Descrizione coperta libro de’ professi (41,5 x 28 cm) è il più antico Catalogo ufficiale dell’Ordine. Rilegato in pelle con fregi in oro ai bordi, agli angoli e sul dorso, porta intarsiata nel mezzo una bella croce di colore marrone che si ritiene della misura e del colore adottati dal Fondatore. Le misure della croce sono le seguenti: lunghezza totale cm. 24 (in palmo romano); larghezza dei due bracci trasversali cm 15,2; lunghezza del braccio più lungo cm 17,5; del più corto 3,7; dei bracci trasversali ciascuno 6,3; larghezza dell’asta cm. 2,7.
La mattina seguente poi che fù di Domenica alli 8. di Decembre 1591. Giorno della purissima Concettione concorse moltitudine grande di gente nella nostra Chiesa della Madalena di Roma, nella quale per quel giorno fù dal Pontefice Innocentio concessa la plenaria Indulgenza à tutti coloro che si trovavano presenti alla nuova Professione. Doppo essere stata celebrata la messa dll’Ill.mo Arcivescovo di Ragusa, Camillo fatta prima la confessione della fede ingenocchiato avanti al detto Arcivescovo fece la sua professione solenne nel seguente tenore: Ego Camillus de Lellis profiteor et solemniter voveo Domino Deo nostro, et tibi Ill.mo Domino (Sanctissimi Domini Nostri ex concessione Apostolica ad hoc speciale munus locum tenenti) coram Sacratissima Virgine eius matre, et universa Curia Coelesti perpetuam Paupertatem, Castitatem, et Obedientiam, et perpetuo inservire (tanquam praecipuum nostri Instituti ministerium) pauperibus Infirmis, quos etiam pestis incesserit, iuxta formulam vivendi contentam in Bulla Congregationis Ministrantium Infirmis, ac in eius Constitutionibus auctoritate Apostolica tam editis iam, quam in posterum edendis. Qual Professione fù dall’Arcivescovo accettata nel seguente modo: E t Ego Paulus Alberus auctoritate, qua fungor accepto tua professionem. In nomine Patris, et Filij, et Spiritus Sancti Amen. Doppo questo esso Camillo accettò per ordine (conforme furono chiamati dal Notaio) tutte l’altre porfessioni de’ suoi compagni proferendola quelli nel seguente tenore: Ego N. profiteor et solemniter voveo Domino Deo nostro, ac tibi Reverendo Patri Generali, qui Dei locum obtines coram sacratissima Vergine eius matre, et universa Curia Coelesti perpetuam Paupertatem, Castitatem, et Obedientiam, et perpetuo inservire (tanquam praecipuum nostri Instituti ministerium) pauperibus Infirmis, quos etiam pestis incesserit, iuxta formulam vivendi contentam in Bulla Congregationis Ministrantium Infirmis, ac in eius Constitutionibus auctoritate Apostolica tam editis iam, quam in posterum edendis. Del che tutto si fece atto pubblico dal Notaio chiamato Prisco de Iuvenalibus Notaio Capitolino, essendo quelli che fecero la sudetta professione in questa prima volta, oltre Camillo, li seguenti.
Francesco Profeta, P. Biasio Oppertis, Angelino Brugia, Stefano da Modena, Francesco Lapis, Giovanni Baudingh, Nicolò Clemente, Antonio Barbarossa, Prospero Fontecchia, Luca Antonio di Meo, Gasparo Macario, Paolo Rende, Francesco Pizzorno, Gio: Agnello Cocozello, Santio Cicatelli, Goffredo Stella, Baldassar Fonseca, Gio: Antonio di Mutio, Scipione Carrozza, Antonio Perruccio , Marcello de Mansis, Alessandro Gallo, Anibale Ramondino, Giulio Cesare Altavilla.
Mancandovi Torquato Mauritio che per alcuni suoi scupoli non la volse fare per alhora, Curtio Lodi con alcuni altri fratelli antichi della Congregatione non furono nel numero sudetto per essersi ritrovati in questo tempo in Napoli dove anch’essi sei mesi doppo la fecero in mano dell’istesso Camillo.
(tratto da: Sanzio Cicatelli, Vita del p. Camillo de Lellis, cap. 67)
L’Agape. Alla cerimonia seguì l’agape conviviale, i neo-professi e alcuni ospiti e benemeriti della Religione si sedettero alla mensa che p. Camillo insieme al ministro di casa, p. Carrozza, avevano allestito. Tra gli invitati vi era anche il Cappuccino Fra Giuseppe da Malta, già compagno di Camillo al noviziato di Manfredonia, al quale Camillo chiese di raccontare ai commensali presenti, il modo che ebbe Dio nel convertirlo e il tenore di vita (intendendo i difetti) che tutti notavano in lui al noviziato di Manfredonia. Il buon frate non potendo esimersi dal delicato compito, cercò di soddisfare la richiesta nel miglior modo possibile. Ma, a giudizio di Camillo, con troppe restrizioni e riserve, tant’è che egli stesso prese la parola dando ampie e particolareggiate descrizioni dei suoi trascorsi lasciando i presenti nella convinzione che avesse voluto fare una quasi confessione generale della sua vita passata. (Cicatelli, 1627 p. 310)
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