In “Un uomo divenuto santo” Giorgio Cosmacini
Nel guardare al modello di assistenza camilliano come a quello dell’infermiere ideali non possiamo non vedere Camillo come “precursore” delle figure infermieristiche che popoleranno la scena molti anni dopo di lui, prima nel passaggio degli ospedali da “fabbriche della salute” a ottocentesche “macchine per guarire” e poi nel passaggio da tali “macchine” alle istituzioni ospedaliere novecentesche fino alle attuali “aziende sanitarie”.
A metà Ottocento, figura di Florence Nightingale, animatrice delle “sorelle” o “suore” – religiose o laiche – curanti i malati di colera nella guerra di Crimea (1854 – 1856) e poi ogni persona giacente inferma negli ospedali dell’Inghilterra vittoriana, si impose all’ammirazione e alle emulazioni delle tante donne intraprendenti la formazione e la professione infermieristica. Veniamo all’oggi. Più di venti anni fa, nel corso del I Congresso Nazionale dell’Assistenza infermieristica in Italia ( Reggio Emilia 1993), molte voci rilevarono, nelle ovvie diversità ma anche nelle evidenti affinità, i nessi esistenti tra la “formula di dedizione assoluta abbinata a una disciplina militare” di Camillo de Lellis e la “disciplina e il rigore” che Florence Nightngale richiedeva “per preparare infermiere in grado di migliorare la qualità dell’assistenza”.
Nella realtà odierna, il “precorrimento” di Camillo, in anticipo di secoli, disegna in modo lucido ed esemplare la fisionomia dell’infermiere e contempla la sua presenza in ospedale come presidio tutelare dei malati, nel rispetto della loro dignità e dei loro diritti.
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