Tratto da Camilliani Camillians Luglio/Settembre 2011
di p.Eugenio Sapori
Germana Sommaruga: la volontà di essere camilliana nel mondo
Dalla corrispondenza con Padre Mario Vanti m.i., gennaio-marzo 1937[1].
Nata a Cagliari (Italia) il 25 maggio 1914, Germana Sommaruga durante gli studi universitari a Milano “incontrò” San Camillo de Lellis; ne fu affascinata e decise di seguirne la spiritualità, che trasfuse più tardi nella fondazione dell’Istituto “Missionarie degli infermi – Cristo speranza” di cui ebbe la “prima idea” il 6 gennaio 1936.
Ho avuto occasione d’incontrare Germana alcune volte a Verona (in liceo a S. Giuliano e agli esercizi spirituali presso Bosco Chiesanuova), come pure a Capriate durante il suo soggiorno nella Casa di riposo: ho sempre ricevuto incoraggiamento e conforto dalle sue parole, che rispecchiavano un senso positivo della vita donata e del servizio agli infermi sull’esempio del nostro Fondatore, del quale parlava sempre con competenza, ma soprattutto con il cuore pieno di gioia.
È deceduta nella nostra Comunità “O. Cerruti” di Capriate (Bergamo – Italia), il 4 ottobre 1995, alle ore 4.30.
Lettere e loro contenuto
I lavori di Archivio, si sa, sono sempre disponibili a fornire sorprese: è accaduto pochi mesi or sono quando, per un controllo della catalogazione del Fondo P. Mario Vanti, storiografo dell’Ordine Camilliano, mi sono imbattuto in alcuni scritti di corrispondenza tra Germana (… non ancora ventitreenne!) e lo stesso P. Mario che Lei chiama sempre Padre Maestro.
Senza svolgere alcun studio scientifico su questa ‘scoperta’, vorrei far notare solo alcuni tratti salienti che potrebbero interessare i Confratelli Camilliani.
Si tratta di ben cinque lettere, ma sempre lunghe e fitte, di cui quattro sono dattiloscritte (sempre a spazio uno) sfruttando attentamente i fogli e gli spazi, ben pochi, che rimangono. Alcune di queste sono ultimate con notizie manoscritte, mentre la quinta lettera è completamente manoscritta: sono importanti anche le sottolineature poste da Germana nei suoi testi (e che abbiamo riportato fedelmente nella trascrizione). Il periodo di tale corrispondenza va dal 4 gennaio al 23 marzo 1937 (ultimata il 27, ore 11½, all’Università, come annota la stessa Germana).
Tutte iniziano con la sigla usuale a quel tempo nelle lettere dell’Ordine, cioè le iniziali – in latino – di Gesù, Maria, Giuseppe e Camillo; al loro termine viene apposta sempre la firma manoscritta con la sigla dell’Ordine, cioè M.I. cui ci teneva tanto, come scrive nella prima di queste lettere allo stesso P. Vanti[2].
Un carattere giovanile tra entusiasmi e… incertezze.
La prima lettera è scritta in tre riprese (il 4, il 5 e il 10 gennaio 1937). Diciamolo subito, il testo iniziale è piuttosto allegro, sincero e, per certi aspetti, dolcemente… scanzonato: si tratta di una “poesia” che l’A. attribuisce all’entusiasmo suscitato dalla pubblicazione di alcuni canti nella rivista “il Conforto” che “han ridestato / dentro il mio cuore / la Musa lirica e… il buon umore!/ Oh! Dica pure / che sono sfacciata; / ma… avesse udita / la gran risata/ che m’è sfuggita senza pietà (…)”. Di tale scritto ha però una certezza che esprime nella conclusione: “E allora? Avanti / senza paura / tanto… m’aspetta / la bocciatura!” (4 gennaio).
Informa poi P. Vanti circa gli studi sulla poesia in P. Giovanni Ferrante Palma m.i. († 1649)[3]; infine ha un particolare ricordo per P. Rubini del quale scrive: “Bravo il buon Padre Generale! La sua lettera circolare è proprio scritta da un Maestro, Padre e un po’ mamma. Meglio così”, ma continua “è servita anche per la novizia del mondo, che deve reggersi e sorreggersi da sé, e… capitombolare e rialzarsi da sé!”, infine “le sue benedizioni, auguri, saluti mi hanno fatto bene (…) Son stati una spinta a volere ad ogni costo andare avanti! e aggiunge – “anche nella lettera sui cento anni a S. Giov(anni) Laterano il Generale lo si sente vibrante: bravo Padre! Ci vedo tanto Camillo, in Lui!” (5 gennaio).
Il carattere di Germana appare ben preciso poiché ne parla Lei stessa quando scrive in una seconda lettera: “Abbia tanta pazienza P. Maestro, perché ho tante cose da dirle; e faccia in modo di capirle tutte e di compatire anche agli entusiasmi che le paressero fuor di posto” e continua: “grazie di quanto mi dice nella Sua ultima; cercherò davvero di frenarmi, di essere meno impulsiva, più padrona di me; e Lei non mi risparmi le osservazioni e i rimproveri, se no non vale la pena d’essere schiettissima e magari impulsiva con Lei!” (11 febbraio).
