La testimonianza sul campo di fr. Luca Perletti Le iniziative della Camillian Task Force in Sierra Leone

FRATELLI D’EBOLA

La testimonianza sul campo di fr. Luca Perletti

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Fr. Luca a Makeni

Le iniziative della Camillian Task Force in Sierra Leone

Da alcune settimane mi trovo in Sierra Leone, nella diocesi di Makeni (Sierra Leone), affidata alla cura pastorale dell’Amministratore Apostolico p. Natalio Paganelli, religioso severiano di origini bergamasche.

La mia presenza si colloca all’interno del progetto di aiuto umanitario organizzato dalla Camillian Task Force – l’ufficio della Curia generale dell’Ordine dei Religiosi Camilliani che coordina gli interventi nelle zone colpite soprattutto da calamità naturali. Il nostro Ordine non è presente in forma stabile ed istituzionalizzata in Sierra Leone, ma per rispondere all’emergenza generata dal virus Ebola, abbiamo iniziato una collaborazione con la locale diocesi attraverso una serie di programmi concordati congiuntamente.

Gli obiettivi del progetto mirano alla riapertura dell’Holy Spirit Hospital di proprietà della diocesi, al sostegno psico-sociale offerto alle vittime e ai sopravvissuti ed a programmi i preparazione per affrontare simili epidemie. Questi sono i termini globali del nostro impegno in Sierra Leone, tuttavia la fluidità della situazione concreta impone un atteggiamento flessibile per quanto riguarda la lor effettiva realizzazione. Non è raro, infatti, imbattersi in ONG che – ricevuti i finanziamenti per la lotta al virus Ebola – si trovano a dover rivedere i loro programmi poiché i Centri di Raccolta (Holding Centers) e di Cura (Treatment Centers) si stanno rapidamente svuotando e le previsioni, per l’immediato, sono di una remissione completa dell’epidemia.

Condivido semplicemente alcuni commenti o impressioni al termine del primo periodo di presenza a Makeni.

La Sierra Leone è considerata uno tra i Paesi più poveri al mondo, secondo alcuni indicatori generali di sviluppo e di benessere. È reduce da una guerra civile che l’ha destabilizzata ed ha corrotto e mutato alcuni dei suoi modelli culturali, instillando paure sociali e sospetti civili prima di allora sconosciuti.

Ebola, da parte sua, si è presentata come un killer invisibile, trasmesso attraverso alcune delle manifestazioni più comuni della vita sociale: il contatto fisico nelle relazioni e i rituali socio-religiosi che accompagnano i funerali. È ormai un dato assodato che il virus si trasmette attraverso i fluidi corporei (saliva, lacrime, sudore, …) e come tale la pratica di lavare, baciare e rendere omaggio al cadavere della persona cara che è morta, è divenuta una delle cause principali di moltissime infezioni.

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Holy Spirit Hospital. Makeni

Improvvisamente, pratiche relazionali immediate, consolidate nel tempo, come l’abbraccio o la stretta di mano o la partecipazione al funerale, sono state bandite dichiarandole pericolose, alterando così una cultura profondamente radicata. È stato difficile anche per me abituarmi a non ricambiare la stretta di mano; a fare largo uso di sapone in formato gel per la detersione delle mani; a lavare continuamente le mani prima di entrare in luoghi pubblici – chiese comprese. Tuttavia, malgrado queste restrizioni e precauzioni – che la gente dimostra di aver imparato – non si nota alcuna ingessatura della società africana. La vita scorre tranquilla e rilassata, segnata dal pigro passare delle ore, senza alcuna frenesia o impazienza e la gente non smette di sorridere. Si gira tranquillamente per le strade, avendo ovviamente cura di non ostentare il proprio benessere o di andare in giro di notte. Sembra essere proprio tipica di questa cultura la capacità di assorbire con pacatezza e serenità anche le calamità più gravi, senza alterarsi o disperarsi.

Ogni calamità – soprattutto se ha un impatto mediatico – attiva un enorme flusso di denaro. Questo è evidente anche in questa parte del mondo dove non si contano più SUV ed i grossi mezzi stradali di cui le grandi (ma anche quelle piccole!) organizzazioni si dotano per le loro necessità logistiche. Centinaia di sigle colorate si rincorrono per strada, dandosi appuntamento nei vari meeting, correndo dietro a programmi immancabili e ritrovandosi la sera nei pochi hotel del centro. La solita vita del cooperante, stancante ma anche molto ben pagata! Spesso le calamità si risolvono in una grande opportunità per alcuni!

La situazione della Sierra Leone – come quella di altre nazioni colpite da disastri – è endemica ed il ricorso all’azione nell’epidemia generata da Ebola è un semplice tampone su un sistema più globalmente malato. La vera soluzione è l’ammodernamento dei servizi, l’aggiornamento del personale e l’empowerment – il processo di crescita, sia dell’individuo sia del gruppo, basato sull’incremento della stima di sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale – dell’esistente e non la delega a istituzioni esterne al sistema. Alcuni attivisti stranieri presenti nel Paese anche da oltre trent’anni ce lo ricordano con passione. Non è con l’attività di sostituzione né con il drenaggio di risorse che si risolverà questa situazione ma, al contrario, con il sostegno alle strutture esistenti ed alle persone che in esse, spesso con grande spirito di sacrificio personale, vi operano come è stato prima che Ebola diventasse un argomento mediatico da prima pagina!

Luca Perletti – Religioso Camilliano