“NULLA VALE IMPARARE AD ASSISTERE GLI INFERMI
SE NON SI IMPARA AD ASSISTERE
CON IL PROPRIO CERVELLO E CON IL PROPRIO CUORE”
85.MO ANNIVERSARIO DELLA PROCLAMAZIONE DI SAN CAMILLO E S. GIOVANNI DI DIO
PATRONI DEGLI INFERMIERI
Il 12 maggio 1820 è nata Florence Nightingale, fondatrice delle Scienze infermieristiche moderne.
L’International Council of Nurses (l’Icn è una Federazione di più di 130 Associazioni nazionali infermieristiche, che rappresentano più di 13 milioni di infermieri nel mondo) ricorda questa data celebrando in tutto il mondo la Giornata internazionale dell’Infermiere.
Negli anni Sessanta in Italia a celebrare il 12 maggio sono la Consociazione (Caioss), le Associazioni infermieristiche e qualche Collegio provinciale. L’intento dichiarato dal gruppo dirigente è quello di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui valori di cui è portatrice la professione infermieristica: “una professione che trova il suo significato più originale e autentico nel servizio all’uomo”.
Quest’anno ricorre anche l’85.mo anniversario della proclamazione di San Camillo e S. Giovanni di Dio Patroni degli Infermieri (Papa Pio XI, Breve Ad perpetuam rei memoriam – 1930).
San Camillo ha un pregiato messaggio per l’attuale classe infermieristica e che può essere una fonte di ispirazione per essi. Camillo fu prima di tutto e soprattutto un infermiere. Ma egli fu anche un infermiere modello, avendo sempre in mente di rivoluzionare il metodo di assistenza del malato, così da migliorarne la condizione.
Nel leggere l’atteggiamento di Camillo verso i malati non si può fare a meno di chiedersi meravigliati se Camillo sia un prodotto di quattrocento anni fa o se invece non sia una figura dei tempi recenti. La sua visione è più in sintonia con le scuole infermieristiche moderne che a quella della classe assistenziale che prestava servizio nelle terribili condizioni ospedaliere del sedicesimo e diciassettesimo secolo. Oggigiorno, nella scienza infermieristica si pone molta enfasi al concetto di cura globale ed olistica.
Secondo Rene Leriche, il dolore è “il risultato del conflitto fra gli stimoli e la totalità della persona”. Questo conflitto, questo dolore può avere effetti in qualsiasi dimensione della nostra personalità: fisico, emozionale, intellettuale e spirituale. Un dolore di natura fisica non ha effetti solo sul corpo ma tende ad invadere tutte le parti della nostra personalità, poiché non si possono creare dei compartimenti che separino le varie dimensioni l’una dall’altra. Ogni dimensione è una parte senza la quale il tutto è incompleto; del resto, questa parte non può funzionare senza la coordinazione con le altre. A noi oggi tutto questo pare chiaro, ma alla fine del sedicesimo secolo questo pensiero fu il motore di un agire rivoluzionario.
Camillo sapeva distinguere tra “il male” e “lo stare male”. Il male è il disturbo strutturale di un organo o tessuto che, come risultato, causa i segni di cattiva salute. Lo stare male, invece, è l’esperienza che il malato fa della sua cattiva salute. Lo stare male ha effetto su ogni dimensione della persona, così come ogni dimensione dell’essere della persona incide sull’organo che sta male. Si può dire che il significato delle diverse sofferenze e dolori in malati che soffrono dello stesso male risieda nel fatto che lo “stare male” è distinto e individuale. Allora, di fronte ad un malato dello stesso reparto, con la medesima età e sesso, numero di figli e con la stessa malattia di chi l’ha preceduto, non possiamo permetterci di trattarlo allo stesso modo perché si può essere sicuri che l’effetto della malattia su di lui non sarà uguale. Non c’è alcun gruppo nel mondo ospedaliero che sia altrettanto consapevole di questa verità come le infermiere e gli infermieri. Camillo, questo Gigante della carità, possa essere un motivo di ispirazione per ogni professionista della assistenza!
È sempre molto efficace riflettere sul contributo che s. Giovanni di Dio e s. Camillo de Lellis hanno dato al progresso della società nel campo di servizio in cui hanno investito le proprie energie. La santità, infatti, non è estranea al vero progresso umano: anzi, la santità è la realizzazione della piena umanità.
Con grande sapienza e profezia, Papa Benedetto XVI lo ha ricordato ai giovani raccolti a Marienfeld (Colonia) in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù: “in queste figure [santi e beati] ha voluto dimostrarci come si fa ad essere cristiani; come si fa a svolgere la propria vita in modo giusto – a vivere secondo il modo di Dio. I beati e i santi sono stati persone che non hanno cercato ostinatamente la propria felicità, ma semplicemente hanno voluto donarsi, perché sono state raggiunte dalla luce di Cristo. Essi ci indicano così la strada per diventare felici, ci mostrano come si riesce ad essere persone veramente umane. Nelle vicende della storia sono stati essi i veri riformatori che tante volte l’hanno risollevata dalle valli oscure nelle quali è sempre nuovamente in pericolo di sprofondare; essi l’hanno sempre nuovamente illuminata quanto era necessario per dare la possibilità di accettare – magari nel dolore – la parola pronunciata da Dio al termine dell’opera della creazione: “È cosa buona“. Una vita vissuta santamente è il volano di quei grandi cambiamenti che permettono di recuperare il disegno originario di Dio sul creato e sulle creature.
