In occasione della canonizzazione della Beata Giuseppina Vannini, che si terrà a Roma il 13 ottobre 2019, ripercorriamo le tappe della sua vita, dalla sua vocazione alla ideazione e realizzazione, insieme a al Beato Luigi Tezza, della Congregazione delle “Figlie di San Camillo.
di p. Felice Ruffini
Ovvio che sia «donna l’amore di madre» !… ma è che il santo Gigante della Carità ancora laico e da poco convertito, possiamo dire un “omaccione”, che chiamava accanto a se uomini forti e gagliardi, in quella notte del 1582 intorno alla festa dell’Assunta, mentre vegliava gli ammalati nelle corsie dell’Ospedale S. Giacomo, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo si decide di «Instituire una Compagnia d’huomini pij et da bene che non per mercede ma volontariamente e per Amor d’lddio servissero (gli ammalati) con quella charità et amorevolezza che sogliono far le madri verso i loro proprj figliuoli infermi…»
Quale altro parametro umano ci può essere per esternare quello che in quella notte, con il cuore in tempesta, lo Spirito Santo lo stava spingendo fortemente, così che i Testimoni poi nel descrivere la realizzazione di questo “mandato divino” hanno difficoltà a descrivere come “Padre Camillo” aveva vissuto e realizzato la Divina Volontà di quella Notte Santa dell’Assunta.
Ve ne diamo brevi citazioni di Testimoni a prova di quanto si afferma: «…sempre l’hò visto non come huomo ordinario ma come la Madre verso il suo Carissimo figliolo, così lui era verso li poveri Infermi… – …dico ch’era tanto in questa Carità Infervorato che pareva quasi un Serafino Infocato d’amore verso li poveri Infermi, et come una Madre verso il suo Caro figlio… – …li quali (infermi) nettava con molta maggiore Charità di quello ch’haveria fatto la Madre al proprio figliolo… -…in Napoli l’hò visto andare à governare i Fanciulletti, e come se fosse stata la loro Balia, li dava la pappina, insegnandoli il Pater noster e l’Ave Maria, et in somma li custodiva come se fosse stato la Balia, ò la Madre propria.”
E’ questo quanto Giuditta, – diventata Maria Giuseppina -, ha incarnato e vissuto, e a buon ragione la possiamo chiamare e mostrare al Popolo di Dio quale «Mulier Misericordiae – la Donna della Misericordia», come il Santo che l’ha rapita: “Figlia di San Camillo”, la prima… la prediletta…
Nella “Positio” è raccolta la testimonianza di quanto e come ha operata. Ne diamo un breve “saggio a prova del nostro assunto”, slezionato dalla «Conclusione “Informatio super Virtutibus”» del Relatore della Causa, Don Francesco Moccia
«A lei va il merito di aver attuato in campo femminile il sublime ideale di carità acceso da S. Camillo. Impresa che peraltro non fu certamente facile, come abbiamo ampiamente dimostrato nel I capitolo. Ma da inizi e successive fasi tanto incerte, quale traguardo esaltante ella raggiunse! Basti pensare alla diffusione ed agli unanimi consensi che in tante parti del mondo — ormai anche in Asia ed in particolare nell’India — circondano il suo Istituto.
Brevemente ricordiamo che la vita della Serva di Dio possa essere cosi sintetizzata: sofferenze intime, celate nel proprio cuore come un grande tesoro; abbandono fiducioso ed ilare tra le braccia della Divina Provvidenza; semplicità santità a e soprattutto fede ardente e carità eroica: poche anime attuarono cosi perfettamente l’ideale proposto da S. Camillo, di vedere cioè e servire Gesù nell’ammalato.»
