Di Silvia Battisti (psicologa) In Missione Salute N.1/2019
È proprio necessario fare un salto nel passato per renderci conto di come si sia trasformata la figura dell’infermiere professionale e di quanta strada, lunga e tortuosa, abbia percorso per guadagnarsi oggi un posto preferenziale nel sistema sanitario attuale.
Il Sistema sanitario nazionale italiano si è caratterizzato per una serie di ri-organizzazioni e di cambiamenti nei processi assistenziali, dovuto anche ad incredibili progressi scientifici e tecnologici. Questi cambiamenti importanti hanno avuto un forte impatto sul concetto di salute e assistenza. Un tempo infatti il medico era l’unico detentore del potere di cura e del processo di assistenza, circondato da infermieri che svolgevano compiti di sola sorveglianza e accoglienza.
Oggi tutto questo è davvero un lontano ricordo e l’infermiere moderno si ritrova a svolgere un ruolo fondamentale, multifunzionale, è il punto centrale di una rete di contatti a cui fanno capo specialisti, operatori, cittadini e strutture sanitarie.
Egli è chiamato a seguire interventi direttamente sul territorio: collaboratore, alleato, manager e in qualche modo facilitatore dei processi di assistenza e di integrazione tra le varie strutture sanitarie e i vari specialisti. Certamente la confusa e disomogenea collaborazione tra servizi ospedalieri e territoriali degli ultimi anni non ha giovato a questa costante trasformazione e anzi ha messo in evidenza la necessità di sperimentare nuove forme di assistenza, visto anche l’incremento sostanziale di patologie croniche e l’esigenza di personalizzare sempre più le richieste dei cittadini e la loro continuità assistenziale.
La casa della salute
Di recente sperimentazione è un interessante progetto chiamato “Casa della salute”. Una nuova struttura di assistenza sanitaria extra-ospedaliera che avrebbe lo scopo di unire in un unico centro le prestazioni attualmente fornite dai medici di famiglia, dai pediatri, dagli specialisti ambulatoriali, dalla guarda medica e dall’insieme dei servizi socio sanitari per la salute mentale, la tossicodipendenza, l’assistenza domiciliare, la prevenzione, i consultore, le invalidità civili e così via.
In questo spazio troviamo dunque il laboratorio analisi, la radiologia convenzionale per immagini, un centro di salute mentale, un RSA, l’ambulatorio infermieristico, l’ospedale di comunità a gestione infermieristica, un centro di riabilitazione etc.
Un unico spazio insomma per condividere specialisti ambulatoriali e fornendo ai medici di medicina generale consulenza in tempo reale. Speriamo possa esere un esperimento dagli esiti positivi che faccia cessare finalmente il “palleggio” di responsabilità che spesso si verifica, anche in contraso con la stessa volontà degli operatori, nei confronti del paziente.
L’infermiere
In questo scenario l’infermiere diventa anello di congiunzione tra diverse realtà, tassello strategico di un puzzle dai molti pezzi, che è oggi in qualche modo chiamato ad aggiornarsi e formarsi continuamente anche in ambiti non tradizionalmente infermieristici come la psicologia, la sociologia, l’antropologia etc. dovrà acquisisre sicurezza e padronanza nella conduzione e nella valutazione delle esigenze dei pazienti, delle loro famiglie e delle loro condizioni sia fisiche che emotive. Dovrà anche saper coordinare e pianificare.
Egli è educatore sanitario per il paziente e tutor per il personale di assistenza, deve saper ascoltare, comprendere adeguatamente e attivamente i bisogni dell’interlocutore, interfacciandosi “a nome e per il paziente” nella gestione di tempi e fasi di svolgimento del percorso di cura e nel rapporto con gli agenti esterni alla realtà sanitaria.
Questo sarà il futuro sfidante di questa professione e forse siamo sulla buona strada per un miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria
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