio coloro che con il loro impegno, con l’aggiunta della loro tessera contribuiscono a restituire al mosaico camilliano lo smalto di quello che è sempre stato, indipendentemente dalle ingiurie del tempo e della storia. Ringrazio l’organizzatore della tre–giorni Fr. Carlo e lo staff del Comitato IV Centenario. Ringrazio anticipatamente i relatori e i moderatori che via via si succederanno in questi tre giorni di lavoro. Facciamo in modo che i 400 anni che celebriamo ci restituiscano la bellezza originaria del mosaico camilliano, così da avvicinarci di più e meglio ai nostri fratelli e sorelle in necessità, con quell’amore di madre di cui Camillo ci è stato maestro. Questo sarà possibile attraverso la riscoperta del nostro personale rapporto con il Signore che ci ha scelto per questa particolare vocazione alla carità e alla misericordia, che si attua attraverso la vita comunitaria, attraverso la crescita continua operata dal processo formativo e attraverso l’attuazione del carisma: tutti aspetti che verranno affrontati e approfonditi nei tre giorni che seguono.
Buon lavoro!
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