Questo è particolarmente vero di Camillo de Lellis, la cui figura e rilevanza nel campo della assistenza è sempre più valorizzata ed apprezzata. La definizione di “fondatore di una nuova scuola di carità” va ben oltre i confini spirituali e si riferisce al progresso da lui promosso nel campo sanitario, attraverso la accentuazione dell’uomo come essere unico ed indivisibile ed il recupero della sua più profonda dignità non lesa dalle condizioni esterne di malattia e di censo.
È bene, allora, tornare a ripensare alcuni degli elementi innovativi della figura e dell’opera di Camillo per esaltare il suo contributo alle scienze umane, ma, soprattutto, per prenderlo a modello di comportamento e di attenzione verso i poveri e malati.
Un po’ di storia
Il riconoscimento della esemplarità di Camillo e di Giovanni di Dio nel loro impegno di dedizione e di servizio ai malati, tale da essere posti a modello e patroni degli operatori sanitari, avvenne nel 1930, durante il pontificato di papa Pio XI.
Spulciando tra gli “Acta Consultae Generalis”, una serie documentaria raccolta nell’Archivio generale e testimonianza di tutte le decisione prese dalla Consulta generale dai tempi di Camillo fino ai nostri giorni, è possibile ripercorrere l’iter seguito per arrivare alla dichiarazione di “patrono degli Infermieri”. La pratica iniziò a metà dell’anno 1930 per concludersi dopo pochi mesi. Infatti, il 14 giugno 1930 il p. Germano Curti, superiore Generale, propose ai membri della Consulta di inoltrare richiesta alla Santa Sede, affinché s. Camillo e s. Giovanni di Dio – già dichiarati patroni degli ospedali e degli infermi – venissero proclamati patroni degli infermieri. L’atto formale di richiesta avvenne il 14 luglio 1930, in occasione della festa liturgica di s. Camillo, allorché il p. Generale inviò una lettera al Segretario della Sacra Congregazione dei Riti, mons. Alfonso Carinci. In questo carteggio, P. Curti perorò la causa della proclamazione di S. Camillo e S. Giovanni di Dio a patroni degli infermieri.
Pochi giorni dopo, il 26 luglio, venne data notizia dell’esito dell’udienza del cardinale Camillo Laurenti, prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, con il Santo Padre in merito alla richiesta presentata dall’Ordine. In data 23 luglio, Pio XI aveva acconsentito alla richiesta della Consulta generale, proclamando S. Camillo de Lellis e s. Giovanni di Dio patroni degli infermieri. Tale titolo fu ufficializzato il giorno 11 settembre 1930 con il Breve Pontificio, datato 28 agosto 1930, di Pio XI Ad perpetuam rei memoriam.
Il contributo di San Camillo de Lellis allo sviluppo della assistenza come una disciplina
Per sottolineare il contributo di San Camillo allo sviluppo di quella che poi diventerà una disciplina autonoma, mi riferisca ad una presentazione di Marina Negri.
La formazione
San Camillo afferma la necessità di una formazione per fare il Ministro degli Infermi, una formazione sul versante pastorale, ma anche una formazione “tecnica”. San Camillo diceva: “Ministro degli infermi non ci si improvvisa, bisogna formarsi!”.A questo scopo teneva delle conferenze ai novizi e anche ai fratelli e ai padri; ma non solo, organizzava quelle che oggi chiamiamo le “esercitazioni”. Radunava i novizi, metteva un tavolo in mezzo alla stanza, metteva sopra materasso e lenzuola ed invitava i suoi a rifare il letto, magari con un fratello che simulava un malato sdraiato nel giaciglio; suggeriva, correggeva, esortava. Oppure organizzava quelli che oggi definiamo “role playing”: simulava la presenza di una persona vicina alla morte ed esortava uno dei presenti a confortarlo, mettendolo in guardia dal raccontare generiche parole moraleggianti. Una formazione, dunque, a trecentosessanta gradi.
L’aspetto tecnico specialistico
Le “Regole per ben servire gli Infermi” scritte da San Camillo per l’uso dei suoi confratelli si riferiscono al soddisfacimento di quei bisogni oggi definiti come “i bisogni di assistenza infermieristica” (alimentare una persona, posizionarla, favorirne il riposo, provvedere ai bisogni di evacuazione etc). Tali indicazioni sono il punto di partenza per l’applicazione della attuale teoria del nursing.
