Dalla Prefazione di Enrico Parolari, prete e psicoterapeuta del libro di Pierpaolo Valli – Il paese delle lacrime. Come accompagnare il lutto
Tutto il mondo, in questi tempi, sembra diventato Il paese delle lacrime. Vivere insieme e accompagnare il lutto è compito corale che coinvolge tutta una comunità. Stare vicino e non lasciare sole le persone che hanno subito un lutto non è qualcosa che può essere delegato agli specialisti, ma tocca in diversi modi tutta la comunità: il personale sanitario, gli amici, i parenti, i colleghi, i vicini di casa, la comunità cristiana nel suo insieme. Come spesso ci interroga papa Francesco, come persone, come comunità, come professionisti: “Sappiamo ancora piangere? Sappiamo lasciare lo spazio al dolore?”
Morire nella desolazione
L’unica esperienza della morte che possiamo avere è la morte di chi amiamo, di chi conosciamo e ci è caro. La morte lascia nella solitudine, anzi noi temiamo la morte proprio perché ci fa paura il pensiero di una solitudine totale.
Questi giorni di pandemia con l’esigenza di proteggere dal contagio e il sovraffollamento degli ospedali, rendono ancora più triste e crudele la morte delle persone care. Il dolore del distacco viene aggravato dall’impossibilità di stare vicini e di accompagnare i propri famigliari e amici nel passaggio più estremo della malattia. Si è presi da un senso di impotenza e di angoscia nella separazione dalle persone care, nell’immaginarle da sole e di non poterle incontrare e/o contattare. Tutto questo diventa ancora più straziante nel non poter vedere, toccare e onorare il corpo dei nostri cari defunti e celebrare insieme a paranti e amici i riti della fede con la comunità. Un distacco nel distacco, un dolore nel dolore che fa precipitare in un senso di desolazione e ingiustizia.
Manca lo spazio del lutto
Il lutto è il tempo di reazione e rielaborazione che viviamo nella separazione da una relazione cara. Non c’è lutto senza lo spezzarsi di un legame prezioso di amore e di amicizia. Il lutto è segnato dal pianto che sente ed esprime il dolore per qualcuno che non c’è più e che non può essere più raggiunto sensibilmente. In questi giorni manca lo spazio per il lutto: non c’è spazio per piangere insieme. Ci viene sottratto un diritto vitale: piangere per attraversare insieme il lutto di una separazione da coloro che abbiamo in tanti modi amato, coi quali abbiamo attraversato tutta la vita o tratti significativi di essa.
In questi giorni ci dobbiamo difendere dal sentire e dal patire, per resistere, per non lasciarci sopraffare dalla paura: non possiamo attraversare questo lutto che invece appartiene intrinsecamente alla vita. Prevale un senso sordo di ingiustizia e un senso muto di colpa che bloccano il pianto e il dolore che non si può esprimere. Diventa perché assolutamente importante, per chi può entrare in contatto in diverso modo con colore che hanno perso una persona cara, lasciare esprimere la rabbia e la protesta, la colpa e l’amarezza, alle quali bisogna in qualche modo dare voce e lasciar che si possa gridare anche verso Dio che ben conosce il patire delle sue creature. Papa Francesco invita, a questo proposito, il credente alla spiritualità della “protesta”:
La protesta vera non è contro Dio ma davanti a Lui, perché nasce proprio dalla confidenza in Lui: l’orante ricorda al Padre chi è e cosa è degno del suo nome. Noi dobbiamo santificare il suo nome, ma a volte ai discepoli tocca svegliare il Signore e dirgli: “non t’importa che siamo perduti?” (Mc 4,35-41)
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