GALLERIA FOTOGRAFICA DELLA BEATA GIUSEPPINA VANNINI
Testo tratto dal sito www.figliedisancamillo.org
PICCOLA BIOGRAFIA DI MADRE GIUSEPPINA VANNINI
Una adolescenza che la maturò
Nacque a Roma il 7 luglio 1859 da Angelo Vannini e Annunziata Papi. Le furono dati i nomi di Giuditta, Adelaide, Agata.
Il giorno seguente fu battezzata nella parrocchia di S. Andrea delle Fratte.
Il padre di Giuditta era cuoco e ben presto per consolidare la sua professione, volle trasferirsi da Roma, Via di Propagnada, 6, ad Ariccia a servizio di un nobile signore del luogo. Ma dopo poco tempo, colto da un blocco intestinale, improvvisamente morì.
Iniziò così il calvario per la famiglia Vannini.
Dopo solo tre anni, veniva a mancare anche la madre; di conseguenza i tra figli, Giuditta, Augusto e Giulia, si ritrovarono orfani. Per grazia di Dio i tre ragazzi trovarono ben presto una sistemazione: Augusto fu accolto dallo zio materno, Gioacchino Papi; Giulia, dalle suore di San Giuseppe al Foro Traiano; Giuditta, la futura Fondatrice, nel Conservatorio Torlonia di Roma, Salita S. Onofrio.
Per Giuditta Vannini, queste angosciose avversità, furono almeno placate dall’affetto sincero che le mostrava la zia Anna maria, che le fu vicina come una seconda mamma.
Le Figlie della Carità, erano preposte al Conservatorio Torlonia e si può dire che seppero comprendere e affinare quell’animo già così provato e in breve maturato dal dolore della perdita dei genitori.
La vita di Giuditta scorreva nel silenzio e nell’intensa formazione dall’anima sua. Il 19 marzo del 1873 fu ammessa alla Prima Comunione e Cresima: aveva tredici anni.
Dalle poche testimonianze di quegli anni, risulta che Giuditta era permeata di bontà e di docilità, acquisite nel silenzio, nella sofferenza e nel dolore. Ma il Signore vegliava e sorrideva su quell’esistenza ignorata e umile e la preparava nel nascondimento, a un’altra vita, aperta ed attiva: la piccola fanciulla sconosciuta alla Roma di allora, sarebbe esplosa in un “Magnificat” che Roma stessa le avrebbe cantato, il giorno benedetto della sua Beatificazione.
I disegni di Dio
Quella prima Comunione, ricevuta con un amore indescrivibile, fu anche il germe di una decisione a lungo pensata e accarezzata: darsi definitivamente a Dio, consacrare tutta la sua povera vita a Colui che cresceva prepotentemente nel suo giovane cuore di donna, traboccante del bisogno di amare e di essere amato.
Aveva scelto: il suo amore sarebbe stato indiviso e tutto per Lui. Non sapeva come ne quando, ma sarebbe stato così.
Aveva ottenuto il diploma di maestra d’asilo e, dovendo lasciare il coservatorio Torlonia, all’età di ventuno anni, chiese di entrare nella Congregazione delle Figlie della Carità.
Il 2 marzo 1883 entrò nel noviziato a Siena. Ma per motivi di salute, data la sua gracilità, fu ben presto dimessa. Tornò a Roma al suo Conservatorio: un’altra prova, per la sua già sperimentata sofferenza. Spesso fu sorpresa, mentre nel silenzio ricamava per guadagnarsi il pane, col volto bagnato di lacrime.
Più tardi, fu di nuovo accettata nel noviziato e inviata alla comunità di Montenero (Livorno) dove rimase fino al 1886, poi a Bracciano fino al 1888 e poi ancora definitivamente dimessa.
Altra delusione, altre sofferenze. Il Signore provava e saggiava la purezza di quell’oro fino, sperimentandolo al crogiuolo dell’umiliazione: le superiore “decisero” che non aveva vocazione e fu rimandata nel mondo: aveva ventinove anni.
La buona superiora del Conservatorio, impietosita, le trovò un alloggio presso le Suore del Sacramento in via Riari, 41.
Quelle buone suore, vista la pietà e la disponibilità di Giuditta, le proposero anche di accettarla volentieri tra loro; ma quel genere di vita non si confaceva al suo carattere e alla sua spiritualità.
Dovete lottare anche contro il fratello Augusto, che tentava di dissuaderla dal consacrarsi totalmente, proponendole di riunirsi con lui e la sorella, per formare una sola famiglia.
All’età di trentuno ani, Giuditta s’affidò ancora alla sua cara zia e madrina Anna Maria. La sua vita sembrava un fallimento, ma in realtà il Signore la predisponeva a ben altri orizzonti, senza risparmiarle peraltro sacrifici e rinunzie.
I frutti di questi duri anni furono: la tempra adamantina del carattere, grande abbandono in Dio e la più perfetta obbedienza al suo direttore spirituale.
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