Una Testimone a campione dei 48 escussi, è Suor Giovanna Pedon che attestò:
«Ci dava buon esempio, prodigandosi nell’aiutare i malati: a Cremona, stando in ginocchio, dava da mangiare ad una paralitica; un’altra volta accompagnò una malata cieca alla balaustra per ricevere la S. Comunione; accompagnò in famiglia una postulanda malata e l’assisté in tutto, sebbene essa stessa fosse sofferente; dall’Ospedale di S. Giovanni portò a casa una bambina orfana dei genitori e la presentò come Befana di Gesù Bambino; dall’Istituto Parisotti portò a casa un’altra bambina che aveva la mamma al manicomio e il padre non curante della famiglia; tolse dai pericoli varie giovani, provvedendo loro a lungo del necessario. Benché la Comunità fosse povera, non si rifiutò mai di aiutare chi si trovava in bisogno. Ai malati poveri forniva medicine, biancheria, alimenti ed anche danari provenienti da persone abbienti.»
Ancora uno stralcio della “Informatio super Virtutibus” del Rev.mo Relatore della “Causa”, di notevole importanza per noi, che affermiamo «Santa Maria Giuseppina / Mulier Misericordiae»:
«Orbene, dalla comparazione tra i principi dottrinari che spiegano il significato teologico della carità verso il prossimo con l’esercizio della virtù praticato da M. Giuseppina Vannini, scaturisce una straordinaria somiglianza; tanto più che ella non si è limitato ad un amore totale spinto all’immolazione, ma vi ha coinvolto le sue figlie fondando un Istituto religioso al preciso scopo di alleviare le sofferenze delle persone derelitte.
Per far capire a qual punto egli collochi il grado virtuoso della carità della Serva di Dio, il Rev. Ernesto Dollé, nella sua dichiarazone scritta, usa i seguenti termini inequivocabili:
«Si vous voulez avoir un portrait d’ensemble de sa charité et de sa miséricorde pour le prochain, comparez sa vie et ses actes, vous qui avez eu le bonheur d’en être les témoins quotidiens, avec la Règle de Saint Paul. Vous noterez les quinze qualité de la charité. Et pour votre intérêt, ce serait à vous de grouper autour de chacune, un faisceau d’actes, de faits, d’épisodes que vous légueriés aux générations futures comme un testament spirituel… [segue]
Non stupisce l’esaltazione della carità fatta dal Rev. Ernesto Dollé, del resto è difficile non concordare con lui, o mettere in dubbio il grado eroico, di fronte agli slanci d’amore che la Fondatrice compiva, uno dei quali è il seguente descrittoci da Suor Germana Brazzale, XX teste Proc. Ord.: «Facendo la visita alle Case, andava anche a visitare le ammalate una ad una e talvolta voleva prestare loro i servizi necessari. Se una suora si azzardava a face qualche osservazione per questo, la Madre rispondeva: ho emesso anch’io il 4° voto di “assistere gli ammalati”. Anzi ho conosciuto io stessa a Cremona una vecchietta cosi incurvata che per darle da mangiare bisognava mettersi in ginocchio dinanzi a lei; qualche altra suora non si metteva in questa posizione, la Madre volle avere l’onore di inginocchiarsi dinanzi a questa povera donna e darle da mangiare.» Tale e quale come San Camillo!
Cerchiamo aiuto per il titolo che stiamo proponendo, nella Dottrina del Santo Papa Giovanni Paolo II nella sua «Mulieris Dignitatem»;
«Ma la grazia non mette mai da parte la natura né la annulla, anzi la perfeziona e nobilita. Pertanto, quella «pienezza di grazia», concessa alla Vergine di Nazareth, in vista del suo divenire «Theotókos», significa allo stesso tempo la pienezza della perfezione di ciò «che è caratteristico della donna», di «ciò che è femminile». Ci troviamo qui, in un certo senso, al punto culminante, all’archetipo della personale dignità della donna. » (n. 5)
Ed anche a Lei possiamo applicare quanto il Venerabile PIO XII per il “2° Centenario della Canonizzazone di San Camillo” (1946) scrisse: «Quante fatiche, quante tribolazioni, quante asprissime difficoltà non ha superate con fortezza, per tutta la vita, questo eroico Atleta della Carità “fatto spettacolo… al mondo, agli Angeli e agli uomini” (cfr. I Cor., 4, 9)»
I Camilliani su Facebook
I Camilliani su Twitter
I Camilliani su Instagram