di Luciana Mellone
Rielaborazione da: Riccarda Lazzari- “ Maria nel mondo della salute” – Ed. S.Paolo 2010
A 100 anni dalla nascita del papa santo Karol Wojtyla piace ricordare, nel giorno dedicato a Maria assunta in cielo, il profondo legame affettivo-spirituale che ebbe il papa con la figura della Vergine Maria e che lo accompagnò per tutta la vita, specialmente nel binomio Maria e i Malati.
Il giovane Wojtyla provò fin da giovane il significato della sofferenza, all’età di 9 anni rimase orfano di madre, presto perse anche il suo unico fratello e all’età di 21 anni perse anche il padre. Rimase così solo al mondo senza alcun legame familiare Non fu risparmiato dalle sofferenze neppure nei duri anni della guerra dove dovette assistere nella sua Polonia a massacri, persecuzioni e sequestri di persone. Nella sua vita quindi non mancò l’esperienza del dolore, provata anche su se stesso. Ricordiamo l’attentato che subì solo due anni e mezzo dopo la sua elezione che mise a dura prova la sua salute debilitandola negli anni a venire, subendo molti interventi chirurgici. Già negli anni novanta cominciò ad affacciarsi il morbo di Parkinson che portò il suo fisico ad una progressiva degenerazione. Ma ognuno di noi può ricordare che, nonostante l’esperienza dei lutti e delle varie prove a cui lo sottopose la vita, il papa Wojtyla non si fece mai dominare né dalla tristezza né dalla disperazione, la sua era sempre una figura estremamente serena. Egli accolse la sua malattia sempre con grande fede e come partecipazione alle sofferenze di Cristo, affidandosi a Maria: madre, maestra, sostegno nella prova, icona della sofferenza a cui guardare nel vivere la propria croce. “E mentre il suo corpo andava lentamente spegnendosi, egli ha consegnato a Maria la sua vita, consumata totalmente per Cristo e per l’umanità”.
La spiritualità mariana emerge e caratterizza tutta la sua vita e il suo pontificato, tant’è che il motto che sceglie come guida del suo pontificato sarà Totus Tuus. Motto che esprime il totale donarsi di sé a Gesù per mezzo di Maria.
Il pontefice sviluppa in particolar modo il rapporto di Maria con la sofferenza attraverso vari documenti, tra i quali la Salvifici Doloris, la Redemptoris Mater, La Dives in Misericordia.
Nella prima Lettera Apostolica ‘Salvifici Doloris’, pubblicata l’11 febbraio 1984, si sente tutta l’esperienza sia personale di dolore e malattia sia degli innumerevoli malati incontrati e amati lungo tutta la sua vita sacerdotale, episcopale e petrina. Egli stesso ne riassume il significato con tali parole:
“Ho ritenuto opportuno e significativo nell’Anno Santo della Redenzione esortare tutti i cristiani a meditare, con più profondità e maggiore convinzione, sul valore insostituibile della sofferenza per la salvezza del mondo. Tale Lettera vuole essere di aiuto a guardare a Cristo crocefisso e accettare il ‘Vangelo della sofferenza’ con amore e coraggio nel disegno misterioso, ma sempre amoroso, della divina provvidenza. Infatti, ciò che per la ragione rimane inscindibile enigma, per la fede alla luce del Cristo morto e risorto diventa messaggio di elevazione e di salvezza”
Nella vasta riflessione teologica sulla sofferenza di questo documento composto di 8 capitoli suddivisi in 31 paragrafi, un posto speciale occupa la Vergine Maria. Il VI capitolo, intitolato Il Vangelo della Sofferenza, così recita:
Accanto a Cristo fu sempre presente la Madonna nella quale “numerose ed intense sofferenze si assommarono in una tale connessione e concatenazione, che furono prova della sua fede incrollabile” (n. 25). E sul Calvario
raggiunse il vertice del dolore. Oggi Maria è accanto teneramente e maternamente a ogni dolore umano consolando e infondendo speranza.
