«Dice il Signore: con la stessa misura con cui voi trattate gli altri Dio tratterà voi (Lc. 6,38). Attenda dunque al senso di si perfetta verità, considera quest’ottimo mezzo per acquistare la preziosa margarita della carità, la quale dice il santo vangelo: “Quando uno ha trovato una perla di grande valore, va avendere tutto quello che ha e compera quella perla” (Mt. 13,46). Imperocchè ella è quella che ci trasforma in Dio, et ci purga d’ogni macula di peccato, perché l’amore copre la moltitudine dei peccati”
Prestiamo attenzione al lessico familiare a Camillo quando parla della nostra vocazione specifica. Essa è «ottimo mezzo per acquistare la pretiosa margarita della carità», «tanto capitale di gratia dal Spirito Santo», «gran guadagno», «ci trasforma in Dio», «ci purga da ogni macula». Accostiamo queste espressioni alle altre, sparse nelle lettere. La vocazione è «talento sì grande che nostro Signore ci ha posto nelle mani per conseguire la santità della vita e poi la gloria eterna» (Scritti, 453). «Miserabili noi se soteraremo (sotterreremo) cusì bon talento» (Ob.,322); «O felici li minsitri dell’infermi se bene spenderà il talento che il Signore ne ha dato» (Ib., 332); l’istituto è «la santa vigna» nella quale lavoriamo per «piacere a Dio, gradirgli e servirlo, né bisogna piegare alla destra né alla sinistra, ma camminare dritto» (Ib., 397); «la pianta della quale tanta gloria di Dio se ne aspetta » (Ib., 455;123); «umile pianticella» (Ib., 95, vedi anche 135); «pianticiola»: «Il Signore vole che per perfitionare questa sua povera pianticuola» (Ib., 89); «barchetta»: il Signore «sta con esso noi et vole dar vento alla vela a questa sua barchetta» (Ib., 132); la religione dei ministri degli infermi è «santa» (Ib., 463) e «fa tanta grand’opera di pietà con li poveri» (Ib., 247). L’ospedale di Genova è il suo «nido», dove è lieto di trovarsi a lavorare «per gratia del mio Signore che me fa la grazia et spero che me la darà per questi altri quattro giorni che resta di vita» (Ib., 332). L’ospedale di Santo Spirito è «un bellissimo giardino tutto ipeno di fiori e frutti che stava vicino al castel S. Angelo» (Cicatelli, 377).
Le immagini del nido e del giardino fiorito rapportate alla realtà di corsie che accoglievano la miseria e la sofferenza di relitti umani sono indubbiamente forti, ma è questi livelli che egli viveva la missione. Ed è per questo spirito illuminato e spontaneo che egli fu una forza attirante e trascinatrice per i giovani religiosi. Tingeva la penna nel vivo delle sue convinzioni quando scriveva ai novizi di Palermo.
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