Fu un religioso camilliano che dedicò la sua vita agli emarginati di Milano. Dapprima li incontrava per le strade: barboni, mendicanti, vecchie prostitute, alcolizzati, tossicodipendenti, offrendo loro qualche possibile conforto. Poi capì che era troppo poco e decise di procurare loro un rifugio stabile, attrezzando due grandi magazzini disabitati, sotto la stazione ferroviaria. E i milanesi più intelligenti e affezionati lo definirono «la Cattedrale di fratel Ettore».
Da allora, per notti intere, egli si mise a percorrere i vicoli e le strade di Milano, fermandosi accando a ogni barbone avvolto nei suoi stracci e invitando tutti con dolcezza: «Vieni con me!». E poiché si moltiplicavano gli ospiti bisognosi di accoglienza specializzata fratel Ettore moltiplicava anche i «rifugi», facendo nascere nuovi centri in vari Paesi. Giunse fino a fondarne uno in Colombia per i bambini di strada. Di lui dicevano che era «un santo che viveva contemporaneamente in epoche diverse. Era un guerriero disarmato, come i santi del passato, che si faceva strada tra i disperati, anche i più pericolosi, col sorriso e la forza della fede. Ma era anche un uomo tecnologico che usava il computer e il cellulare». In maniera folgorante qualcuno lo ha definito cosi: «Era un mistico concreto come un operaio».
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