Per gli studi che possono riguardare la storia dell’Ordine, come pure la presenza dei Camilliani a Milano[4], viene invitata dal Dott. Bascapè ad aiutare alcuni studenti “se non altro – scrive Germana – col mio grande amore per S. Camillo, entusiasmando un pochetto anche loro!” ma non dimentica la sua vita interiore se, alla conclusione, scrive: “E spiritualmente? Benino: ossia con grande serenità; ho ripetuto al Nostro buon Padre [Camillo] il mio ‘Nunc coepi’, il 2 febbraio; gli ho chiesto di aiutarmi a convertirmi davvero, ad essere umile e buona per essere camilliana. In qualche momento mi ripiego ancora su me stessa, rinfacciandomi di essere una stonatura (…). È meglio che io non ci pensi, che lasci fare al Signore, che mi accontenti momento per momento di offrire tutto, pene ed entusiasmi e croci, per l’Ordine; ci penserà Gesù” (11 febbraio).
Nella quarta lettera, Germana inizia subito con tono deciso: “Stavolta mi lasci proprio scrivere con tutta la mia irruenza; se sapesse quante cose belle ho da dirle, Padre mio Maestro! Ma le ascolti proprio tutte, e così mi benedica, e mi perdoni se sarò troppo fracassona ed esuberante! (Però patti chiari, legga pure a molte riprese, con calma; tanto non c’è gran fretta)” (20 febbraio).
Difficoltà: la famiglia, il confessore … e altro.
La lettera continua con riferimenti alla famiglia che si oppone fermamente alle sue intenzioni e questo è per Lei motivo di sofferenza, afferma infatti: “Preghi per me: in casa continua la lotta, ogni giorno: ancora poco fa mamma mi ha chiesto cosa intendo fare. Ha detto che accetterebbero magari anche di vedermi in un convento, ma non camilliana questo no, mai né nel convento né nel mondo. Tentano tutte le vie: non ci riescono: mi fanno male e niente altro. Mi rafforzano anzi di più perché è più cosciente la mia vocazione”, però aggiunge “ma mi fanno tanto male, spesso: mi pare talvolta impossibile poter reagire, per quanti anni ancora?” (10 gennaio).
Le difficoltà in famiglia sono sempre il suo ‘tormento’ anche se “lo spirito è sereno” si sente un po’ troppo vile, lasciandosi sgomentare qualche volta al pensiero dell’avvenire; “ma un’anima veramente camilliana non fa così” e confida: “chiedo al Signore di darmi quello che vuole, ma di sorreggermi perché son sola”; il motivo in effetti è ben chiaro: “Per appartenere al buon Dio devo passare giorno per giorno su quanti mi son cari; devo scegliere: o dei miei o camilliana! Sarebbe più semplice fondere insieme, essere camilliana in casa… non vogliono; e sia!” (23 gennaio).
La prospettiva futura non è delle migliori, Germana dopo una frase del papà (“– Se tenterai ancora di fare qualcosa non secondo le mie volontà, anche se maggiorenne ti si farà passare per pazza, e ti si metterà sotto tutela… -“) scrive: “So che son capaci di farlo (…) mi aiuti con la preghiera (…) certe volte mi pare che sia davvero il colmo dell’umiliazione, questo esser fatta passare per pazza, e non dovermi difendere perché l’obbedienza mi ha imposto di accettare tutto in silenzio… Andrò avanti, con l’aiuto di Dio, avanti con fiducia, preferendo come Lei dice la solitudine del cuore per prepararmi a darmi tutta a tutti” (23 gennaio).
Difficoltà vengono anche dal suo confessore; lasciamo ancora a Lei la parola: “Ci sono le ore di stanchezza, in cui avrei bisogno almeno di essere sostenuta: invece il Confessore è sempre più contrario: io taccio anche con Lui, ma quelle rarissime volte in cui a una sua domanda ho risposto con chiarezza, sempre è giunto a rimandare perfino l’assoluzione dicendo ch’io son attaccata alle mie vedute, che voglio esser camilliana mentre non son nulla, mentre cerco non la volontà di Dio ma la mia. [per]chè Dio non mi vuole camilliana, se no mi avrebbe lasciata in convento! Così taccio anche con Lui” (10 gennaio).
Nella stessa data, Germana scrive anche questo: “Tornando alla Sua, grazie dell’augurio di essere ‘raggio di sole’ e dell’esortazione a scacciare dal mio animo troppi sentimenti meschini. Ha ragione, Padre. L’ho meditato in questi giorni: ho fatto male a lasciarmi inaridire così dalle amarezze. Sono stata una debole (…) C’è stato un attimo in questi giorni in cui mi è sembrata insopportabile questa prova: il tempo (un anno, già) non l’ha attenuata: ogni giorno ho avuto una croce nuova, un tradimento nuovo (anche ieri!) da parte di tutti!” (10 gennaio).
Già è trascorso un anno dall’idea di essere camilliana nel mondo, ma per questo occorre tenere contatti con il Generale, anche se un Padre camilliano, “dice che sottoscrive subito l’idea dei Superiori di farmi camilliana: che devo per ora attendere, preparandomi spiritualmente e culturalmente, senza facili entusiasmi, serenamente, posatamente, umilmente, (…) senza avere fretta ché solo il tempo dirà l’ultima parola ‘Se sarai umile – termina – sarai per il nostro Ordine!’ Sarò umile, allora in nome di Dio e di S. Camillo. Ma mi aiutino, almeno loro benedetti!” (10 gennaio).
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