Le cure palliative, applicabili in diversi contesti (l’ospedale ed il domicilio, nonché la realtà ambulatoriale), trovano nell’Hospice il luogo principe dove vengono realizzate al massimo grado. L’Hospice è, infatti, il luogo deputato a interventi di varia natura mirati al sollievo del malato, in quella fase in cui la malattia non risponde alle cure specifiche e l’ospedale non può farsene carico pur essendo necessaria una assistenza continuativa in regime istituzionale. Con un approccio scientifico e attraverso diverse figure professionali, l’Hospice offre servizi medico – assistenziali, accompagnati da prestazioni di sostegno psicologico, di accompagnamento spirituale, di contenimento della riduzione funzionale, di benessere globale.
Per significare l’attenzione globale al malato e favorire le sue relazioni con le persone per lui importanti, la stessa struttura abitativa è disegnata per ricostruire l’ambiente domestico, dando privilegio a spazi ampi e luminosi dove il malato ed i suoi cari possano sentirsi a casa propria: gli spazi sono pensati per poter essere adattati secondo il gusto e le necessità del paziente, che ha spesso l’opportunità di arredarlo con oggetti propri. Anche l’organizzazione dei servizi assistenziali tiene in conto le scelte del paziente, adattandosi ai suoi bisogni variabili, agli stati d’animo ed alla disponibilità attuale senza orari e schemi rigidi, propri delle istituzioni ospedaliere. Non è inadeguato ritenere che l’operatore sanitario debba entrare in punta di piedi nell’intimità della stanza del paziente, poiché questa è la sua casa ed è lui a gestire la sequenzialità degli interventi. Forse è per rispetto a ciò che è proprio dell’Hospice che la lingua italiana ha evitato di tradurre questo termine che – tra i suoi significati – fa riferimento agli ostelli a gestione religiosa adibiti, nel Medio Evo, ad ospitare i pellegrini sulle rotte delle città sante: dopo una lunga giornata di cammino, essi diventavano un rifugio in cui trovare il tepore di un camino; il sollievo di un letto caldo; il sostegno di una buona cena e un orecchio disposto ad ascoltare!
Facendo propria la filosofia delle Cure Palliative, con un approccio olistico al malato ed una attenzione al suo nucleo familiare e relazionale, l’Hospice articola i suoi servizi attraverso una equipe multidisciplinare che cerca di assicurare la miglior qualità di vita per il malato e le sue persone significative. Le varie figure dell’equipe operano secondo lo spirito di squadra con in vista il bene del malato, identificato attraverso la rilevazione dei suoi bisogni e la pianificazione degli interventi cui ognuno contribuisce con il proprio tassello di competenza. Il frequente confronto tra gli operatori, che ha il suo momento principale nel raduno d’equipe, permette di tenere sempre la barra
dritta in direzione della centralità del malato e costituisce un momento di decisione democratica – salve le irrinunciabili responsabilità di ruolo – di cui è protagonista l’intero gruppo di lavoro. Spesso, sono proprio gli operatori chiamati all’assistenza di base a fornire le più profonde informazioni sullo stato di benessere del paziente, avendo egli/ella la possibilità di maggiori contatti con chi si occupa della propria igiene, della cura del corpo, della compagnia e dell’accompagnamento. Tra le figure che compongono l’equipe, non va dimenticato il ruolo svolto dai volontari che contribuiscono alla qualità assistenziale con la loro continua presenza e vicinanza, l’attenzione alle dimensioni non sanitarie e la creatività nella proposta di iniziative di ascolto e di animazione.
Mentre la struttura dell’Hospice ha trovato rapido sviluppo nel nord Europa a partire dagli anni sessanta, in Italia ha trovato una realizzazione più tardiva, vittima di pregiudizi e incomprensioni che ancora resistono e di cui si ha una eco nei colloqui che precedono il ricovero. Alcune normative che hanno visto la luce a cavallo del II e III millennio ne hanno sanzionato l’esistenza. Di particolare rilevanza, la legge 38/2010 ha specificato che l’Hospice è la struttura dedicata “agli interventi sanitari, socio – sanitari e assistenziali nelle cure palliative erogati ininterrottamente da equipe multidisciplinari” e si inserisce nel contesto delle reti nazionali per le cure palliative e la terapia del dolore per “garantire la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera al suo domicilio”. Dal 1987, data di nascita del primo Hospice in Italia, il movimento degli Hospice ha conosciuto un rapido sviluppo e ora sono oltre 200 gli Hospice attivi sul territorio nazionale benché non in forma omogenea e capillare, rivelando differenze tra il nord e sud del Paese.
Spesso considerato come il luogo ultimo, temuto e – per quanto possibile – evitato, le indicazioni per il ricovero presso l’Hospice dimostrano che la “cura terminale” non ne è l’unico obiettivo. Infatti, l’Hospice subentra alla cura domiciliare quando la famiglia non riesce più a farsene carico; quando i sintomi oggettivi sono di difficile gestione e richiedono una presenza continua di professionisti; quando la famiglia ha bisogno di una pausa per poter focalizzare la propria attenzione alla persona malata, lasciando ad altri le competenze assistenziali; quando è necessario ottimizzare la terapia del dolore con un monitoraggio frequente dei sintomi collaterali. Nella molteplicità della casistica, non sono perciò infrequenti i ricoveri per un breve periodo, in attesa della dimissione a domicilio, una volta che la situazione acuta si è stabilizzata e la famiglia ha ritrovato la forza di farsene carico. In questi casi il malato è indirizzato all’Hospice, anche solo per un ricovero temporaneo e/o di sollievo per i familiari. Tuttavia, anche quando risultasse evidente l’obiettivo del ricovero in Hospice per l’accompagnamento alla morte, questa scelta responsabilizza la famiglia a vivere gli ultimi giorni in compagnia del malato, delegando a professionisti le incombenze sanitarie e assistenziali e ritagliandosi uno spazio di relazione ultima e significativa.
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