Fratelli d’Ebola! La situazione della Sierra Leone: p.Aris racconta

P.Aris Miranda

P.Aris Miranda

Aris Miranda, Consultore Generale per il ministero e Coordinatore centrale della Camillian Task Force (CTF), è appena rientrato da Makeni in Sierra Leone, dove ha vissuto una serie di incontri con esponenti del mondo ecclesiale, civile e sanitario locale, ma soprattutto si è confrontato con la drammaticità determinata dall’emergenza del virus Ebola.

Ce ne offre uno spaccato dai toni molto personali e coinvolgenti. Lo condivide con noi, perché anche in noi e nel contesto in cui viviamo rimanga alta la “tensione” e la sensibilità verso questa urgenza umanitaria.

Condividiamo la sua testimonianza nella forma di un “diario di bordo”, in tre momenti, in tre giorni: le informazioni di base, l’impatto dell’epidemia, il piano iniziale della CTF. Alcune delle foto che corredano il report sono il frutto del servizio che Anita Ennis, vice presidente della Famiglia Camilliana Laica, sta svolgendo sempre in loco.

 

Makeni (Sierra Leone), 19 -26 ottobre 2014

La CTF ha condotto una valutazione rapid adella diocesi di Makeni, in particolare, nel distretto di Bombali.

Analizzato il caso si è iniziato a pensare e a progettare l’intervento inziale e per le successive sei settimane, tutto questo grazie anche all’aiuto della signora Anita Ennis, vice presidente della Famiglia Camilliana Laica, di membri della Task Force Diocesana, del personale sanitario distrettuale, di squadre di sorveglianza e delle famiglie in quarantena e alla raccolta delle testimonianze di alcuni sopravvissuti.

Informazioni – Contesto di base

Il 5 maggio 2014, il virus misterioso di Ebola è comparso in Sierra Leone: la sua prima manifestazione è stata rilevata su di una giovane donna incinta ricoverata presso l’ospedale governativo di Kenema e rilevato a seguito di un aborto spontaneo. La donna aveva mostrato alcuni sintomi che successivamente sono stati confermati come infezione da ebola. Si è cercato di capire la fonte dell’infezione: la donna raccontò di un evento precedente accaduto durante la cerimonia funebre e la sepoltura di un noto santone “guaritore”, vissuto al confine con la Guinea Conakry, a cui aveva partecipato insieme ad altre centinaia di persone accorse da altri villaggi vicini per onorare la memoria del defunto.

Un’indagine successiva ha rilevato che la partecipazione a questo evento funebre potrebbe essere collegato ad un massimo di 365 morti da Ebola.

Distribuzione di cibo per le famiglie in quarantena

Distribuzione di cibo per le famiglie in quarantena

Il 29 luglio, il responsabile di zona per il “Lassa Fever Programme”, il dr. Sheik Humarr Kahn, virologo ed esperto di fama mondiale sulla febbri emorragiche virali, è morto di Ebola, all’età di soli 39 anni (cfr. dati dell’Organizzazione Mondiale della Salute OMS 23 settembre 2014). Da allora, i casi confermati sono saliti a 3.715 soprattutto nei principali distretti di Kailahun (551), Bombali (529), Port Loko (514), Kenema (481), Tonkolili (193), Bo (174) più altri 6 distretti.

Il totale dei morti accertati è salito a 1.049 (28 ottobre). Al momento, ci sono solo 346 posti letto disponibili su 2.050 necessari. La situazione continua a peggiorare, con un forte aumento del numero di nuovi casi di contagio. Cinque dei 15 distretti della Sierra Leone sono isolati. Su un totale di sei milioni di abitanti, più di un terzo soffre di grosse restrizioni al suo movimento (meno movimento, meno contagio).

Di chi è la colpa di questa rapida escalation di infezione in Sierra Leone? Per alcuni è ancora un mistero. Sono state elaborate diverse tipologie di spiegazioni: dalla prospettiva della superstizione alla risposta scientifica, dalla cultura alla politica.

