Padre Rosario Messina
Scrive il Papa nella Bolla di indizione dell’Anno Santo della misericordia al num.13: “Vogliamo vivere questo anno giubilare alla luce della Parola del Signore Gesù, con il vivo desiderio di essere <misericordiosi come il Padre…è un programma tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace> e ancora al n.15 : “apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto.
Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità… non possiamo sfuggire alle parole del Signore ed in base ad esse saremo giudicati, se avremo dato da mangiare a chi ha fame”. –“Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”. – “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto questo a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt.25, 34-35, 37-40). E’ un piccolo dialogo che vale l’eternità intera. Questo esercizio di misericordia corporale infatti, è un vero cammino, un pellegrinaggio sulla strada della “grazia” che il Padre vuol concedere, per mezzo del suo figlio Gesù, ai fedeli come dono dell’Anno Giubilare.
Noi che ogni giorno riceviamo Gesù Eucaristico nel nostro cuore, rivolgiamoGli questa accorata invocazione: “Caro Gesù, Ti adoro e Ti ringrazio, Tu sei il vero pane per la vita del mondo. Ti prego, metti nel mio cuore il desiderio e la volontà di andare incontro a tante creature, soprattutto bambini, che nel mondo soffrono la fame. Quelli muoiono e noi sprechiamo! Per questo, quando dirò nel Padre nostro : “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, fà che non pensi solo alla mia famiglia, alla mia parrocchia, alla mia congregazione, alla mia comunità, ma a tutta questa povera gente. La Tua presenza riscaldi il mio cuore perché mi dia ogni giorno il coraggio di privarmi di qualche cosa per dare da mangiare agli affamati; aprimi gli occhi perché possano vedere i drammi, le angosce e le vitali necessità di chi forse mi vive accanto o alla periferia della mia città”.
Come cristiani, infatti, dobbiamo tornare ad imitare la Chiesa delle origini, come ci racconta San Giustino, vissuto nella prima metà del secondo secolo dopo Cristo:”Alla fine della celebrazione eucaristica, coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, danno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto, viene deposto presso colui che presiede, ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o altra ragione sono nel bisogno; quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.”(San Giustino Cc 66-67)
Con la stessa fede con cui trattiamo Gesù nell’Eucaristia, dobbiamo trattare Gesù nei poveri affamati, nei malati, negli stranieri: coerenti a questo principio ad esempio, le antiche Confraternite medioevali costruivano gli ospedali accanto alla basiliche, belli e sontuosi come le Cattedrali, tanto che li denominavano: “ Hotel Dieu”, come oggi se ne può ancora ammirare uno accanto a Notre Dame de Paris. Inoltre se ci riflettiamo, dare da mangiare agli affamati, è la prima opera di misericordia corporale, che in qualche modo condiziona la fattibilità di tutte le altre: chi non ha cibo soffre il massimo della povertà, dalla denutrizione alla morte.
Non dimenticando quanto già accennato sopra, che nell’affamato è lo stesso Gesù che stende la Sua mano, una verità ribadita con forza da San Cesario, Vescovo di Arles: “ Dio su questa terra ha fame nella persona di tutti i poveri…Quando un povero ha fame, è Cristo che ha fame. Non disprezzare dunque la miseria dei poveri, se vuoi sperare con sicurezza il perdono dei peccati. Cristo, fratelli, ha fame, Egli si degna di aver fame in tutti i poveri; quello che riceve sulla terra, lo restituisce in cielo”. La vecchia canzone che sembrava destinata a rallegrare i bambini, è invece un piacevole ma anche severo invito rivolto a noi adulti, sollecitandoci ad aprire non solo la porta di casa ma anche quella del cuore, per accogliere a tavola un povero o un ospite di passaggio:” aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più, se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu, sorridi al nuovo ospite non farlo andare via, dividi il companatico, raddoppia l’allegria, la porta è sempre aperta, il fuoco sempre vivo, la mano sempre tesa…”
Come possiamo tutti notare, non è una canzone rivolta ai bambini ma a noi adulti; è un modo di vivere con coerenza la nostra fede: Eucaristia e Carità. Quanti di noi sacerdoti, religiosi e religiose, laici credenti impegnati, riusciremo a compiere questo semplicissimo gesto che nella realtà dei fatti sembra quasi un piccolo miracolo? Mi ricordo con molta nostalgia che mia mamma con sette figli, da semplice terziaria francescana, questo bellissimo gesto l’ha compiuto molte volte.
I Camilliani su Facebook
I Camilliani su Twitter
I Camilliani su Instagram