Missione salute Marzo-Aprile anno XXX N.2
di p. Leocir Pessini
È la possibilità di non obbedire a una legge umana che contrasti con la legge di Dio, ossia il rifiuto di comportanti rifiuto di comportamenti in contrasto con la propria morale. È soggettiva e dipende dall’educazione ricevuta da una persona, dal suo credo religioso e dalle convinzioni.
L’espressione “obiezione di coscienza” è stata usata, in origine, dagli scrittori cristiani del IV secolo d.C., per indicare i credenti che si rifiutavano di adorare l’imperatore romano come divinità.
In tempi più recenti, l’espressione ricompare tra gli Inglesi (conoscientious objection) per indicare l’opposizione molto popolare nelle chiese della Riforma protestante. Questo è il primo significato al quale fanno riferimento i vocabolari e i dizionari enciclopedici di lingua inglese.
Una prospettiva più ampia estende il concetto di “obiezione di coscienza”, tra le altre questioni, alla pena di morte, all’aborto, all’eutanasia, alla decimazione di specie animali e al danno ambientale.
La voce di Dio
La tradizione biblica e patristica da sempre interpreta la coscienza come “voce di Dio”. normalmente il Magistero della chiesa la interpreta in questo modo. L’enciclica Veritatis splendor (San Giovanni Paolo II, 6 agosto 1993) al n. 58 afferma:«Non si apprezzerà mai adeguatamente l’importanza di questo intimo dialogo dell’uomo con se stesso. Ma, in realtà, questo è il dialogo dell’uomo con Dio, autore della legge, primo modello e fine ultimo dell’uomo (…)». Da questa concezione di coscienza morale deriva l’espressione “obiezione di coscienza” come possibilità di non obbedire a una legge umana che contrasti con la legge di Dio. negli Atti degli Apostoli abbiamo begli esempi di obiezione di coscienza quando Pietro egli Apostoli davanti al Sinedrio affermano: «Bisgona obbedire prima a Dio che agli uomini». (At 5,29).
Un’altra accezione del concetto di “obiezione di coscienza” si ritrova nell’ambito del diritto e della filosofia del diritto contemporanei, che la considerano come una sorta di “disobbedienza” al diritto. Si disubbidisce a una legge sulla base di un principio etico o religioso oppure per una motivazione di tipo politico (disobbedienza civile).
L’obiezione di coscienza acquista oggi una particolare rilevanza di fronte a leggi considerate ingiuste. È il caso in cui la legge civile impone un’azione considerata mortalmente scorretta, perché opposta a quello che la coscienza di una persona considera come moralmente corretto in termine di verità etica.
A partire dalla “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” del 1948, la libertà di coscienza personale ha avuto un peso crescente e un crescente riconoscimento pubblico. Libertà di coscienza unita alla libertà di pensiero e di religione, sono i tre diritti umani fondamentali che nessuna legislazione di qualsiasi Stato può negare.
Per una cultura della vita
Viviamo in un contesto sempre più pluralista. Conviviamo sempre più frequentemente con “morali insolite”. In questa realtà, dobbiamo spesso convivere con leggi che nella loro assenza negano i valori evangelici di promozione e difesa della vita. Per esempio, un professionista, ricercatore o scienziato cristiano, può dire no all’aborto, all’eutanasia, alla ricerca sugli embrioni umani o alla loro distruzione, anche nel caso in cui la legge civile permetta queste pratiche, avvalendosi del diritto fondamentale di “obiezione di coscienza”.
Nel nostro contesto sociale, sempre più secolarizzato e “liberale” nei confronti delle scienze tecnologiche e pluralista nell’ambito dei valori umani e religiosi, possiamo riferci al papa (12.04.2016) sulla «persecuzione che toglie all’uomo la libertà, anche dell’obiezione di coscienza».
Per promuovere un’autentica cultura della vita dobbiamo «assicurarci che l’obiezione di coscienza sia inserita nelle legislazioni e curare che sia rispettata da parte delle autorità pubbliche» (n.469).
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