Francesco e Camillo contrariamente alle apparenze si incontrano nella stessa visione del mondo non tanto perché l’uno e l’altro l’accolgono come creazione secondo l’insegnamento della rivelazione quanto piuttosto perché la riportano a Cristo, facendovi emergere il sentimento della fratellanza.
Francesco offre al proposito un materiale di rilievo molto originale che non ha paragone con alcun altro santo. Il Cantico delle creature è un documento che testimonia sufficientemente una chiara presa di posizione nei confronti della natura, da cui si eleva un inno di lode al creatore. Dati equivalenti a questo livello in Camillo non sono riscontrabili nonostante si possano raccogliere nella sua vita molti detti o esempi di tenerezza ed ammirazione verso il creato. Non è questo però il punto che ci interessa.
La convergenza va riconosciuta in un’idea centrale che ispira il Cantico delle Creature e nel contempo tutto il sentire di Camillo.
Alcuni hanno visto nel canto di Francesco un’eco dei salmi 148 e 135 o una parafrasi del noto Inno dei tre fanciulli, riportato da Daniele 3,57 ss. Il riferimento potrebbe essere plausibile ma è anche fuorviante quando diriga l’attenzione sulla lista degli esseri invitati alla lode del Signore: pioggia, acqua, sole, luna, stelle. Il motivo centrale è un altro: è la concezione cristologica della fratellanza universale. Ogni cosa trova il suo posto sotto la protezione di Dio, la cui paternità ci è stata donata in Cristo. È in lui che s’instaura il nostro rapporto con Dio e le cose.
Dio è l’ineffabile: «niuno homo è digno te mentovare»; diventa però esprimibile nella forma aperta dalla rivelazione storica dell’incarnazione. Cristo manifesta Dio come padre e tutti gli essere come sue creature unite dal sentimento della solidarietà fraterna.
Nel Cantico dei tre fanciulli riferito da Daniele il rapporto tra Dio e le cose è del tipo di creatore e creature. In Francesco ha il senso della famiglia che si stringe intorno alla persona di Cristo. Non è pensabile, nell’inno di Daniele, l’appellativo fratello e sorella. Il sole e la luna, la notte e il giorno, la rugiada e la pioggia, il freddo e il caldo posso unirsi all’uomo solo nella lode a Dio. in Francesco sono già congiunti nella fratellanza e l’espressione della lode è un fatto conseguente.
La seconda parte del Cantico delle creature è una conferma del motivo cristologico. Entra in questione la fratellanza ferita, bisognosa del perdono: «Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore». Il riferimento al messaggio evangelico è esplicito e più precisamente s’aggancia alla preghiera del Padre nostro, di cui sono riportate sia la petizione del perdono sia quella del compimento della volontà divina e della liberazione dal male del peccato. S’aggiunge poi il richiamo e infine il rimando all’evento ineluttabile della morte e al dono della risurrezione.
Una volta riconosciuta come chiave di interpretazione del creato la visione cristologica, è giustificato passare al collegamento con il modo di sentire il mondo di Camillo che dal messaggio evangelico della fratellanza universale era fortemente affascinato. Non è tanto nello stupore di fronte all’incanto della natura che Francesco e Camillo s’incontrano. La loro vicinanza è più sotterranea, è perversa di spirito cristiano. Se così non fosse le loro emozioni sarebbero solo di ordine estetico.
Camillo davanti allo spettacolo del sole nascente cade in ginocchio e prega. «Le formiche sono anch’esse creature di Dio – afferma Camillo e subito aggiunge l’espressione di tipico gusto evangelico – di danno esempio di provvederci in questa vita di opere buone». Cosi pensa del cane zoppicante: «È creature di Dio, e perché io pure ho male a una gamba so quanto è grave poter camminare …». Camillo integra il motivo della creaturalità con quello della solidarietà cristiana, che sale in lui spontaneo soprattutto davanti alla natura sofferente.
L’incontro di Francesco e Camillo, per quanto riguardo il rapporto con il mondo, non può essere spinto al di fuori della concezione cristologica. Il sentimento cosmico in Camillo si sofferma precipuamente sugli aspetti del dolore, a cui reagisce con la pietà ed il soccorso. In Francesco la creazione è più varia, è piena di suoni, colori, animali e piante. In essa egli vi si trova sorpreso da stupore. È opera offerta agli occhi, all’udito, al tatto, all’immaginazione, alla fede all’amore. Gli essere gli sono vicini perché Cristo, facendosi uomo e predicando l’amore universale, li ha esorcizzati dalla loro pagana neutralità. Francesco ne sente la compagnia. Il mondo diventa per lui un convento dove è accolto tra fratelli e sorelle sotto la mano provvidente d’un unico padre: Dio. anche il sole è frate, il vento, il fuoco come lo sono Leone, Ginepro, Egidio e Bernardo; anche la luna è sorella e l’acqua «umile e preziosa e casta» come è sorella Chiara. Nessuno è escluso da questa famiglia universale, dove trova posto perfino frate lupo.
Il mondo di Francesco è indubbiamente più intenso e ricco che non quello di Camillo. Ciononostante i due s’avvicinano nel motivo centrale che fa leva su Cristo. Ai loro occhi la natura perde i caratteri torbidi dell’edonismo pagano, diventa tempio d’una liturgia e di ampio respiro.
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