Riflessione del novizio Lorenzo Lettere – provincia camilliana romana – che il 12 novembre 2019 ha conseguito la laurea in scienze infermieristiche, facendo vibrare di camillianitá la sua esposizione.
Avevo lasciato gli studi con l’amaro in bocca nel 2008, senza però mai abbandonare l’idea di rimettermi sui libri un giorno. E quando a gennaio del 2016 mi avvicinavo ai 30 anni, questa cosa si faceva molto più presente alla mia mente, ma la vedevo poco possibile: non avrei mai potuto conciliare lavoro e studio. Ma quello che pensavo io era diverso dal disegno che Dio aveva in serbo per me per me!
Infatti, nel settembre dello stesso anno, supero il test di ammissione per il corso di laurea in infermieristica, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, contrariamente a qualsiasi aspettativa.
Beh, una grande vittoria per me, un riscatto, un piccolo passo nonostante i miei 30 anni, la paura di riprendere gli studi, di non sentirsi all’altezza, ma allo stesso tempo la voglia di mettersi in discussione, di scoprire una nuova realtà, di realizzare un sogno che avevo sin da bambino! Già, sin da bambino dicevo “o divento prete, o divento infermiere”! È quello che mi ha trasmesso mia mamma, infermiera professionale, essendo il 5° di 6 figli, spesso, la domenica, passavo del tempo con lei in ospedale.
A 30 anni vivere il 1° giorno di scuola fa uno strano effetto, soprattutto quando nell’incontro introduttivo ti dicono di salutare la vita sociale e qualsiasi forma di interazione con il mondo esterno. Ma non era che una mezza verità. In realtà per tre anni ti trovi a vivere in simbiosi con i tuoi colleghi universitari, 330 giorni all’anno, i ritmi dell’ospedale diventano i tuoi, entri in un mondo parallelo ma reale che ti stimola a 360° facendoti crescere, facendoti piangere, ma soprattutto concedendoti tanto tempo per guardarti dentro, ed è soprattutto in questo tempo, nel quale ho avuto la possibilità di guardarmi dentro, pochi mesi dopo il mio arrivo a Roma, che ho visto una scintilla in me, dovuta forse ad una piccola fiamma, che era stata accantonata, ma non era spenta, era stata superata da altre cose ma aveva continuato ad ardere nascosta da altre cose. Ed è lì in questo universo parallelo, ma reale e concreto che è l’ospedale che ho incontrato i religiosi Camilliani.
Grazie a loro ho avuto la possibilità di interrogarmi e di fare ordine dentro di me, di riprendere in mano la mia storia vocazionale ed approfondire la conoscenza del carisma scoprendo quanto fosse in maniera innata, affine ai miei desideri! Dio ha fatto il resto! Nel settembre 2017 ho iniziato il cammino come postulante, il mio percorso di formazione, si è unificato a quello accademico, permettendomi di fare la duplice esperienza, dell’assistenza corporale e spirituale, tanto cara al Santo Padre Camillo! Ogni singolo incontro fatto tra le corsie dell’ospedale mi è servito per crescere, umanamente, per formarmi, per alimentare il desiderio grande che nasceva in me di servire Dio attraverso i sofferenti scoprendo giorno dopo giorno l’attualità del carisma camilliano. Per questo l’università mi ha cambiato la vita! Ho sbattuto il muso contro tante realtà, che credevo lontane da me. Ma tutto è servito per crescere umanamente e spiritualmente. E grazie all’esperienza del tirocinio clinico ho avuto modo di verificare quanto una dimensione importante, quella dell’assistenza spirituale, è particolarmente trascurata dagli infermieri.
Così ho deciso di trattare questo argomento per l’elaborato di tesi finale: il bisogno di assistenza spirituale nei pazienti neuro-oncologici, i risultati ottenuti dal campione sul quale ho indagato sono terribilmente in linea con ciò che è emerso dall’analisi della letteratura: la maggior parte dei pazienti ritiene necessaria l’assistenza circa in bisogni spirituali, quelli ai piani alti della piramide di Maslow, ma solo una piccola parte fornisce assistenza spirituale, e nonostante la NANDA abbia inserito nelle diagnosi infermieristiche quelle circa i bisogni spirituali, difficilmente gli infermieri vanno a scandagliare questa fondamentale dimensione dell’uomo.
Tutto questo nasce da una mancata formazione, ed è proprio quello il punto cruciale dove invece bisogna giocarsi il tutto per tutto, solo così forse, potremmo in un futuro, non so quanto lontano, noi infermieri, si perché lo scorso 12 novembre anche io mi sono laureato, fornire una assistenza olistica secondo quelli che sono i gli auspici di tutte le aziende sanitarie. Anche san Camillo, nelle sue “regole per servire con ogni perfezione i fratelli infermi” aveva istituito la figura dell’infermiere spirituale, questo è davvero singolare e ci permette di capire quanto il santo padre Camillo, ha veramente fatto dell’assistenza agli infermi il suo scopo di vita e quanto sia vero l’articolo 13 della costituzione quando recita: “tutta la nostra vita dovrà essere permeata dall’amicizia di Dio, affinché sappiamo essere ministri dell’amore di Cristo verso i malati”.
Se tornassi indietro, a tre anni fa, e mi chiedessero un pronostico su di me, direi di tutto, ma non quello che è successo alla mia vita. La sensazione di non farcela, la paura di non superare gli esami, riorganizzare tutto, perdere l’autonomia economica che avevo anche grazie al mio lavoro. Avevo solo tanta paura! Ed ora, invece, da circa due mesi mi trovo a Messina, per vivere il tempo di grazia del noviziato! Chi lo avrebbe mai detto?
L’università mi ha cambiato la vita, non come si vede nei film americani, o come si legge in quelle storie che si leggono sui libri, me l’ha plasmata, mi ha rivoltato come un calzino, ha smontato quelle poche certezze che avevo, dandomene tante altre. Ma soprattutto dandomi la certezza, che Dio compie in ciascuno di noi opere meravigliose, basta sapersi mettere in ascolto, aprire il cuore e lasciarLo operare, solo così nella libertà dei figli di Dio, caratteristica fondamentale di ogni chiamata potremmo permettere di attuare il progetto che Lui ha per ciascuno di noi.
“Mentre le mani agiscono, gli occhi devono mirare che non manchi all’infermo cosa alcuna; gli orecchi siano attenti per intendere i comandi e i desideri; la lingua per esortate il poverello alla pazienza; la mente e il cuore per pregare Dio per lui”
(San Camillo de Lellis)
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