«Servo et sudito fidelissimo»
“Una lettera,
nel momento in cui la infili nella busta,
cambia completamente.
Finisce di essere mia, diventa tua.
Quello che volevo dire io è sparito.
Resta solo quello che capisci tu.”
CATHLEEN SCHINE
L’e-mail di una cara amica, responsabile dell’Ufficio della Pastorale della Salute della Diocesi di Imola, un paio di settimane fa, mi segnalava il ritrovamento alla Fiera di Alto Antiquariato di Bergamo di un piccolo quadretto – reliquiario (con sigillo posteriore) contenete due lettere autografe scritte da nostro Fondatore Camillo de Lellis a p. Biagio Opertis. Il responsabile di questo antiquariato è un uomo di fiducia: perito del Tribunale e della Camera di Commercio di Parma.
Interessato della quesitone, p. Vittorio Paleari, Superiore provinciale della Provincia Italiana, si è recato all’incontro con l’antiquario ed appurata l’autenticità dei reperti, ha acquistato la piccola teca, facendone poi dono al Museo ubicato nella nostra Casa Generalizia.
Entrambe le lettere – come si evince dalle immagini – sono piegate in più parti, in modo tale da mettere in evidenza la firma di Camillo!
Ciascuna di esse è trattenuta da un cordino di raso chiuso dal sigillo in ceralacca rossa, con impresso il timbro proprio del nostro Ordine.
La domanda più ovvia che scaturisce – con sana curiosità – davanti a questo piccolo quadretto è: che cosa avrà scritto Padre Camillo al confratello p. Biagio?
Questo è un altro capitolo della vicenda: per il momento cerchiamo di resistere alla tentazione di dispiegare questi due fogli vetusti di circa 400 anni, vista la loro evidente fragilità, in attesa che qualche esperto restauratore ci possa offrire qualche utile suggerimento in merito.
Di certo sappiamo una cosa: Camillo si professa «servo et sudito fidelissimo» di p. Biagio. Solo questa chiusa finale della prima lettera – al di là della probabile formalità del saluto – testimonia stima e fiducia tra i due confratelli.
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