di p.Fellice Ruffini
L’eredità spirituale
La straordinaria ondata di emozione affettiva e religiosa che accompagnò la sua fine, resa ancora più drammatica dalle terribili sofferenze provocate dal male, lo si deve ascrivere alla verità “che nella sofferenza (si) diventa un uomo completamente nuovo… (e) Allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l’uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l’interiore maturità e grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali”.
Salvo casi sporadici di incomprensione, tutti avvertirono che in quell’anima Dio aveva provocato delle straordinarie risposte, e il cammino era stato veloce verso la Santa Montagna. Una Religiosa sua coetanea e amica d’infanzia, ha scritto che all’annunzio della morte sentì risuonare nel suo cuore le parole della Sapienza, “Giunto in breve alla perfezione ha compiuto una lunga carriera. La sua anima fu gradita a Dio, perciò Egli lo tolse in fretta da un ambiente malvagio” (4, 13-14a).
Un finale di vita così, non può essere improvvisato. Viene da lontano, e il tempo della morte ne è solo l’occasione della rivelazione del lavoro interiore svolto. Ed egli lo ha costruito fondamentalmente sulla Croce e la Passione del Signore Gesù, con lo sguardo sempre rivolto alla Gloria della Risurrezione. Ne fanno fede i suoi “Scritti”e chi lo ha frequentato.
dai suoi Scritti
La chiave rivelatrice di lettura del suo cammino, appare quasi subito all’inizio della sua nuova vita nel Seminario minore, quando ascoltando una meditazione sull’amore di Dio Padre per l’Uomo, durante l’annuale corso di Esercizi Spirituali, scrive: “Diremmo che non gli è interessato niente del suo Figlio unigenito pur di salvarci. Gesù è morto per noi e il suo sangue, fino all’ultima stilla, ha lavato la nostra anima. Quanto bene ci ha voluto Gesù!”.
E qualche mese più tardi, al termine del Ritiro mensile, così sottolinea la meditazione dettata: “Gesù è venuto in terra per dare gloria al Padre che l’aveva mandato, e per venire quaggiù “exinanivit se” si è esinanito, annientato. L’Incarnazione, la Crocifissione, l’Eucaristia, sono atti di annientamento per nostro amore e gloria del Padre. Col venire sulla terra Gesù ci ha dato l’esempio dell’annientamento; sta a noi ora seguirlo per dare al Cuore Santissimo la Gloria dovuta per controbilanciare il suo amore.”
…Cristo Crocifisso il suo modello
Il Cristo Crocifisso entra nella sua vita, e diventa il suo libro quotidiano. La vita religiosa iniziata col Noviziato nel Vespro del 6 ottobre 1960, è una buona palestra dello spirito che lo porta alla convinzione che è necessario il controllo della facoltà umana essenziale all’ascesa, la volontà. Per un anno intero i messaggi che le guide dello spirito gli inviano, lo trovano ben disposto alla vigilia della Consacrazione a Dio con i primi Voti Religiosi.
Così al termine del primo giorno degli esercizi spirituali, scrive: “La volontà deve essere tenace, piena, eroica nell’ascesa. Una volontà che non cambi direzione secondo il vento ma resti fedele ai principi di Cristo crocifisso. Che non si perda in tante fatuità della terra ma si mantenga sempre vivida e forte nel sostenere e nel far progredire la nostra corsa verso Dio. La nostra ascesa inoltre richiede una volontà eroica perché il fine è difficile. Miriamo all’imitazione di un Cristo crocifisso il quale non ci presenta che la Croce da abbracciare quotidianamente. Eroica inoltre, perché la nostra ascesa non è a fasi ma continua e impegnativa, una ascesa che dovrebbe consumarci interamente. Ma per poter giungere a tanto indispensabili sono la Confessione e la Direzione spirituale.”
Non però in questa confessione, registrata immediatamente dopo la precedente: “Sono passate le feste di Pasqua. Quante impressioni! Per me è stata una gioia inestimabile quella di aver potuto seguire, anzi partecipare, così da vicino alle sacre funzioni della settimana santa. Ma io serbo un particolare ricordo degli avvenimenti succedutimi in questi tempi. Sono stato felice di poter assistere il car.mo P. Del Greco nella notte tra il mercoledì e giovedì santo. Per questa notte fu fatta l’adorazione a Gesù dalle undici a mezzanotte qui in casa. Io invece l’ho fatta vicino a Gesù sofferente nella persona del Padre. (L’ho fatta proprio con questa intenzione). Ora sembra che stia meglio, speriamo!”
Il Sacerdote camilliano assistito, operato per un tumore alla gola, completò in seguito quanto il D’Onofrio non scrisse nei suoi “Appunti Spirituali”: “Ero quasi moribondo e il chierico D’Onofrio mi assisteva e confortava dicendomi:“Padre, unisca i suoi dolori a quelli di Gesù agonizzante. Oggi è Venerdì Santo, giorno bello per lei, che soffre insieme a Gesù!” Non ho mai dimenticato quelle parole che il nostro Chierico mi suggeriva con tanta amabilità e fede.”
…e per Madre,Maria Immacolata
Accanto al Cristo Crocifisso Nicolino ha nutrito un affettuoso e specialissimo rapporto filiale con la Madre, Maria Immacolata. Nei suoi Scritti, e sul letto di morte, ha espressioni tenere e dolci che vanno considerate nella dimensione di un rapporto intimo e segreto dell’animo che esigono rispetto e grande considerazione. Così come si fa contemplando analoghi rapporti dei Santi che la Chiesa pone come modelli.
Ne riportiamo un passo: “Sono stanco, direi sfiduciato quasi… La vita di noviziato mi pesa… Perché? E’ il nemico mortale dell’anima mia che strapazza, è il Signore che mi purifica. Quando finirà questo luogo di esilio?… “Ahi dura terra…” Voglio morire presto, se a Dio piace, per volare tra le braccia della mia Mamma. Voglio andare a riposarmi in Paradiso. Sì… Mammina dolce… Ecco che pian piano il sereno torna nel mio animo e posso mirare più lontano… E’ questa la volontà di Dio. “Tota vita Christi crux fuit et martyrium…” ed io che voglio? Fare il signore. No, no, no. Ma tutto per voi Gesù, Maria!”
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