San Camillo ha ricevuto da Dio il carisma di testimoniare al mondo l’amore sempre presente di Cristo per gli ammalati e i sofferenti. Ai tre Voti comuni a tutte le Congregazioni Religiose di Povertà – Castità – Obbedienza, volle il quarto di essere sempre presente “etiam pestis incesserit”, oggi tradotto in “sempre, anche con rischio della vita”.
I religiosi Camilliani Martiri della Carità in questi primi quattro secoli di vita sono circa 300, e di essi si hanno i nomi di soli 252, molti sono stati quelli che hanno sacrificato la propria vita e sono Anonimi per la drammaticità dei momenti in cui avvennero i fatti, che certamente non davano spazio a relazioni cronachistiche.
Nel 1589, a qualche anno dall’inizio della Fondazione, a Pozzuoli si ha il primo sacrificio in occasione di assistenza ad una flotta di “molte Galere piene di fanterie Spagnuola”; colpita da tifo petecchiale dette anche “castrense”. Nel 1606 a Napoli, per febbri contagiose, troviamo il sacrificio della vita di un giovane di Bucchianico per assistere i malati presso l’Ospedale SS.ma Annunziata; il nipote Onofrio de Lellis, ancora Novizio e portato quale esempio a tutta la Congregazione. È lo stesso Santo Zio che lo assiste fino alla morte e lo piange fortemente. In questa drammatica occasione sono molti altri a perdere la vita e rientrano in quell’anonimato di cui si è detto. Il terribile flagello della peste che colpì l’Italia nel 1656, segna il sacrificio di ben 96 religiosi Camilliani in più città. Le bufere sulla “pianticella” di San Camillo sono passate e l’Ordine religioso si è fortificato e si è diramato nei 5 Continenti.
Ultimo contributo di sangue per essere accanto al malato sempre anche col rischio della propria vita, lo si ha in Spagna durante la ben nota Guerra Civile degli anni ’30 del secolo scorso. Sono 12 i religiosi Camilliani che “in odium fidei” hanno testimoniato l’amore sempre presente di Cristo per i sofferenti. Ed anche se non sono ancora iscritti ufficialmente nell’Albo dei Santi Martiri, sono stati inseriti Martirologio del “Grande Giubileo dell’Anno 200”.
Tratto da F. Ruffini, La vita per Cristo, Ediz. Camilliane, Torino, 1993, p.140
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