di Luciana Mellone
Odi, sorella, come note al core
quelle nel vespro tinnule campane
empiono l’aria quasi di sonore
grida lontane?[1]
… E sì, da molti anni mi fa compagnia. Ogni mattina aprendo la finestra dell’ufficio, per prima cosa il mio sguardo si rivolge al campanile fin alla sommità dove si intravedono le sue mute campane, ma finora, il mio, era uno sguardo un po’ distratto, verso un manufatto provato dagli anni. Oggi, vedendolo circondato com’è da importanti ponteggi e da uomini che se ne prendono cura, è come se si fosse animato un gigante da un profondo letargo. L’ho sentito vivo e ciò ha acceso in me la curiosità di ripercorrere la sua vita, proprio come nostalgicamente si sfoglia un album di famiglia.
Le prime notizie risalgono al 1733, periodo in cui furono portati a termine i lavori del braccio sinistro di fabbrica, su disegno del 1680, resi possibili dal generoso sussidio di 3000 scudi di papa Clemente XII, come ricorda la targa posta sul grande portone di Vicolo Capranica,[2] sì perché il braccio sinistro dell’edificio è proprio quello che si affaccia su vicolo Capranica composto da tre piani: quello terreno adibito a dispensa, il refettorio e le altre officine; al primo piano dove venivano sistemate due stanze per l’infermeria, nonché l’oratorio, dove morì san Camillo e una sala con grande camino per la ricreazione d’inverno; nel secondo piano si trovano stanze consimili e mezzanini ed infine, nel terzo piano vi è un corridore con cinque stanze per parte e una all’estremità per uso di noviziato.
Al termine di questi rifacimenti, i padri, volendo proseguire i lavori, misero mano al così detto braccio traverso che chiude il cortile, formandovi tre archi corrispondenti a quelli del braccio opposto risalente al 1680, ma invece del corridore e relativo chiostro ideato nel primo disegno di tutta l’isola, fu disposto il refettorio nel piano terra, trasformato in sacrestia fin dalla beatificazione del santo padre Camillo nel 1740, nel piano nobile l’Oratorio comune decentemente ornato dalla Congregazione del SS. Crocifisso degli Agonizzanti, mentre nel secondo piano furono fatte tre stanze con il suo corridore comunicante con gli altri della casa.
Ed ecco che all’estremità di questo braccio traverso, confinante con la chiesa, fu “piantato” il campanile che posa da una parte sul muro della tribuna e dall’altra sul muro della cappella in Cornu Evangelii. “Sul quale furono poste tre campane di bronzo, una più grande dell’altra.”[3] Molto probabilmente queste campane erano le stesse che la Venerabile Arciconfraternita del Gonfalone aveva concesso al p. Camillo, quando il Papa Sisto V, con bolla speciale del 20 marzo 1587, accordava piena conferma e ratifica del contratto tra l’Arciconfraternita e il p. Camillo de Lellis, garantendo a questi e alla sua congregazione l’uso della chiesa della Maddalena con le sue tre campane due più grandi, poste sopra il tetto e una più piccola posta presso l’altare maggiore, solo il 24 settembre 1622, con bolla del pontefice Gregorio XV i padri camilliani si affrancheranno definitivamente dall’Arciconfraternita.
Da una cronaca conservata in archivio, risalente al 1742, sappiamo che la campana di mezzana grandezza, fu fatta rifondere dal p. Domenico Costantini: “fece rifondere la terza campana più grande delle altre che da gran tempo era ridotta in pezzi, e fu collocata con le altre due sopra del novo campanile”. Ci viene fornita anche una dettagliata descrizione: Essa è alta un metro compreso gli orecchioni con m. 2,25 di circonferenza e reca la seguente iscrizione in due giri sotto la testata: “Jesus Maria – Verbum caro factum est, crucem subit infernum Confregit. Fugite Patres Adversae. In Honorem Sanctissimae Crucis. Ac B. Maria Magdalenae Anno Domini 1633 Cl Reg. Min. Inf Procurante Cesare Simonio, F. M. Simon et Prosper de Prosperi de Nurxia F.[4]
Da un inventario degli anni 1960, redatto dalla direzione generale del fondo per il culto, abbiamo la descrizione di una campana con la stessa iscrizione, ma riportante la data del 1833, (forse rifusa in quegli anni) e di altre tre campane; una del 1864 che riporta il nome del fonditore, GiovanBattista Lucenti, Romano. Pontificia Ditta che aveva il suo stabilimento in via dei Corridori a Borgo Pio, la cui attività risale al 1550, tra i lavori principali di questa si ricorda la fusione delle quattro colonne del baldacchino berniniano di San Pietro e della campana vaticana chiamata della predica (popolarmente conosciuta come chiacchierina); una Terza Campana, risalente al 1627, sempre con un’iscrizione in due giri sotto la testata e, una quarta, con una sola riga di iscrizione del 1803.
Quasi certamente le stesse campane sono ancora oggi sul campanile della Maddalena, purtroppo però non ci allietano più con i loro rintocchi. Silenti orma da molti anni. Forse per non disturbare il vicinato o forse perché siamo diventati indifferenti ai loro richiami? Eppure loro sono state il più immediato mezzo di comunicazione del passato, scandendo i momenti più importanti della vita delle comunità, quelli gioiosi, come quello per antonomasia della Pasqua che ci significa che Dio si è fatto carne ed è tra noi, o ancora ci annunciano la gioia per le nascite, per i matrimoni ma anche momenti tristi, con i loro rintocchi a morte, ma esse avevano anche la funzione di allertare la popolazione in caso di pericolo, di incursioni, di pestilenze, di inondazioni e, viceversa, in caso di liberazione.
Viene quindi da chiedersi, in questo mondo definito della comunicazione, siamo ancora capaci di ascoltare?
[1] Campane a sera di Giovanni Pascoli.
[2] CLEMENTI XII PONT OPT. MAX. QUI LATERALEM HANC DOMUS PARTEM MUNIFICA MANU A FUNDAMENTIS EREXIT CLER. REGULARES MINISTRANTES INFIRMIS PERENNE BENEFICII MONUMENTUM POSUERE. ANNO DOMINI MDCCXXXIII
[3] Inventario (AGMI 2196/1).
[4] Margotti p. Giacomo Bernardino/ Notizie spettanti alla Chiesa e Casa della Maddalena fino al 1742 . (AGMI 455/4 foglio 10)
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