Nel mondo il 2020 è stato l’anno del Covid19, in Armenia è stato anche l’anno della Guerra, in aggiunta al Covid19…
In questo tempo la pandiamo ci ha cambiato tutti: l’ospedale Redemptoris Mater, L’Armenia, l’Italia, l’Europa, il mondo intero. In tanti siamo stati colpiti negli affetti, e tutti abbiamo dovuto modificare il nostro comportamento. Per molti ciò è servito a far comprendere che dobbiamo riconsiderare i nostri limiti…. Davanti a Dio e ai nostri fratelli. Per chi ha fede, le chiese vuote, le vie di Roma e piazza San Pietro, percorse da Papa Francesco solitario e inerme, straripano di presenza spirituale e di tanta preghiera.
L’epidemia al Redemtoris Mater
Anche il Redemptoris Mater ha subito con difficoltà l’epidemia. Le disposizioni impartite dalle autorità hanno scoraggiato visite e ricoveri, se non urgenti: la chiusa dei confini dal mese di marzo dello scorso anno e ancora vigente, ha impedito ai pazienti della vicina Georgia di usufruire delle prestazioni dell’Ospedale. Inoltre, la ripresa violenta delle ostilità nella enclave amena del Nagorno Karabak del 27 settembre scorso, insieme all’ordinanza governativa di tenere posti letto a disposizione per accogliere feriti di guerra, ha ulteriormente penalizzato l’attività dell’Ospedale.
Per alcuni mesi siamo riusciti a tenere il virus lontano, ma in seguito abbiamo capitolato: prima alcuni casi riscontrati in pazienti ricoverati, poi fra il personale medico e paramedico. In Armenia, purtroppo, si è creata la mentalità che ha classificato il Covid 19 come una malattia da nascondere e di cui vergognarsi; per questo molti in vario modo hanno cercato di nasconderla o di falsificare il risultato del tampone. Nonostante ciò, grazie alle precauzioni messi in atto, fino ai nostri giorni siamo riusciti a tenere l’ospedale attivo, a differenza di altre strutture sanitarie armene che sono state temporaneamente chiuse.
I sostegni a Distanza
Parallelamente al diffondersi dell’epidemia, è aumentato il lavoro nei villaggi e a domicilio per l’esecuzione di terapie e per il controllo delle quarantene di cittadini armeni di ritorno dall’estero e di sospetti positivi. A questo è aggiunto il monitoraggio del contagio nelle scuole: un impegno che non sarebbe toccato a noi, ma che ci è stato chiesto di assumere, oltre al compito di controllare la vicina frontiera con la Georiga, con test rapidi a quanti vi transitavano.
Nonostante tutti, tra le tante conseguenze del Covid19, l’Ospedale ha potenziato le sue capacità assistenziali. Sono entrate in funzione una nuova radiologia digitale e una nuova colonna per interventi chirurgici in laparoscopia. Inoltre, è a buon punto l’allestimento di una sala di terapia intensiva con due posti letto, grazie a generosi benefattori.
Un’altra delle attività che in questo difficile periodo ha sofferto tantissimo è stata l’assistenza diretta alle famiglie bisognose e la gestione dei Sostegni a Distanza. Per la sicurezza del personale dell’Ospedale e del sottoscritto, si è stati costretti a mantenere il “distanziamento sociale” dalle famiglie e a non entrare nelle loro abitazioni. Ma l’aiuto è comunque sempre giunto a destinazione, tramite il supporto delle nostre infermiere nei villaggi.
Nei mesi di luglio e agosto scorsi, sempre nel rispetto delle normative per il controllo dell’epidemia, si è potuto distribuire a circa 650 famiglie vestiario e beni di prima necessita, giunti precedentemente dall’Italia.
I caduti di Ashotsk
E poi la guerra! Questo nuovo conflitto, geograficamente lontano (l’Ospedale si trova a nord-ovest dell’Armenia mentre la guerra viene combattuta a Sud-est) fa sentire pesantemente le sue conseguenze: l’imposizione della legge marziale, la partenza di giovani e adulti pe il fronte, l’assenza di quanti già partiti in precedenza per soddisfare l’obbligo del servizio militare (in Armenia dura da 2 anni), ha coinvolto gran parte delle famiglie di Ashtsk e dintorni. Anche dall’Ospedale sono stati precettati cinque dipendenti per andare al fronte, in particolare gli autisti.
Solo un intervento del sottoscritto presso il governatore della regione di Shirak ha interrotto la catena di convocazioni di personale dell’ospedale, poiché avrebbe messo a dura prova la sua assistenza.
Ciò che maggiormente dà tristezza è che da qualche tempo, alle quotidiane partenze si associano anche i quasi quotidiani “ritorni” dei caduti. Per ora solo ad Ashotsk sono già 13 le tombe di giovani aperte e chiuse. Alcuni di questi ragazzi erano componenti di famiglie che usufruiscono del Sostegno a Distanza.
Ritornano alla mente parole del padre di uno di questi giovani dinanzi al feretro del figlio: “Padre Mario, lo hai crescere…. Inutilmente”. Davanti a Dio non è così, ne sono certo, ma per un papà in quel momento…
Covid19 e Guerra in un paese dove tutti sono apparentati o amici, dove il lutto di una famiglia è il lutto di tutte le famiglie… creano una miscela dalle conseguenze difficili da prevedere. Come controllare il contagio con il distanziamento e le mascherine ai funerali, davanti ai giovani morti al fronte? La ragione cede il passo alla disperazione. Arduo anche dirigere un Ospedale che raccoglie la maggior parte della sua forza lavoro in Ashotsk e nei dintorni.
Dal mese di marzo dello scorso anno, causa Covid19, al Redemtoris Mater non si sente più il rombo degli aerei per Yerevan, ma si sono intensificati i voli degli Angeli Custodi per proteggono l’Ospedale
Mario Cuccarollo, M.I.
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