E’ sul calvario, infatti che nasce la nuova maternità di Maria, una maternità spirituale e universale verso tutti gli uomini.
Nella lettera enciclica Redemptoris Mater del 25 marzo 1987 il pontefice sviluppa una ricca teologia mariana in riferimento a tre fondamentali aspetti: Maria nel mistero di Cristo; Maria nel Mistero della Chiesa; La Mediazione materna di Maria verso i suoi figli. Relativamente a questo terzo tema vediamo Maria che intercede per gli uomini: Maria si pone tra suo Figlio e gli uomini nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze. Si pone «in mezzo», cioè fa da mediatrice non come un’estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che come tale può – anzi «ha il diritto» – di far presente al Figlio i bisogni degli uomini. Non solo fisici e materiali, ma soprattutto spirituali “come madre desidera anche che si manifesti la potenza messianica del Figlio, ossia la sua potenza salvifica volta a soccorrere la sventura umana, a liberare l’uomo dal male che in diversa forma e misura grava sulla sua vita.
E’ a Maria, madre, modello e speranza dell’umanità che il popolo di Dio, in cammino tra i pericoli e gli affanni della vita, si rivolge cercando nella fede di lei il sostegno della propria fede.
Nella lettera enciclica Dives in Misericordia del 30 novembre 1980, Maria è presentata come l’icona della misericordia divina, come colei che riflette nella Chiesa il volto della misericordia del Padre e ne diventa il segno e la testimonianza; è Maria che conosce più a fondo il mistero della misericordia divina è lei che attraverso la partecipazione nascosta, e nello stesso tempo incomparabile, alla missione messianica del suo Figlio, è stata chiamata in modo speciale ad avvicinare agli uomini quell’amore che era venuto a rivelare: amore che trova la più concreta espressione nei riguardi di coloro che soffrono, dei poveri, di coloro che sono privi della propria libertà, dei non vedenti, degli oppressi, dei peccatori (…).
Scopo della sua fondamentale missione è quello di rivelare l’amore misericordioso del Padre che, nel Figlio e per mezzo dello Spirito, ha dato tutto se stesso per la salvezza degli uomini e come afferma Giovanni Paolo II: in Lei e per mezzo di lei questo amore misericordioso non cessa di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell’umanità”
Il pontefice raccomandava sempre i malati e sofferenti, ai quali riservò sempre attenzioni speciali e che chiamava “le pietre scelte del tempio”;“i miei amici particolari”, alla Vergine “Salus Infirmorum”. Secondo il pontefice, l’azione sanante di Maria, ha due significati: il primo che indica la funzione di cura della Vergine sul corpo e sulla psiche dell’uomo; il secondo, invece, sulla sua anima. Maria è invocata Salute degli infermi perché vera e autentica madre della Salus unica. L’azione sanante che Maria svolge, per la potenza di Dio, è volta ad ottenere non solo la guarigione fisica , ma cosa ancora più importante è la sua sollecitudine nell’ottenere la salute spirituale. Ella è segno di consolazione: con-solare dal latino con-solatio che significa “essere con nella solitudine, che allora non è più solitudine” (Benedetto XVI, Spe Salvi, 38) Accettare chi soffre significa assumere la sofferenza dell’altro, condividerla. Ma la parola con-solare richiama anche l’immagine del sole. Il sole distrugge le tenebre, illumina, riscalda, dona energia, vita, diffonde gioia e serenità.
Maria, il Vangelo della sofferenza e i malati rappresentano un triplice rapporto che attraversa tutta la riflessione teologico-pastorale del pontefice, e rimane un luogo imprescindibile di studio, di confronto e di stimolo per un’evangelizzazione del mondo della sofferenza, capace di realizzare il grande obiettivo: “Fare del bene con la sofferenza; e fare il bene ai sofferenti, per trasformare la civiltà umana nella civiltà dell’Amore”.
Mai come quest’anno abbiamo vissuto il limite della nostra fragilità nella pandemia ma abbiamo anche avvertito la solidarietà della cura e della compassione.
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