San Camillo non solo identifica i bisogni, ma inventa anche delle tecniche. Ad esempio, inventa la tecnica dell’igiene del cavo orale, una attenzione tanto semplice quanto importante per coloro impossibilitati a provvedervi. In San Camillo questa fu “una carità particolarmente cara quanto inusitata”, mai vista prima. San Camillo inventa il rifacimento del “letto occupato”, ossia la modalità per rifare il letto quando la persona non può alzarsi o essere alzata, suggerendo quei particolari accorgimenti che rendono possibile questa tecnica. Disegna e produce degli ausili: il pappagallo e la comoda, per evitare che i suoi malati fossero costretti ad andare “in gabinetti che sono sporchi, puzzano e sono anche coperti di fango”.
Un nuovo metodo
La regola più diffusa al tempo di Camillo stabiliva che al momento del ricovero, ogni ammalato si confessasse e comunicasse. Al contrario, San Camillo, raccomanda di accogliere l’ammalato, provvedendo al suo comfort con il bagno ai piedi, il cambio della biancheria personale, la preparazione di un letto pulito e riscaldato. San Camillo inventò anche la cartella infermieristica visto che invitata i suoi a porre domande ai nuovi ricoverati, sulla natura del male e sulle manifestazioni dei sintomi. Oggigiorno questo viene chiamato “raccolta dati”. Allora come oggi, questi dati servivano per pianificare una assistenza personalizzata.
Una caratteristica dell’assistenza infermieristica è la sua continuità nell’arco delle ventiquattro ore, attraverso il passaggio di informazioni tra i gruppi di infermieri che si avvicendano. San Camillo inventò la “consegna”, l’atto, appunto, del passaggio di informazioni relative alla situazione del malato, finalizzate ad una migliore assistenza. San Camillo raccomandava a chi prendeva servizio, di agire “secondo le consegne che troveranno sulla credenza, scritte dai fratelli infermieri corporali”. Esorta tutti ad osservare ed a scrivere in consegna, perché rimanesse traccia delle note assistenziali, evitando di lasciarle cadere nel dimenticatoio.
L’organizzazione
Camillo migliorò l’assistenza attraverso la sua organizzazione. Essa si basa sulla divisione delle responsabilità, attribuite ai diversi membri del gruppo assistenziale in cui si identifica una figura di coordinamento.
Con Camillo inizia ad emergere il concetto di lavoro in equipe, formata da infermieri e medici, e realizzata attraverso un continuo scambio di informazioni, in una sequenza lineare finalizzata a “meglio assistere i malati”.
Conclusioni
Da questi brevi tratti si può dedurre che San Camillo, a buon diritto, può essere considerato il fondatore dell’assistenza infermieristica, da un punto di vista tecnico e scientifico e di disciplina. Certo, non fonda una professione, fonda un Ordine, tuttavia contribuisce in maniera determinante a definire il contenuto dell’assistenza infermieristica e della sua realizzazione. Il suo insegnamento, passato al vaglio della vita di ogni giorno, rimane inalterato fino ai nostri giorni. Tanto che una frase della stessa Florence Nightingale, considerata la fondatrice dell’assistenza infermieristica, sembra una eco della profonda spiritualità di San Camillo, a testimonianza che la santità è profonda immersione nella ricchezza della umanità. “Mi son fatta la convinzione che nulla vale imparare ad assistere gli infermi se non si impara ad assistere con il proprio cervello e con il proprio cuore. Quindi se non abbiamo una religiosità veramente sentita la vita ospedaliera diventa un insieme di manualità compiute per abitudine e che inaridiscono mente e cuore”. Florence Nightingale scrisse queste parole nelle sue Lettere alle infermiere. Potrebbe averle scritte San Camillo nella cui visione il cuore caratterizza lo stile della assistenza. Camillo, Florence e chiunque altro ha a cuore il bene dell’uomo che soffre non può che trarre la sua ispirazione dalla consapevolezza che in chi gli sta di fronte c’è qualcosa che va oltre il reale ed apre al Mistero.
Fr. Luca Perletti
Evoluzione del processo riguardante la Proclamazione di S. Giovanni Di Dio e S. Camillo De Lellis, Patroni degli Infermieri
San Camillo infermiere di Eugenio Moriani
Breve di Pio XI
Traduzione del Breve di Pio XI
“Per l’uomo con l’uomo” canzone e inno per l’infermiere del 2000. Parole e musica di p. Giovanni Maria Rossi.
Preghiera dell’infermiere e di chi cura e assiste gli infermi
Signore,
a Te, fiducioso il mattino,
grato la sera,
chiedo luce e benedizione.
Che stupore,
per il dono della vita
che passa per queste mie povere mani.
Nelle Tue consegno
quanti mi sono affidati;
il Tuo sguardo ci custodisca e ci protegga.
Celere sia il passo,
mite lo sguardo,
aperto il cuore,
forti le mani.
Per comprendere,
curare,
ridare speranza.
Samaritano in cammino
Pronto a fermate significative,
chino a fasciare le ferite
del corpo e dello spirito.
Docile strumento della tua premura,
attento più alle domande che alle risposte.
Profeta nel cammino.
A Te Padre, per Maria, Madre di speranza,
di compassione e tenerezza,
elevo questa preghiera.
Ché, accanto al malato,
che del tuo Figlio è immagine,
guidi mente, mani e cuore mio.
Con piena fiducia, instancabilmente!
Amen ! Alleluia !
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