In Missione Salute di Padre Luciano Sandrin
Un medico fa il suo giro in ospedale ed entra nella camera della signora Bernard, ricoverata per una frattura all’anca e che aveva avuto una degenza ospedaliera piuttosto complicata. Negli ultimi tempi aveva passato dei momenti piuttosto duri: aveva perso il suo unico figlio in un tragico incidente sei mesi prima ed erano passate solo cinque settimane da quando suo marito era morto in seguito a un ictus, lasciandola sola in una grande città metropolitana. Eppure, con sua meraviglia, il medico la trova piuttosto serena.
Le chiede con curiosità: «Signora Bernard, considerato tutto, lei sembra gestire la situazione piuttosto bene nonostante queste dolorose perdite nella sua vita. Molte persone sarebbero piuttosto scombussolate da tutto ciò. Ma lei sembra calma e dà l’impressione di accettare bene la sua situazione. Che cosa la aiuta ad affrontarla nel modo in cui lei la sta affrontando?». La signora rimane in silenzio per un momento. Poi prende la Bibbia e sorridendo gli dice: «È questa che mi aiuta. Ogni volta che mi sento triste o depressa, prendo la mia Bibbia e leggo qualcosa, e questo mi calma. Anche quando mi sveglio di notte e mi sento sola e impaurita, leggo la Bibbia o parlo con Dio. Egli è sempre qui, anche quando la mia famiglia o i miei amici non ci sono!».
Ci sono presenze che ci danno sicurezza. In un suo libro Massimo Racalcati, lo psicanalista più letto del momento, cita una piccola storia. Una nipotina di Sigmund Freud aveva paura di dormire al buio e chiedeva alla mamma, ogni volta che andava a dormire nel suo lettino, di stare con lei. Una notte la mamma le dice: «Adesso è l’ora in cui ti devi addormentare, devo spegnere le luci». La bambina piuttosto angosciata le risponde: «Sì, spegni pure le luci, ma resta qui con me, perché la tua parola è luce; se tu parli è la luce». La parola della madre la proteggeva dal buio.
Con il termine “attaccamento” John Bowlby, un famoso psicanalista, ha definito quel particolare legame affettivo e relazionale che si instaura tra il bambino, dal momento della nascita in poi, e la persona che si prende cura di lui e in particolare la madre (caregiver). Questa relazione ha alcune caratteristiche specifiche che la distinguono da altri tipi di relazioni affettive: la persona che vive questo legame di attaccamento cerca la prossimità con il caregiver speciamente nei momenti di paura e di difficoltà; il caregiver offre cura e protezione (funziona come un rifugio sicuro) ma dà anche un senso di sicurezza (funziona come base sicura da cui partire e alla quale poter sempre tornare); la minaccia di separazione produce angoscia nella persona che ha paura di perdere questo tipo di attaccamento; la perdita della figura di attaccamento causa un vissuto di lutto.
Anche Dio può essere vissuto come figura di attaccamento ideale, come rifugio protettivo. L’esperienza di fede è caratterizzata dalla ricerca della vicinanza e del contatto con Dio attraverso la preghiera, i luoghi sacri e i simboli che ne rendono percepibile la presenza. Dio rappresenta un rifugio sicuro, una persona che dà protezione, sostegno e conforto nelle situazioni difficili, nelle esperienze di pericolo e di paura, come la malattia e la sofferenza. Il credente reagisce con dolore, rabbia e vissuti depressivi alla percezione della separazione da Dio, della perdita del contatto con lui, del suo “tradimento”. Dio viene vissuto anche come base sicura dalla quale partire per fare le proprie esperienze e alla quale poter sempre tornare nei momenti di difficoltà. La parabola del figlio prodigo che torna alla base sicura della casa del padre ne è un bel esempio.
Il legame di attaccamento vissuto con Dio, e che si esprime nella relazione con lui, è il risultato degli scambi affettivi fra il credente e la figura divina proprio come avviene nella storia relazionale tra il bambino e la sua figura d’attaccamento. La prossimità della figura di attaccamento, vissuta inizialmente come prossimità fisica, si trasforma man mano in prossimità vissuta in una dimensione più psicologica e spirituale. Il desiderio umano non “inventa Dio” ma fa riscoprire, in alcune sue immagini, importanti risposte affettive che soddisfano le inquietudini del cuore. Dio viene vissuto, nei momenti di malattia e di dolore, come un’ideale figura di attaccamento che conforta, nutre e dà forza per attraversare le difficili esperienze della vita. È un rifugio che dà sicurezza.
Nei momenti di paura ci accompagnano e ci consolano le parole del Salmo: Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me… e mi dai sicurezza. Siamo in buone mani, in quelle di Dio che, come per la signora Bernard, “è sempre qui”.
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