Il profumo della vita consacrata

In Donne Chiesa Mondo – Mensile dell’Osservatore romano Numero 78 Aprile 2019 Città del Vaticano

Di Bruno Secondin

«Che cosa sarebbe il mondo senza profumo? Poiché credo che senza profumo l’anima si struggerebbe, bruciamo spezie di mirto alla conclusione dello shabbat» si legge nella parte che commenta l’Esodo all’interno del libro ebraico dello Zohar (20 a). E «che sarebbe del mondo se non ci fossero i religiosi?» (Teresa d’Avila, Vita, 32, 11). Mi sono venute in mente queste due frasi, ripensando alla vita consacrata paragonata da Giovanni Paolo II alla scena del profumo di Betania (cfr. Giovanni 12, i-8): «Da questa vita “versata” senza risparmio si diffonde un profumo che riempie tutta la casa. La casa di Dio, la Chiesa, è oggi, non meno di ieri, adornata e impreziosita dalla presenza della vita consacrata»: per questo la Chiesa «non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza “sponsale”» (Vita consecrata, 104). È forse la prima volta che il magistero ha fatto ricorso a questa analogia, ma certamente è molto suggestivo l’accostamento, che poi nello stesso testo viene ripetuta quando evoca la «sovrabbondanza di gratuità e di amore» (ivi, 105).

L’arditezza, ma anche l’originalità della metafora, mi ha convinto a suo tempo a intitolare Il profumo di Betania (Edizioni Dehoniane Bologna) il mio  commento alla esortazione apostolica: era veramente qualcosa di nuovo. Certo nella letteratura spirituale, in particolare quella mistica, l’icona di Betania – a volte sovrapposta a quella della donna innominata nella casa di Simone lebbroso: cfr. Marco 14, 3-9; Matteo 26, 6-13; Luca 7, 36-50 – ricorre con una certa frequenza, sottolineando qua e là dei particolari, come fa per esempio Teresa di Lisieux, che dà rilievo al vasetto «spezzato», e quindi alla perdita totale del profumo, irrecuperabile.

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