La straordinaria figura dell’industriale che ha venduto la sua brillante azienda per aiutare i poveri del Brasile: Uomo dal cuore d’oro, come fu definito nella cerimonia di assegnazione del premio Motta della bontà (1970).
Il libro di Flaminia Morandi ripercorre la vita (1916-1983) del ricco industriale di Milano, che ha dato tutto ciò che aveva per i poveri dell’Amazzonia e di cui è ora in corso la causa di Beatificazione. Nel 1965, dopo aver liquidato l’attività, si trasferisce a Macapà, in Brasile, dove costruisce un ospedale poi donato ai Camilliani per garantirne la continuità dopo la sua morte. Successivamente si trasferisce a Marituba, dove si dedica alla cura dei lebbrosi. Nel 1982 istituisce la Fondazione Dottor Marcello Candia, tuttora operante. Nel 1983 rientra malato dal Brasile e muore a Milano il 31 agosto.
Così lo descrive il giornalista Robi Ronza: “Un uomo che, preso per mano dal Signore, ha percorso strade tanto lontane e diverse da quelle cui sarebbe parso destinato, dando testimonianza eroica di carità, ma senza tuttavia cessare di essere l’uomo che era”. Ed Enrica Lombardi, cara amica di Candia, come lui industriale e missionaria: “Io lo vedevo molto innamorato di Dio. E anche quando parlavo con lui, i suoi tratti di amore, di gentilezza che adoperava con gli altri, secondo me, li viveva con il Signore, perché non si può essere grossolani con il prossimo e fini con il Signore. Era tutt’uno. Aveva coscienza che Dio è Padre, che ci aiuta. Che in lui siamo tutti fratelli”.
Il libro, con uno stile agile e profondo, mette in rilievo le innumerevoli attività e soprattutto la statura umana e spirituale di Candia. “La radicalità” con cui Marcello Candia ha scelto di vivere il Vangelo
“mette assolutamente in crisi il nostro modo di vivere la fede”, disse il cardinal Carlo Maria Martini – che l’aveva conosciuto – aprendo l’inchiesta sulla vita, virtù e fama di santità di questo Servo di Dio, dichiarato Venerabile da papa Francesco nel 2014. Come Candia amava dire: “Non sono io che ho dato qualcosa, ma loro, i poveri, che danno a me”.
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