La Bibbia è ricca di citazioni che invitano il credente ad accogliere e ospitare il pellegrino o il forestiero. Dio, invitando gli ebrei all’ospitalità, li esorta a ricordare che anche loro hanno sperimentato l’esilio in terra d’Egitto: “Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto.”( Es.22,20-23,9) Il fatto però che più mi colpisce è quello toccato ad Abramo e Sara, ai quali più volte Dio aveva promesso una discendenza senza mai realizzarla, mentre loro ormai cominciavano ad essere vecchi e avanzati in età; addirittura aggiunge il testo: “ era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne.” Un giorno però “ mentre Abramo sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno, alzò gli occhi e vide tre uomini che stavano in piedi presso di lui;” da uomo pieno di fede riconobbe in loro la presenza del Signore, si prostrò fino a terra, dicendo:” Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire.” Ma ad Abramo tutto questo non è bastato; convinto che in loro ci fosse presente il Signore, mobilita tutta la casa:” andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: tre misure di fior di farina, impastala e fanne focacce. All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Poi prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: dov’è Sara tua moglie? Rispose: è là nella tenda. Riprese: tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio. “Stando al testo, si nota tutto un agitarsi, un correre, un affrettarsi, una passione e un desiderio di accogliere in un clima di festa, la misteriosa presenza di Dio resa visibile dai tre pellegrini. Per tanta fede, disponibilità e generosità, Dio infatti premia Abramo con il dono della paternità, realizzando così l’antica promessa.
Altrettanto significativa è la testimonianza di Giobbe, che equivale a una confessione : ”all’aperto non passava la notte il forestiero e al viandante aprivo le mie porte”.(Gb. 31,32) Non si può non ricordare anche, che lo stesso Gesù accetterà ben volentieri di essere ospitato nell’intimità delle case: và da Zaccheo, (Lc.19,1-10) da Simone il lebbroso, (Mt.26,6-13) entra nella casa di Pietro per guarirgli la suocera, (Mt.8,14) ma soprattutto si reca più volte a casa di Marta e Maria. (Lc.10,38) Nella chiesa nascente poi, è soprattutto S.Paolo a raccomandare l’ospitalità. Scrivendo ai Romani li esorta :” Siate premurosi nell’ospitalità”,(Rm.12,13) mentre nella lettera agli Ebrei scrive:” non dimenticate l’ospitalità, alcuni praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo.” (Ebr.13,2)
La Chiesa fondata da Gesù, ha saputo lungo i secoli concretizzare l’accoglienza dei pellegrini e dei forestieri in mille modi, adattandola con fantasia e creatività ai tempi e ai luoghi. Già dopo la Pentecoste era sorto il problema del servizio alle mense e gli stessi Apostoli, guidati dallo Spirito, avevano scelto sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, chiamati “Diaconi”, ai quali affidarono questo incarico.(At.6,1-7) Saranno poi gli scritti dei Padri Apostolici e le successive Costituzioni Apostoliche a indicare meglio sia gli incarichi dei Vescovi successori degli Apostoli, sia quelli dei Diaconi. Soprattutto la Didascalia 48, precisando i compiti del vescovo, afferma che “ non potendo egli fare tutto da solo, divide il territorio in quartieri e a ciascuno designa un Diacono che “sia l’orecchio, l’occhio, il cuore, l’anima del proprio vescovo riguardo agli stranieri, ai poveri e ai sofferenti”. Nascono così, accanto agli uffici del vescovo, le diaconie e quasi contemporaneamente gli Xenodochi, ossia i luoghi di accoglienza e ospitalità per gli stranieri.
Saranno inoltre le Omelie dei Padri della Chiesa, a inculcare a tutti i fedeli il dovere della sacra ospitalità per quanti hanno bisogno di un alloggio. San Giovanni Crisostomo, ad esempio, esortava tutti i cristiani a “ preparare in casa una stanza con letto, tavolo e lume che doveva essere sempre pronta per accogliere il povero e il forestiero.” Così pure, San Paolino vescovo di Nola, volle che accanto al suo episcopio sorgessero delle stanze per l’ospitalità dei poveri e dei pellegrini ( Cellae Ospitales).
Ma sarà San Benedetto, fondatore del Monachesimo, a descrivere nelle sue regole per i monaci, come si deve accogliere l’ospite; forse nessun altro Santo ha immaginato e scritto meglio il cerimoniale di accoglienza, dove chi apre il portone all’ospite deve o inchinare il capo o prostrare tutto il corpo a terra per ‘adorare’ Cristo che viene accolto. Così infatti testualmente ha scritto: ”Tutti gli ospiti che sopraggiungono siano ricevuti come Cristo, perché Egli dirà fui pellegrino, forestiero e mi accoglieste. Appena dunque è stato annunziato un ospite, il Superiore o i fratelli gli vadano incontro con ogni dimostrazione di carità, e inchinato il capo o prostrato tutto il corpo a terra, si adori in essi il Cristo che viene accolto.”Bellissimo! Stupendo! Più vicino a noi, il documento ecclesiale “Evangelizzazione e Testimonianza della Carità “ al n.39 descrive l’ampio orizzonte dell’accoglienza:” Può essere facile- sottolineano i vescovi– aiutare qualcuno senza accoglierlo pienamente. Accogliere il povero, lo straniero, il carcerato è infatti fargli spazio nel nostro tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie, nelle proprie città e nelle proprie leggi. La carità è molto più impegnativa di una beneficenza occasionale; la prima coinvolge e crea un legame, la seconda si accontenta di un gesto.” Voglio concludere questa significativa opera di carità, citando una suggestiva tradizione giudaica, la quale “suggerisce di tenere socchiusa la porta di casa in occasione delle feste. Se dovesse venire il Messia, troverebbe la porta aperta e potrebbe assidersi alla nostra mensa. Ma se non dovesse giungere il Messia, per le strade ci sono sempre i poveri, gli stranieri, i nomadi. Essi, vedendo la gioia e il caldo della nostra casa, saranno tentati di venire da noi per avere un pasto e partecipare alla nostra allegria. Così -conclude la tradizione rabbinica- sarà come se avessimo accolto in anticipo il Messia. Dopo tutto, anche nell’Apocalisse il Cristo è rappresentato come un viandante che bussa alla nostra casa per essere ospitato”.(Ap.3,20
Padre Rosario Messsina
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