Uno dei principali veicoli di infezione è legato alle tradizionali pratiche di sepoltura dei morti: per esempio, il lavaggio del cadavere e il tocco del corpo. I riti funebri sono un evento molto importante per gli abitanti della Sierra Leone. Infatti, l’appartenenza ad una particolare etnia è primariamente segnalata dall’avere una morte e un funerale di maggiore dignità. Molti di coloro che hanno partecipato a questi riti funebri sono stati contagiati. Recentemente, il governo ha dichiarato che tutte le sepolture – a prescindere dalla causa della morte – saranno gestite da un team specifico, che si occupa dell’infezione di Ebola.

Un’altra condizione che accelera la diffusione della malattia è la situazione determinata da un ambiente familiare allargato, dove in una casa ci sono 20 o più persone che condividono pochi spazi ristretti. La struttura di famiglia allargata è una consuetudine in Sierra Leone tra tutte le tribù. In ogni casa, una media di 17 persone condividono insieme lo stesso ambiente. Questa pratica è tipica soprattutto delle famiglie molto prestigiose ed è legata al rispetto e al livello di autorità all’interno del villaggio: più grande è il numero dei componenti all’interno di una casa, maggiore è il rispetto, il potere e la sicurezza che condividono all’interno del villaggio.

Un altro fattore è la violenta negazione della realtà di Ebola: molti contagiati non ammettono e non denunciano l’infezione da Ebola, per paura di essere messi in quarantena per 21 o più giorni, o per timore di essere portati in un centro con forti restrizioni per una settimana o ammessi in una struttura di trattamento fino alla completa guarigione o alla morte.

Per esempio, una segretaria in una delle scuole cattoliche in Lunsar ha perso quattro membri della sua famiglia in tre giorni, ma si è opposta alla quarantena perché era convinta che i suoi congiunti fossero deceduti per un’altra malattia diversa da Ebola. Accade spesso che uomini e donne abbiano paura di denunciare sintomi di altre febbri virali per paura di essere identificati come malati di Ebola. In questo caso, la paura sostituisce e controlla gli atteggiamenti delle persone. Alcuni credevano che nei villaggi dove le morti di massa sono state registrate in una settimana, un angelo della morte (stregoneria) aleggiasse intorno

Famiglia in quarantena sorvegliata dai militari

Famiglia in quarantena sorvegliata dai militari

ai villaggi uccidendo quelle persone.

Tra i principali responsabili della situazione attuale, c’è sicuramente il sistema sanitario debole e la sua governance. La Sierra Leone è ancora tra i paesi più degradati al mondo in termini di welfare, di offerta di condizioni dignitose di salute, di prevenzione e di cura, dove il livello di mortalità infantile e materna rimane tra i più alti al mondo. L’aspettativa media di vita è di 57 anni. Una donna su otto rischia di morire durante la gravidanza o il parto. La popolazione soffre di focolai epidemici di malattie endemiche come il colera, la febbre di Lassa e la meningite. La Sierra Leone non doveva essere colta di sorpresa della pandemia di Ebola e dal suo impatto atroce sulla gente, visto che la Guinea Conakry, paese confinante, era già stata colpita previamente dall’infezione. L’allarme è aumentato, ed è stato semplicemente ignorato.

A Bombali (obiettivo primario della valutazione), il terzo distretto con un elevato numero di casi confermati (497), le vittime devono lottare fra di loro per assicurarsi un posto letto all’interno dei Centri di Trattamento per Ebola (Ebola Treatment Centers). Questo distretto ha solo tre centri di raccolta e di isolamento (Holding Centers) con un totale di 50 posti letto, che non può ospitare tutti i casi sospetti segnalati durante la giornata. Nei villaggi, circa 130 famiglie (1.661 individui) sono messe in quarantena per 21 giorni o più a causa di un caso sospetto tra i membri della famiglia. A partire dal 21 ottobre i casi sospetti non erano facilmente gestibili soprattutto nei villaggi più lontani e per questo motivo sono stati inseriti immediatamente nei centri di isolamento perché l’equipe medica è sopra-occupata dai casi giornalieri di contagio. Quando un caso sospetto (sintomatico) non è isolato, lui/lei può facilmente contaminare il resto dei membri della famiglia a causa delle loro stesse condizioni di vita, in un contesto di famiglia molto numerosi che condividono spazi molto ristretti.

Continua ….

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