In occasione delle celebrazioni del IV centenario della morte di San Camillo, domenica 6 luglio il cardinale Angelo Scola ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica nell’omonimo santuario di Milano. I Camilliani sono presenti a Milano dal 1594, per volere ed impegno di S. Camillo ed inizialmente coinvolti nel servizio diretto all’ammalato nell’ospedale della “Cà Granda”
Nella sua omelia, il cardinale ha ricordato la figura di San Camillo, “uomo compiuto e riuscito, che con la sua creativa dedizione alla cura ha saputo reinventare lo stile iniziale dell’ospedale moderno”.
Partendo da una delle sue frasi più famose, “Più cuore in quelle mani”, Scola ha sottolineato che oggi “quelle mani contengono le neuroscienze, le biotecnologie, tutte le nuove scoperte e possibilità di intervento sul corpo malato. Ma se non contenessero quel “più amore” di cui San Camillo parla, noi, nella nostra esperienza quotidiana, avremmo perso il senso ultimo e la radice di ciò che facciamo”.
Ringraziando i Camilliani per il loro prezioso lavoro, Mons. Scola ha esteso la sua gratitudine “a tutti gli operatori sanitari che si prodigano ogni giorno, tutte le realtà associative e tutto il mondo del volontariato che si impegnano no in un’opera, come quella della cura – e della cura carica di amore – che è una delle espressioni più elevate del grado di civiltà di un Paese, di una città e di un’epoca”.
Chiudendo la sua omelia, Scola ha raccomandato ai Camilliani di seguire le parole del Fondatore: “I poveri infermi – diceva San Camillo – sono pupilla e cuore di Dio, e quello che facevano a li detti poveretti, era fatto allo stesso Dio”.
Omelia del Cardinale Angelo Scola
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