La personalità di San Camillo de Lellis Natura e grazia
L’intento di queste note è quello di abbozzare uno sguardo ‘dal basso’ della figura di san Camillo de Lellis, un discorso che ne descriva l’esperienza spirituale e la santità non ‘a prescindere da’ o ‘nonostante’ certe caratteristiche della personalità, bensì proprio ‘a partire da esse’, e per cogliere ‘in esse’ il dipanarsi dell’azione della grazia2.
Non è mancato infatti chi ha preteso di fare un servizio alla grazia mettendo a tacere il discorso sull’uomo, dimenticando che “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto… ciò che nel mondo è debole… ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla…” (l Cor 1,27-28). Cosa del resto di cui lo stesso Camillo sembrava consapevole allorché scriveva: “questa fondazione è un evidente miracolo di Dio: in particolare che si sia servito di me, gran peccatore, ignorante, pieno di tanti difetti e mancanze, degno di mille inferni… Nessuno si stupisca che Dio abbia operato per mezzo di un tale strumento, dato che è maggior gloria sua fare cose ammirevoli servendosi di un nulla come me…”3.
Sarebbe probabilmente necessaria una discussione previa sul rapporto tra l’azione della grazia soprannaturale e le strutture naturali individuali e sociali4. Che relazione esiste tra la vita di grazia e la personalità dell’individuo? In che modo la grazia s’inserisce nelle strutture naturali? Cosa della natura viene mutato e cosa compare di nuovo? Come avviene la trasformazione dell’uomo ad opera della grazia? Solo alcuni cenni per mostrare la complessità di un problema che non possiamo certo affrontare in questa sede.
La teologia spirituale ha indicato in proposito un principio metodologico che farà da sfondo alle nostre riflessioni: Gratia supponit naturam eamque perficit. Nell’uomo vi sono strutture naturali più o meno durature che costituiscono la condizione di possibilità della vita spirituale. In altre parole, la capacità dell’uomo di andare oltre se stesso per realizzarsi nel dono e nell’unione con Dio, è soggetta alla ‘legge dell’incarnazione’ che è essenzialmente una ‘legge della mediazione’; per questo, non si può ascendere a Dio direttamente, ma solo per le cose create, la storia e in definitiva l’uomo stesso5. Sulla base di questa legge, si deduce che la vita di grazia di per sé non interrompe il corso naturale, ma rispetta le leggi dello sviluppo fisico e psicologico, nonché le strutture sociologiche. Quando Dio infonde la grazia non muta mai radicalmente le tendenze profonde dell’uomo: in un certo senso, qual è l’uomo, tale è la persona spirituale. Da questo punto di vista, nasconde una certa verità il senso comune: se non c’è l’uomo è difficile che ci sia il santo o l’uomo spirituale.
Se è vero che le strutture naturali permangono, è proprio del movimento della grazia perfezionarle. Da un punto di vista psicologico, essa aggiunge motivazioni e energie nuove, cambia l’orizzonte di riferimento, offre nuovi criteri di valutazione e di autodefinizione. Non è tanto una questione di un ‘di più’ all’interno dello stesso schema, bensì di una novità radicale: è il fare esperienza “che il senso dell’uomo non è esaurito dal significato e dalla fortuna di questo mondo”6. “Consiste nell’essere presi da ciò che ci tocca assolutamente. È innamorarsi in maniera ultramondana”, e di conseguenza, “è consegnarsi totalmente e per sempre senza condizioni, restrizioni, riserve”7.
Un primo effetto della grazia è dunque la spinta ad elevare la vita naturale. La introduce al livello superiore di realizzazione proprio della vita teologale, che supera le possibilità inscritte nelle capacità naturali. Un evento che non è scontato né indolore, considerata la resistenza opposta all’ azione della grazia dalla divisione insita nella natura (GS 13) e nella libertà dell’uomo (GS 17). È proprio questa condizione esistenziale dell’uomo caduto e redento, a porre il problema del discernimento, il compito cioè di individuare, a livelli appropriati, i significati specifici delle molteplici configurazioni di un condizionamento della vita teologale ad opera delle strutture naturali, che appare inevitabile.
Dovendo trattare della personalità di un santo, ritengo necessario il ricorso a criteri interpretativi diversificati e a un approccio che vorrebbe essere interdisciplinare. Differenziare i criteri di lettura sembra infatti il modo migliore per rispettare la complessità del mistero dell’uomo allorché incontra ciò che Camillo chiamava “l’abisso della misericordia di Dio”.
In questa sede non possiamo che procedere per brevi cenni ed esemplificazioni. Si vorrebbe riflettere su alcuni aspetti della personalità di Camillo, forse marginali, raramente evidenziati negli scritti di spiritualità camilliana, e nondimeno di una certa utilità per cogliere alcune caratteristiche importanti dell’incontro tra l’uomo e il suo Dio.
Vorrei dapprima soffermarmi sulla scrupolosità di Camillo, un tratto caratteriale che in qualche modo sembra aver opposto per lo più un’azione di resistenza al movimento della grazia. Prenderò poi in esame la propensione di Camillo per il rischio, un ambito in cui appare invece chiaramente la continuità e la successiva trasformazione operata dalla grazia di un’inclinazione naturale preesistente. Alcune osservazioni sulla conversione di Camillo, ci offriranno infine l’occasione per delle considerazioni conclusive.
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