In ricordo di Fr. Ettore di P.Mario Bizzotto, M.I.
La notte del 20 agosto 2004, moriva fr. Ettore Boschini all’età di 76 anni, lasciando dietro di sé un ricordo edificante. Subito alla sua morte è seguito un concorso di popolo, autorità e stampa per dargli l’ultimo saluto ed
esprimergli sentimenti di riconoscenza per quanto ha compiuto. In lui si riconosce un ideale di umanità, che tutti ammirano, ma che non tutti hanno il coraggio di tradurre in pratica. Quel coraggio che manca ai più, non è mancato a fr. Ettore. Qui sta il segreto del suo fascino. Non è facile essere coerenti con le richieste del vangelo. Chi si misura con esse, sa che esigono abnegazione, spirito di servizio, dimenticanza di se stessi. Fr. Ettore ha conosciuto il vangelo sia con le gioie che esso offre sia con le rinunce che domanda ai suoi discepoli. Non esitava a sacrificare qualsiasi ora delle 24 giornaliere per soccorrere e accogliere chi non era accolto da nessuno. Davanti a lui si profilava la figura di Lazzaro che sta alla porta e la trova chiusa. Di notte faceva la ronda a Milano visitando i luoghi dove si ammassano i senza tetto. Li raccoglieva offrendo loro un pane ed un letto.
Il suo esempio ricorda che nessun cristiano può sentirsi a suo agio finché ci sono sofferenti, le cui pene potrebbero essere alleviate da un gesto di altruismo. Non si può godere il sapore del pane e la quiete del riposo, finché si sa che molti ne sono senza.
Fr. Ettore ha dato tutto se stesso e ha dato molto se si pensa anche in termini quantitativi al denaro che fluiva sulle sue mani, sempre aperte per ricevere e dare. Ma prima del denaro era il cuore che ispirava la sua opera. Educato allo spirito evangelico e alla scuola di S. Camillo, sentiva la sofferenza altrui come fosse propria.
L’ideale della carità prendeva connotati limpidi, andava oltre le mediazioni culturali e le strutture. Il cuore parlava in modo immediato, tanto da non conciliarsi facilmente con le etichette ed istituzioni della convivenza, neppure con quelle dell’ordine cui apparteneva. Non è detto ch’ egli non ne sentisse il bisogno. Ha lottato non poco per attenersi alle norme sia di ordine religioso sia di ordine civile. Per natura era restio ai bilanci delle entrate e delle uscite, non gli erano congeniali le registrazioni, le formalità burocratiche e l’adeguamento a norme giuridiche. Tutto questo era integrato da altri collaboratori che si mettevano a sua disposizione.
Non sempre i mezzi di trasporto che utilizzava erano in regola. Più d’una volta è stato sorpreso con documenti scaduti o altre irregolarità. I vigili urbani lo conoscevano e chiudevano due occhi, limitandosi a delle raccomandazioni. Fa pensare a Madre Teresa di Calcutta che pure, nonostante i divieti, trasportava oltre confine somme di denaro per i suoi poveri. Nessun doganiere aveva il coraggio di intervenire. I profeti si assomigliano. Davanti a loro cadono tutti i sistemi e gli artifici. La causa, per la quale essi si battono anima e corpo, si stacca dall’andamento piatto e orizzontale della vita abituale ed è da loro interpretata in maniera così autentica da disarmare ogni convenzione.
L’attività di fr. Ettore era segnata da una carica evangelica anticonvenzionale. Si esprimeva con un servizio fatto con gioia. Poter sacrificarsi per gli altri, dare qualcosa di quanto loro mancava, offrire un aiuto,costituiva lo scopo della sua vita. Quando concludeva la sua giornata, fatta di gesti di donazione, non poteva non sentirsi contento. Aveva adempiuto il suo compito e realizzata la sua vocazione.
Ho detto: quando concludeva la sua giornata. Mi devo correggere. C’è infatti da domandarsi se veramente la concludeva. Come si muoveva al di sopra delle regole imposte dalla grammatica sociale così viveva la sua giornata di sorprese, senza orari, mettendo a volte in imbarazzo conoscenti o confratelli alla cui porta bussava per chiedere ospitalità. Il suo era uno stile originale e inimitabile come lo è il profeta. E’ una fortuna che di tanto in tanto compaiano delle figure così carismatiche, ma è anche opportuno che non siano molte.
C’è un altro aspetto che merita attenzione in fr. Ettore. Nelle sue iniziative e nei suoi interventi o partecipazioni a manifestazioni pubbliche non c’è la parola che oggi più va di moda: “essere contro”, non c’è la protesta dello schieramento politico, che l’avrebbe messo in un piedestallo di grande notorietà, nonostante fr. Ettore non disdegnasse i mezzi di comunicazione. Aveva anzi un debole per la stampa. Leggeva o ascoltava con piacere gli apprezzamenti sulla sua opera, si sentiva sostenuto, tuttavia non ha mai ceduto alla tentazione di tingere il suo movimento con colori di partito. In lui la spinta caritativa è rimasta pura e innocente, non si è macchiata con i giochi equivoci della politica. Forse al riguardo gli mancava anche la formazione culturale per farlo. Come sua bandiera aveva scelta l’immagine della madonna, modello di sevizio e umiltà. Non gli facciamo alcun rimprovero se non ha capito il linguaggio della politica, gli siamo grati però per la lezione che ci ha lasciato, ricordandoci che la generosità non è mai fuori moda e che i poveri – lo ripeteva di frequente richiamando S. Camillo – sono pupilla e cuore di Dio.
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